È entrato in vigore il regolamento Ue sui servizi digitali, 2022/2065 (Digital Service Act, DSA) che punta a disciplinare il mercato unico dei servizi digitali, modificando la precedente direttiva 2000/31. Ma la sua attuazione partirà dal prossimo 17 febbraio 2024.
Ufficialmente si tratta di un meccanismo di controllo posto a protezione dei consumatori e dei loro diritti fondamentali, alla definizione delle responsabilità delle piattaforme online e dei social media, alla repressione dei contenuti e dei prodotti illeciti, dell’incitamento all’odio e della disinformazione e alla consapevolezza della pubblicità on line.
Le 19 piattaforme online che dovranno rispettare gli obblighi della legge Ue sui servizi digitali sono i due grandi motori di ricerca Bing e Google Search, e 17 grandi piattaforme sia di social media (Facebook, Instagram, Twitter, TikTok, Snapchat, LinkedIn, Pinterest), sia dei servizi di commercio elettronico (Alibaba AliExpress, Amazon Store, Apple AppStore, Zalando). Ma riguarderà anche i servizi Google (Google Play, Google Maps e Google Shopping), e Booking.com, Wikipedia, YouTube.
Il regolamento verrà applicato a partire dal 17 febbraio 2024. Nel caso le piattaforme non ottemperino agli obblighi scatteranno risarcimenti danni agli utenti.
Formalmente il nuovo regolamento UE sui servizi digitali si propone di tutelare i diritti e gli interessi di tutte le parti coinvolte, in particolare i cittadini dell’Unione:
1) lottando contro i contenuti illeciti online, compresi beni e servizi;
2) responsabilizzando gli utenti e la società civile;
3) pretendendo la valutazione e la mitigazione dei rischi;
4) rafforzando i meccanismi di vigilanza e di applicazione.
La lotta contro i contenuti illeciti online, compresi beni e servizi, si sviluppa attraverso una serie di azioni: un maggiore controllo su quello che gli utenti visualizzano online e maggiori informazioni sulle pubblicità visualizzate; la capacità di riconoscere facilmente i contenuti o i prodotti illeciti, l’incitamento all’odio e la disinformazione; la fornitura di una modalità di cooperazione delle piattaforme con “segnalatori attendibili”; l’imposizione di obblighi di tracciabilità degli operatori commerciali nei mercati online.
Gli strumenti previsti dal Regolamento a proposito della responsabilizzazione degli utenti e della società civile comprendono:
1) i meccanismi di impugnazione delle decisioni di modifica dei contenuti on line;
2) le azioni tese alla richiesta di un risarcimento, tramite un meccanismo di controversia o un ricorso giudiziario;
3) meccanismi di accesso ad autorità e ricercatori ai dati chiave generati dalle piattaforme di dimensioni molto grandi per valutare i rischi online;
4) meccanismi di trasparenza su una serie di informazioni, compresi gli algoritmi utilizzati per raccomandare contenuti o prodotti.
Gli strumenti previsti dal Regolamento al fine di valutare e mitigare i rischi comprendono:
1) gli obblighi per piattaforme e motori di ricerca online di dimensioni molto grandi al fine di evitare che i loro sistemi vengano utilizzati impropriamente e far sì che i loro sistemi di gestione dei rischi siano sottoposti ad audit indipendenti;
2) i sistemi per reagire rapidamente ed efficacemente alle crisi che colpiscono la sicurezza pubblica o la sanità pubblica;
3) le garanzie per i minori di età e limiti all’uso di dati personali sensibili per la pubblicità mirata.
Il rafforzamento dei meccanismi di vigilanza e di applicazione per tutti i prestatori di servizi intermediari, comporta l’affidamento di un ruolo importante ai coordinatori indipendenti dei servizi digitali in ciascuno stato dell’Unione e al comitato europeo per i servizi digitali. Inoltre, la Commissione europea ha poteri di vigilanza supplementari in relazione a piattaforme e motori di ricerca online di dimensioni molto grandi.
Ufficialmente si tratta di un regolamento che dichiara di voler “tutelare” i cittadini dal volume, dalla qualità e dalla correttezza delle informazioni che circolano in rete. Ma si ha la netta impressione che verrà messo in moto un meccanismo di controllo sulle informazioni in rete sulle cui garanzie di indipendenza nutriamo serissimi dubbi.
Basta pensare che oggi i cosiddetti fact checkers di Facebook sono quelli di Open (ossia degli ossessi del pensiero unico liberale) o che a un festival a Foligno è stato consegnato un premio addirittura a Repubblica per l’informazione corretta e il contrasto alle fake news.
Insomma da febbraio per chi fa informazione alternativa nell’Unione Europea si apre un’altra pagina molto minacciosa in nome della “democrazia” all’europea ovviamente, quella del “Giardino di Borrell”.
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