Si è tenuto ieri a Roma nella sede del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale la “Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni”.
Alla Conferenza hanno partecipato cinque capi di Stato (Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Mauritania, Libia, Cipro), otto premier (Libia, Etiopia, Egitto, Malta, Giordania, Nigeria, Algeria, Libano) e altrettanti ministri (Arabia Saudita, Marocco, Oman, Kuwait, Turchia, Grecia, Qatar, Bahrein). Presenti anche i vertici di alcune organizzazioni internazionali e delle Nazioni Unite.
Gli obiettivi della Conferenza
Ospitato dal governo Meloni e patrocinato politicamente dalle massime cariche dell’Unione Europea – presenti la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Charles Michel – il vertice è stata l’occasione per presentare le ambizioni dell’imperialismo europeo nell’area mediterranea.
L’incontro segue di pochi giorni il Memorandum siglato dall’Ue e la Tunisia nel campo della cooperazione e della gestione dei flussi migratori, un “modello da emulare con tutti gli altri partner strategici dell’area” secondo la presidente von der Leyen.
Introdotto dai saluti di rito del primo inquilino della Farnesina, è la premier Meloni a mettere subito sul piatto i temi del vertice, i quali si sostanziano in due punti: cambio di passo nella gestione dei migranti e, “punto più importante”, cooperazione strategico-economica tra i paesi del Mediterraneo allargato.
La gestione dei flussi migratori
Sul primo punto, la base di partenza è il riconoscimento da parte “dell’Italia e dell’Europa di aver bisogno dei migranti”, dice Meloni.
Anni di assenza di progresso sociale ed economico e l’insistenza su politiche di austerità hanno portato i paesi del Vecchio Continente nel piano inclinato dell’invecchiamento demografico, il quale sarà continuo e inesorabile almeno per i prossimi tre decenni.
Solo forti iniezioni di forza lavoro immigrata potranno bilanciare la riduzione delle popolazioni europee occidentali, mantenendo in piedi un già decrepito sistema produttivo e garantendo politiche mercantilistiche basate sui bassi costi del lavoro (e dunque delle merci) nell’arena internazionale.
Per questo, la premier propone, da una parte, il “contrasto all’immigrazione illegale” mediante l’aumento della “cooperazione operativa tra le forze di polizia” e dei “centri presenti nei paesi di origine e di transito”. In altre parole, l’Italia si fa promotrice del criminale modello-Libia targato Minniti-PD, già allargato alla Tunisia.
Dall’altra, se i migranti servono alle imprese, allora è necessario “offrire nuove opportunità di migrazione legale per coglierne i frutti positivi”. Come a dire, ci servite come il pane, ma visto che abbiamo bisogno di determinate figure, è bene che siano direttamente gli europei a stabilire chi è utile (da sfruttare) per il sistema economico.
La cooperazione economica tra i paesi
A questo proposito, la proposta del governo – secondo punto – ai partner presenti è di approfondire la “cooperazione ad ampio raggio per sostenere lo sviluppo dei paesi, affrontando le cause profonde che stanno alla base dalla migrazione”.
Parlando del sacrosanto “diritto a non migrare”, ma inserendolo funzionalmente nelle mire imperialiste di appropriazione delle risorse dei ricchi territori invitati al vertice, secondo Meloni il “partenariato reciproco tra i paesi amici deve mirare alla pianificazione di iniziative e progetti di carattere strutturale in sei settori: agricoltura, energia, infrastrutture, educazione, sanità, acqua e igiene”.
Il “parternariato”, come da ripetuta pronuncia fallacie della Meloni, deve “valorizzare le iniziative private” e creare idealmente un fondo di investimento comune che vada oltre la retorica paternalista occidentale.
Le mire imperialiste europee
Sul secondo punto, sono le parole della Von der Leyen però a chiarire bene la posta in gioco.
Prendendo la Tunisia come esempio, la quale “dispone di risorse in abbondanza per produrre energia pulita a un prezzo competitivo”, i partenariati strategici con i paesi del Mediterraneo allargato servirebbero a diminuire la dipendenza energetica europea dalle grandi potenze produttrici (prima la Federazione Russa, ora gli Stati Uniti).
Investimenti per il un valore di “300 miliardi di euro sono pronti a sviluppare filiere locali con la costruzione di infrastrutture per la produzione di energia pulita”, afferma la Von der leyen. Inoltre, l’Ue si impegna a “formare la forza lavoro che le nuove economie hanno bisogno, dove i giovani possano imparare, spostarsi e lavorare realizzando i propri sogni” in Europa.
Il ruolo politico (e militare?) dell’Italia nel “giardino di casa”
Come si capisce, il “Processo di Roma”, come pomposamente definito dalla Meloni, pone l’Italia come testa di ponte nella costruzione politico-economica del “giardino di casa” dell’imperialismo europeo, alla disperata ricerca di materia prime e forza lavoro per adeguare gli assetti produttivi nel nuovo contesto internazionale multipolare e per fronteggiare la fine di un lungo ciclo di accumulazione basato sulla speculazione finanziaria e sull’indebitamento.
Il resto, evitare le stragi in Mediterraneo, aiutare i paesi di partenza, basare una cooperazione sul modello win-win tra economie ecc., sono parole buone solo per le “l’informazione disattenta”.
Anche solo la conformazione geopolitica sarebbe stata bastevole per far emergere gli obiettivi della Conferenza: nessun paese di forte partenza migratoria, sultanati feudali ricchi di materie prime e poveri di diritti umani, sociali civili e politici, Stati falliti, Stati in guerra, dittature militari.
Da rilevare, in ultimo, l’assenza degli altri paesi europei di peso. Probabilmente, l’attivismo del governo italiano rispetto al fianco sud dell’Ue, come testimoniato anche dalle parole del ministro Crosetto al vertice Nato di Vilnius sull’importanza miliare del fianco sud dell’Alleanza, trova resistenze nel resto dei membri.
Tuttavia, per la Von der Leyen l’appoggio della Meloni potrebbe essere strategico sia in un una eventuale ricandidatura alla Commissione nel 2024, sia (come si vocifera) a quella di Segretario generale proprio della Nato per il dopo-Stoltenberg.
Quale che sia, la proiezione “nostalgica” della Meloni verso l’Africa vedrà un altro momento di rilievo nel prossimo novembre per un vertice Italia-paesi africani, dove si peserà il ruolo del governo nell’allargamento sostanziale a sud dei confini UE e delle mire imperialiste europee nel giardino di casa. O forse dovremmo dire della “giungla di casa”...
P.s. Non sembra inutile contrapporre, come si deve fare, la logica del “vertice” euro-africano e quella dell’Assemblea dei Popoli, che si è svolta nei giorni precedenti.
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