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20/08/2023

Un eroe della rivoluzione anticoloniale: Muammar Gheddafi

Con la morte sul campo di un eroico combattente contro l’imperialismo e il colonialismo, quale fu Muammar Gheddafi, si compì l’ultimo atto della sporca guerra scatenata nel 2011 dalla Nato contro la Libia.

Esponendo in modo osceno le immagini orrende del corpo martoriato di questo combattente, la stampa imperialista riuscì persino a superare il primato sadico delle foto scattate nel 1967 al cadavere di Ernesto Che Guevara.

Questa totale mancanza di ‘pietas’ nei confronti di un nemico dell’imperialismo occidentale dà un’idea particolarmente plastica sia della barbarie dei tagliagole ingaggiati dalla Nato per ammazzare Gheddafi, sia del fine, ad un tempo monitorio e terroristico verso ogni paese intenzionato a scrollarsi di dosso il giogo dell’imperialismo, che la Nato volle attribuire all’azione militare che essa esercitava nel vicino paese nord-africano (mentre si vedrà nelle prossime settimane se nel Niger la Nato imboccherà la stessa strada sanguinosa che seguì nei confronti della Libia di Gheddafi).

In effetti, fedele sino all’ultimo all’impegno militante che aveva contrassegnato tutta la sua vita, Muammar Gheddafi affrontò le estreme conseguenze della grande sfida sull’uso della violenza, che egli aveva lanciato alle potenze imperialiste fin da quando nel 1969, con un colpo di stato militare, rovesciò la monarchia del re Idris e dette inizio alla decolonizzazione della Libia e alla costruzione di un regime popolare e socialista: la Jamahiria.

A potenze che avevano la pretesa di essere le uniche a decidere quanta violenza sia lecita nelle relazioni internazionali Gheddafi lanciò così il guanto della sfida e fu uno dei dirigenti politici del Terzo Mondo che non si trincerarono dietro nessun paravento e utilizzarono la violenza o, comunque, la forza in tutta una serie di azioni: garantire la sovranità libica sulle acque territoriali e partecipare alla politica mondiale sostenendo e finanziando movimenti di liberazione e rivolte antimperialistiche e anticolonialistiche, dall’Ira alla resistenza palestinese, ivi comprese le uccisioni mirate degli oppositori (usando in funzione della propria politica antimperialista la stessa arma strategica che Israele e gli Usa usano in funzione della loro politica imperialista).

La politica internazionale di Gheddafi fu infatti quella di mettere la Libia al centro della periferia nella lotta contro il centro imperialista. Inoltre, la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo e le sue risorse naturali ne avevano fatto un paese molto poco trattabile rispetto agli altri paesi usciti dalla decolonizzazione.

A ciò si aggiunga che la Libia non entrò mai in alcun blocco, ad esempio in quello sovietico, e ciò la privò di qualsiasi copertura internazionale, come era apparso chiaro nel 1986 e come apparve chiaro nel 2011.

Questa scelta di non allineamento era stata, peraltro, teorizzata da Gheddafi nel “Libro verde” o “Terza teoria universale”, in cui la Jamahiria libica, un intreccio tra dittatura carismatica e democrazia diretta di tipo rousseaoiano, rappresenta l’alternativa sia al capitalismo liberale sia al socialismo di stampo sovietico.

I veri anticolonialisti non possono pertanto dimenticare l’esempio di coerenza, di coraggio e di determinazione che fornì questo anziano statista ed esponente della lotta antimperialista, abbandonato al massacro dalla viltà, quando non dalla complicità, di quanti avrebbero dovuto difenderlo, a cominciare dalla sinistra europea.

Questo spiega l’apparente paradosso per cui è spettato all’esponente di un governo di destra, l’attuale ministro degli esteri Antonio Tajani, riconoscere che “è stato un errore gravissimo aver ammazzato Gheddafi”, giacché “finito lui è arrivata l’instabilità”.

Ma forse questo era proprio l’obiettivo che si prefiggevano di realizzare, costringendo il governo Berlusconi alle dimissioni, azzerando il trattato di cooperazione che questo governo aveva stipulato con Gheddafi e instaurando, sotto l’occhiuta regia del presidente Giorgio Napolitano, la dittatura commissaria del governo Monti, le maggiori potenze imperialistiche – Stati Uniti d’America, Francia e Regno Unito – che decisero l’intervento militare contro la Libia e vi coinvolsero contro i suoi stessi interessi il nostro paese, in quell’anno nefasto della storia italiana, europea e mondiale.

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