Alle falsità e alle farneticazioni di chi vuole che tutto rimanga così com’è, si deve rispondere con i numeri. Un impianto fotovoltaico domestico al silicio con pannelli della durata di 20/25 anni, da gennaio ha prodotto 3 MWh di energia elettrica ed evitato l’emissione in atmosfera di oltre 1 tonnellata di CO2. La produzione non solo è sufficiente da metà aprile a metà ottobre per un casa che assorbe più del normale perché non ha fornitura di metano, ma durante l’estate esporta energia in rete, sufficiente per altre due abitazioni. In inverno la copertura del fabbisogno varia in base alle giornate soleggiate ma il contributo dato dell’impianto è comunque significativo in un ordine che va dal 30% al 50% dei consumi.
Attualmente, la produzione di energia elettrica da fotovoltaico corrisponde a meno del 10% del fabbisogno energetico complessivo nazionale. Se chi governa si decidesse a investire seriamente nel settore, questa quota potrebbe salire rapidamente ponendo il paese al primo posto nel mondo, senza parlare dei vantaggi che arriverebbero con il sostegno alla ricerca e alla sperimentazione sulle possibilità offerte da altri tipi di materiali idonei a produrre l’effetto fotovoltaico e allo stoccaggio. Questo tipo di produzione è intermittente e quindi da sola non può bastare al fabbisogno totale, ma può certamente diminuire e di molto la dipendenza dalle centrali termoelettriche.
Il suo grande vantaggio è la netta diminuzione dei costi di vendita e installazione, e la grande adattabilità. Se si volesse perseguire davvero una via d’uscita dal ricatto che i combustibili fossili esercitano su ognuno di noi, si potrebbe decidere di rivedere gli ostacoli di legge che impediscono l’installazione su molte abitazioni, provvedere al montaggio dei pannelli su tutti gli edifici pubblici e sui condomini, favorire le comunità energetiche locali, per non parlare dei posti di lavoro che si potrebbero ottenere. Non abbiamo bisogno di grandi compagnie né di grandi impianti che sottraggono terreno coltivabile ma di una copertura massiccia sui tetti di case, degli uffici e delle aziende. Un’azione a livello locale, che metta in moto una quantità di piccole imprese e di cooperative.
Nessun governo si mai posto un obiettivo del genere, non perché non ci siano i soldi da spendere nell’arco di 10 anni, ma perché questo tipo di iniziativa (insieme al risparmio, all’efficientamento e a una miscela di altre fonti rinnovabili di cui non fanno certamente parte il metano ne tanto meno il nucleare) è il veicolo giusto per andare verso l’indipendenza energetica. Con una produzione di 100TWh/anno eviteremo l’importazione di 20 miliardi di metri cubi di metano che ci costano 7 miliardi di euro.
Produrre e consumare sul posto da fonti rinnovabili infatti non ha rivali, specialmente ora che si sono abbassati i costi di produzione e si va verso un riciclo quasi totale dei materiali impiegati. Da un pannello fotovoltaico comune, di circa 22 kg di peso, è infatti possibile recuperare 0,1 kg di schede elettriche, 0,2 kg di metalli vari, 1,7 kg di plastiche, 2,8 kg di silicio, 2,9 kg di alluminio, e 13,8 kg di vetro. Non sorprende pertanto come in un’atmosfera pesantemente perturbata dalle pressioni di chi non intende cambiare niente, proprio oggi, il governo, abbia cancellato dalle spese ben 6 miliardi che in un primo momento erano stati destinati a interventi di efficienza energetica.
Di questo passo non ne usciremo mai.
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