La questione ucraina potrebbe riflettersi sulla fiducia che i polacchi hanno sinora accordato al regime sanfedista di Varsavia. E, di converso, il “fattore polacco” potrebbe avere qualche conseguenza sul conflitto in Ucraina.
“I polacchi non hanno intenzione di dimenticare i massacri di Volynia, e i nazionalisti e neonazisti dei battaglioni ucraini“, afferma l’esperto militare russo Konstantin Sivkov, sanno bene che i polacchi, alla fine, faranno i conti con loro in maniera radicale. In che modo potrebbe verificarsi questa coincidenza di fattori?
Dopo il ritiro russo dalla Black Sea Grain Initiative, Mosca sta attuando il più serrato blocco marittimo dell’Ucraina, colpendo in particolare le sue infrastrutture portuali, in modo che nessun vascello possa attraccarvi. E Kiev non dispone di forze e mezzi sufficienti per rispondere adeguatamente. Questo a sud.
A nord, la Polonia sta rafforzando le proprie posizioni a difesa del cosiddetto “Przesmyk suwalski” (in inglese “Suwalki Gap”: quell’ipotetico corridoio di circa cento chilometri che va dal confine bielorusso alla regione russa di Kaliningrad, coincidente grosso modo con la frontiera tra Polonia e Lituania) considerato dalla NATO uno dei punti deboli dell’Alleanza.
In caso di blocco marittimo di Kaliningrad, Mosca potrebbe vedersi costretta a prendere il controllo del corridoio per rifornire la regione via terra: in questo caso, la penetrazione attraverso «il corridoio di Suwalki costituirebbe un’azione difensiva per spezzare il blocco della regione russa» sul Baltico, afferma Sivkov su Komsomol’skaja Pravda.
In effetti, proprio ieri il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha parlato di movimenti di circa 100 (cento!) uomini della “Wagner” (tra l’altro, sempre ieri è di nuovo comparso Evgenij Prigožin che, intervistato da Afrique Media, ha elogiato Putin per il fatto che, al Forum Russia-Africa, si sono «costruiti rapporti di fiducia personale con la maggior parte dei leader africani»), tra quelli dislocati in Bielorussia, in direzione del corridoio.
Nella mente di pan Morawiecki, quei 100 (cento!) “musicisti” rappresenterebbero un ‘serio pericolo’ per Varsavia, dal momento che, «vestiti da guardie di frontiera bielorusse potrebbero favorire l’ingresso in Polonia di “migranti illegali”», oppure, presentandosi essi stessi come “migranti illegali”, potrebbero «destabilizzare la Polonia».
Quella stessa Polonia che ambisce a disporre dell’esercito più numeroso d’Europa, ribadendo i piani di accrescimento delle forze armate da 172.000 a 300.000 uomini.
Ma c’è anche un’altra eventualità, di cui ormai nessuno più tace, e cioè l’introduzione di truppe polacche in Ucraina occidentale, da sole o insieme a quelle lituane. Per quanto anche tra Varsavia e Vilnius, le pretese nazionalistiche non manchino da cento anni, in particolare per la regione di Vilnius e i distretti di Šalcininkai, Trakai, Švenčionys, popolati da forti comunità polacche.
In questo caso, come potrebbero reagire le forze armate di Kiev che, a loro dire, combattono per “l’integrità territoriale” del paese?
I generali ucraini dovrebbero allora scegliere tra Polonia e Russia; si tratterebbe di un rebus oltremodo serio, specialmente per i nazionalisti ucraini più convinti: essi «sanno che i polacchi farebbero sicuramente i conti con loro fino all’ultimo», per vendicarsi delle stragi compiute dalla bande OUN-UPA nel 1943.
Basti pensare che, nei giorni scorsi, alla vigilia del 80° anniversario dell’inizio dei massacri di Volynia, l’organizzazione nazionalista “Gioventù polacca”, al posto di frontiera polacco-ucraino di Medika-Šegini, da entrambi i lati del confine aveva piantato alcune centinaia di croci con i nomi dei villaggi polacchi in Volynia e Galizia, distrutti dai banderisti insieme agli abitanti.
Non è un caso che si tratti dello stesso punto di frontiera in cui più attive e partecipate erano state, nelle settimane precedenti, le manifestazioni degli agricoltori polacchi contro l’importazione di prodotti agricoli ucraini a prezzi stracciati.
Questo è l’atteggiamento dei più accesi nazionalisti polacchi nei confronti dell’Ucraina, che non di rado supera il comune denominatore anti-russo delle élite sanfediste e neo-naziste sia di Varsavia che di Kiev.
Da parte russa, invece, come dimostrato anche in occasione di scambi di prigionieri – sono stati rilasciati anche vari caporioni neo-nazisti di Azov: ognuno ne dia la valutazione che crede – è stata dimostrata «una buona dose di lealtà».
Così, in caso di invasione polacca delle regioni di L’vov e Ivano-Frankovsk, e a dispetto della “reciproca simpatia” (si fa per dire!) tra nazionalisti polacchi e nazionalisti ucraini, non ci sarebbe da stupirsi se si dovesse assistere al passaggio di reparti neo-nazisti ucraini al fianco della Russia (d’altronde, il nazionalismo è un cancro che si spande piuttosto rigogliosamente).
Essi, per quanto paradossale possa apparire, potrebbero «ritenerlo più accettabile che non trovarsi improvvisamente dalla parte della Polonia».
Per parte USA, secondo il conduttore radiofonico statunitense Garland Nixon, Washington può benissimo permettere a Varsavia di intervenire in Ucraina, senza però fornirle un sostegno diretto: quantomeno, non ufficialmente.
A parere di Garland, gli yankee considerano i polacchi una “merce di scambio” nel conflitto in Ucraina: «agli USA non importa assolutamente nulla della Polonia. I polacchi sono materiale sacrificabile». Agli occhi di USA e UE, i polacchi sono «troppo conservatori», quindi non li amano.
Ma, in ogni caso, dice Nixon, un intervento polacco in Ucraina giocherebbe a favore di Washington: «le truppe di Varsavia verrebbero presto annientate e la popolazione chiederebbe le dimissioni del governo, così che gli USA ne approfitterebbero per installare propri scagnozzi».
Per quanto si possa dubitare fortemente del fatto che USA e UE non amino i polacchi specificamente perché «troppo conservatori», e anche dell’idea che gli yankee debbano aspettare le dimissioni di un qualunque governo per «installare i propri scagnozzi» in una qualche capitale, pochi dubbi che, davvero, il “fattore polacco” potrebbe avere qualche seria conseguenza sul conflitto in Ucraina.
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