La “bolla” stavolta potrebbe arrivare dalla Cina ma, come sempre, esplode a New York. Evergrande, il colosso cinese del settore immobiliare, ha dichiarato bancarotta e giovedì ha presentato istanza di fallimento a New York.
Evergrande era andata in insolvenza nel 2021 a causa del forte indebitamento, scatenando un’enorme crisi immobiliare nell’economia cinese, che continua a risentirne ancora oggi.
Il quotidiano economico Milano Finanza spiega che il colosso immobiliare ha presentato istanza di protezione dal fallimento ai sensi del Capitolo 15, che permette a un tribunale fallimentare statunitense di intervenire quando un caso di insolvenza coinvolge un altro Paese.
Il Chapter 15 ha lo scopo di promuovere la cooperazione tra i tribunali statunitensi, i debitori e i tribunali di altri Paesi coinvolti in procedure fallimentari transfrontaliere.
Il primo default di Evergrande, avvenuto nel 2021, aveva provocato un’onda d’urto nei mercati immobiliari cinesi. Il default della società è arrivato dopo che Pechino ha iniziato a dare un giro di vite all’eccessivo indebitamento dei costruttori, con l’obiettivo anche di contenere l’impennata dei prezzi delle abitazioni.
Di recente, un altro colosso immobiliare cinese, Country Garden, ha avvertito che “prenderà in considerazione l’adozione di varie misure di gestione del debito“, alimentando le speculazioni sul fatto che l’azienda potrebbe prepararsi a ristrutturare il proprio debito mentre lotta per raccogliere liquidità.
Il mese scorso, Evergrande ha dichiarato in un documento di Borsa di aver perso 81 miliardi di dollari di denaro degli azionisti nel 2021 e nel 2022. All’inizio di quest’anno, la società ha presentato il suo piano di ristrutturazione del debito. Il colosso immobiliare ha dichiarato di aver raggiunto “accordi vincolanti” con i suoi obbligazionisti internazionali sui termini chiave del piano.
Ma non c’è solo Evergrande a preoccupare. Infatti la principale società cinese del settore, Country Garden, ha sospeso la negoziazione di 11 obbligazioni onshore (titoli in yuan che circolano solo sul territorio nazionale, a differenza dei titoli offshore) per problemi relativi al loro rimborso, tracollando del 18% alla Borsa di Hong Kong.
Il Sole 24 Ore parla di “Campanelli di allarme che continuano a risuonare, ma che il resto del mondo finanziario per il momento fa quasi finta di non sentire”. Non a caso ieri le Borse europee hanno aperto in rosso. Vedremo lunedì se l’onda lunga dalla Cina impatterà anche sulla finanza in occidente.
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