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24/08/2023

Quando i media indicano il dito, conviene guardare alla luna

Quattro giorni fa, dopo aver ignorato precedentemente la notizia, i media italiani si sono sperticati nel far sapere a tutti che la sonda russa Luna-25 si è schiantata sulla superficie del nostro satellite. Un impulso per trasferirla nell’orbita lunare ha dato il via a una manovra errata e alla sua conseguente distruzione.

Un’altra vittoria nella guerra propagandistica contro Mosca, che aveva speso più di 130 milioni di dollari per questo progetto. Ma, come ha scritto anche Francesco Dall’Aglio, forse i giornalai occidentali dovrebbero preoccuparsi più dei due satelliti lanciati negli ultimi mesi dall’agenzia spaziale russa Roscomos per esigenze militari, che gioire per le sorti di Luna-25.

O almeno, se volessero utilizzare il caso per alimentare una narrazione da Guerra Fredda, dovrebbero toccare le corde giuste. La Luna-24, che ha preceduto la missione di questi giorni, risale al 1976 ma, visto che era riuscita a riportare sulla terra circa 170 grammi di rocce del satellite, forse non vogliono ricordare quel lontano successo sovietico.

Ad ogni modo, anche in questo caso i russi avevano l’obiettivo di ottenere analisi del suolo, oltre che perforare il Polo Sud alla ricerca di acqua e studiare le vicine aree, considerate le più idonee a future basi permanenti.

Elementi centrali dell’attuale programma di esplorazione lunare, che è stato rimandato per più di 25 anni e che non è certo partito col passo migliore.

Ma la sonda appena andata distrutta è comunque un tassello di un quadro più grande. In meno di un decennio sono già state previste le missioni Luna-26, -27 e -28, prima fase di un progetto che vedrà anche il coinvolgimento di Pechino per insediare una base stabile sul satellite.

In un vertice svoltosi a Wuhan poco più di un mese fa, Zhang Hailian, vice capo dell’agenzia spaziale cinese, ha indicato il 2030 come data entro la quale portare i propri astronauti sulla Luna. Allo stesso tempo, la Roscomos ha proposto ai corrispettivi dei paesi BRICS di partecipare alla costruzione di un modulo per una stazione orbitale.

L’esplorazione lunare ha un enorme significato strategico per la competizione globale, oltre che propagandistico. Non è un caso che quasi contemporaneamente, a fine luglio, la NASA abbia assegnato contratti per lo sviluppo di piattaforme di atterraggio, strade e un habitat vivibili sul satellite, per un valore di 150 milioni di dollari diviso tra 11 aziende.

Questi accordi sono a complemento della missione Artemis, con cui si vorrebbe far tornare l’uomo sul suolo lunare entro il 2025. Ma l’obiettivo non è alimentare l’immaginazione dei più piccoli, quanto trovare nuove strade per ottenere importanti vantaggi sulla Terra.

Ben 35 milioni sono andati a Blue Origin, azienda di Jeff Bezos, che sta lavorando dal 2021 al progetto Blue Alchemist, finalizzato alla produzione di celle solari e cavi di trasmissione con la regolite (roccia) lunare. Poter usufruire di una fonte di energia in loco è la sfida da affrontare per una presenza stabile nello spazio.

Secondo il fondatore e presidente di Amazon, la space economy ha un ruolo fondamentale anche perché non ha mai nascosto l’opportunità di trasferire sulla Luna l’industria più pesante ed energivora. Ottenendo così un importante vantaggio competitivo sulla Terra da spacciare come sensibilità ambientale.

Insomma, come non risolvere un problema, ma semplicemente spostarlo su scala astronomica. Come al solito, dietro allo sviluppo del capitale c’è sempre la logica della messa a valore di ogni cosa, pronto a devastare e a inquinare persino un altro corpo celeste per garantire i profitti.

Anche la UE partecipa a questa corsa allo spazio, per conquistarsi una posizione favorevole in questo settore di frontiera dello scontro strategico tra grandi attori globali. Dopo che la European Space Agency (ESA) ha rotto tutti i legami con la Roscomos, si è interessata anch’essa ad Artemis.

L’Italia porta avanti il suo «piccolo» contributo con l’Agenzia Spaziale Italiana, che col Politecnico di Milano sta studiando come estrarre ossigeno dalla regolite lunare. Inoltre, sono da poco stati siglati una serie di contratti per una serie di siti produttivi per piccoli satelliti e cubesat (satelliti in miniatura di circa un kg).

Ovviamente, in quest’ambito le imprese del complesso militare-industriale – come la Thales Alenia Space Italia, joint-venture tra la francese Thales e l’italiana Leonardo – hanno un ruolo centrale. Un anello della catena imperialista euroatlantica su cui anche noi possiamo agire, per evitare che l’escalation internazionale si propaghi oltre l’atmosfera.

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