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20/07/2023

4 Novembre: no al culto della guerra e degli eserciti, costruiamo la mobilitazione

Mercoledì 12 luglio il Senato ha dato il via libera al ripristino della festività nazionale del 4 novembre, come Giornata dell’Unità Nazionale delle forze armate.

Con 102 senatori a favore, 28 astenuti e nessun voto contrario si è suggellata di fatto l’Union Sacrée dell’intero quadro della rappresentanza politica istituzionale in favore di un’operazione interamente ideologica tesa all’accettazione della militarizzazione della società in funzione delle esigenze belliche del blocco euro-atlantico, tramite il recupero di un vecchio arnese della destra reazionaria.

Aspetto non secondario dell’iniziativa legislativa è stato la sua promozione da parte dell’ex missino Maurizio Gasparri, e le subitanee felicitazioni di Fratelli d’Italia a partire da Ignazio la Russa.

Insomma, i vecchi missini hanno realizzato un loro antico sogno, riabilitando storicamente ed ideologicamente una carneficina che costò la vita a 680.000 italiani, che provocò più di un milione di feriti – di cui 675 mila rimasti mutilati – e di un armistizio le cui condizioni furono indispensabili per l’agitare lo spettro di una “vittoria mutilata” da parte di quel revanscismo nazionalista che covò il fascismo.

Con la scusa di onorare il sacrificio dei caduti ci si muove dunque per accelerare sulle necessità belliche del momento, facendo accettare sempre di più nella società la presenza dell’esercito e cercando di normalizzare una situazione di guerra e militarizzazione permanente.

La catastrofe della Prima Guerra Mondiale poté realizzarsi anche a causa dell’atteggiamento dei partiti operai e del mondo pacifista che abdicò ai suoi principi in quanto le maggiori formazioni di quel consesso votarono per i crediti di guerra nei rispettivi paesi.

A livello internazionale solo una minoranza, capeggiata dai bolscevichi, ebbe il coraggio di opporsi allo sciovinismo imperante anche tra la fila delle social-democrazie, cambiando e sconvolgendo la storia.

La vecchia logica patriottarda della destra reazionaria, sposata ancora una volta in gran parte dell’Occidente anche dalle sinistre liberali e dai partiti d’opposizione ora si coniuga perfettamente con le odierne logiche belliciste di quell’Occidente costituito da UE, USA e Nato disposto a fare la guerra “fino all’ultimo ucraino”, inviando armi sempre più potenti e distruttive e con alcuni Stati disposti a combattere direttamente “scarponi a terra” per Kiev.

Di fronte a questo piano inclinato dell’avventurismo bellico delle classi dirigenti occidentali – compresa la nostra – e con una opposizione incapace di rappresentare la volontà della maggior parte del Popolo italiano che si esprime ostinatamente in modo contrario all’invio di armi e al supporto militare a Kiev, la sinistra sociale e di classe, il mondo pacifista e il sindacalismo conflittuale devono urgentemente mettere in campo un ciclo di mobilitazioni per fermare la guerra e la corsa al riarmo.

A fine anno scadono i decreti per l’invio di armi dall’Italia al fronte Nato/ucraino. Oggi come un secolo fa non esiste nessuna credibile opposizione parlamentare all’interventismo delle classi dirigenti.

L’unica opposizione reale può venire da una forte, composita e plurale mobilitazione popolare che raccolga tutte le istanze, da quelle politiche e sociali a quelle laiche e religiose che vogliono impedire un nuovo massacro tra popoli.

Di fronte all’ennesima ostentazione bellicista da parte delle forze politiche che compongono l’attuale esecutivo e parlamento, riteniamo sia necessario costituire le premesse per un autunno all’insegna della mobilitazione contro la guerra.

Il 4 novembre così come le altre date che stanno uscendo dalle varie iniziative, campeggi e momenti di confronto potrebbe diventare una delle date di mobilitazione generale e nazionale.

La sfacciataggine dei fascisti al governo, e l’accodarsi della finta opposizione parlamentare nel celebrare il massacro dei popoli avvenuto nel ‘14-‘18 potrebbero rappresentare un passo falso dei guerrafondai nostrani se il movimento contro la guerra cogliesse la possibilità di sfruttare quella giornata, non per farne un inno alla guerra ma un momento in cui il mondo composito e plurale che tenta di fermare la corsa verso la Terza Guerra Mondiale prenda parola e protagonismo.

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