Ci sono voluti sette anni ma ieri Harald Espenhahn, amministrazione delegato della tedesca ThyssenKrupp all’epoca della strage di operai a Torino, ha varcato i cancelli del carcere, dove dovrà scontare una condanna a cinque anni per omicidio colposo.
La sentenza definitiva era stata pronunciata sin dal 2016, ma non era ancora stata eseguita a causa di alcuni ricorsi che lo stesso Espenhahn aveva presentato al tribunale tedesco. Sconterà la pena in regime di semi-libertà.
L’incendio nello stabilimento torinese della ThyssenKrupp, si verificò nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 e causò la morte di sette operai: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi. All’una di notte alla linea 5 dell’acciaieria Thyssen di Torino, sette operai vennero travolti da un getto di olio bollente. Gli estintori e i sistemi antincendio risultarono smantellati o scarichi.
“Un incidente sul lavoro” che se li porterà via tutti: alcuni in poche ore, altri dopo giorni di agonia. Alla strage sopravvive come unico testimone oculare, Antonio Boccuzzi, un altro operaio.
L’interminabile iter giudiziario, fu avviato dal giudice Raffaele Guariniello, grande esperto di sicurezza sul lavoro. Nel mirino, le mancate misure di sicurezza dell’impianto che era destinato alla chiusura. Sono stati cinque i gradi di giudizio del procedimento penale che ne sono seguiti.
Sul banco degli imputati finiscono l’amministratore delegato della multinazionale tedesca, Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario con dolo eventuale. Imputati anche l’azienda come persona giuridica e altri cinque dirigenti, accusati di omicidio colposo aggravato: Cosimo Cafueri, Daniele Moroni, Gerald Prigneitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno.
Nel 2016 l’ex ad Harald Espenhahn è stato condannato a nove anni e otto mesi; i dirigenti Marco Pucci e Gerald Priegnitz a sei anni e dieci mesi, il membro del comitato esecutivo dell’azienda Daniele Moroni a sette anni e sei mesi, l’ex direttore dello stabilimento Raffaele Salerno a otto anni e sei mesi e il responsabile della sicurezza Cosimo Cafuer a sei anni e otto mesi.
Ma la Procura giudicante in questo caso era la famosa Procura di Torino, ragione per cui il procuratore generale aveva chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza, perché le pene sarebbero state troppo alte.
Quelli condannati erano dirigenti e manager mica attivisti No Tav o anarchici.
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