di Guido Salerno Aletta
Dei sei nuovi aderenti ai BRICS, ben due sono Paesi africani: l'Egitto e l'Etiopia, che si trovano sul versante orientale del Continente, coprono superfici vastissime e sono tra i più popolosi.
L'Egitto ha 107 milioni di abitanti, circa il doppio dell'Italia, e copre una superficie di oltre un milione di chilometri quadrati, quasi dieci volte quella dell'Italia.
L'Etiopia ha 110 milioni di abitanti, ed una superficie di 114 milioni di chilometri quadrati, pari alla somma di quella di Francia e Spagna messe insieme.
I BRICS aggiungono così una popolazione di oltre 200 milioni di persone, in pratica quanto quella di metà dell'intera Unione Europea.
Sono due Paesi chiave dal punto di vista strategico.
L'Egitto lo è in funzione della stabilizzazione del Nord Africa, a cominciare dalla Libia, e per tenere sotto controllo il ritorno alla strategia di espansione neo-Ottomana della Turchia nell'area del Mediterraneo. Il recente raddoppio del Canale di Suez, che è stato finanziato con cospicui fondi cinesi così come lo sviluppo urbanistico in corso del Cairo, ha consentito al traffico di merci provenienti dalla Cina di accelerare il transito usando navi di maggiore capacità di carico. Le relazioni con la Russia, che sono di antica data risalendo ai tempi di Nasser e dell'Unione Sovietica, si sono alternate con più stretti rapporti con gli Usa.
L'Egitto ha mantenuto relazioni di amicizia assai forti con l'Italia per via della presenza dell'Eni, sin dal 1954, che ha svolto una grande azione di ricerca di idrocarburi nell'area della foce del Nilo, con il recente ritrovamento di gas nel giacimento off-shore di “Zohr”, la più grande scoperta fatta nel Mediterraneo, in grado di assicurare l'autonomia energetica per la produzione di elettricità e di fare dell'Egitto un esportatore di GNL. Purtroppo, i rapporti con l'Italia sono stati profondamente turbati in questi anni, prima per l'assassinio di Giulio Regeni e poi per le vicende giudiziarie di Patrick Zaki, uno studente attivista egiziano che è stato recentemente graziato ed è ritornato in Italia, dove studiava.
Nonostante la recente ripresa di buoni rapporti politici con l'Egitto, dopo anni in cui sono stati assai travagliati facendo perdere all'Italia molto del terreno che aveva conquistato, ora sono la Cina e la Russia ad orientare le strategie del Cairo, come dimostra la richiesta di adesione ai BRICS che è stata accolta nel vertice appena tenutosi in Sudafrica.
In pratica, dopo aver patito duramente le conseguenze della politica americana del “Nuovo Inizio” che fu a suo tempo decisa dal Presidente Barak Obama, portando alla brutale destituzione di Hosni Mubarak ed alla sanguinosa presidenza di Mohamed Morsi che venne sostenuto dai Fratelli Musulmani, un'associazione politica fino ad allora dichiarata fuorilegge, l'Egitto è ormai favorevole ad un assetto multipolare, ben diverso da quello propugnato dalle Potenze occidentali.
Lo stesso vale per l'Etiopia, un Paese chiave in quanto rappresenta una sorta di cerniera tra l'Oriente ed il Centro dell'Africa. Pur non avendo uno sbocco al mare, visto che sul Mar Rosso, il Golfo di Aden ed il Mare Arabico si affacciano rispettivamente l'Eritrea, Gibuti e la Somalia che la circondano, l'Etiopia ha confini estesissimi verso il Sudan, il Sudan del Sud ed il Kenya che è rimasto l'ultima roccaforte occidentale.
Una ulteriore penetrazione della Russia e della Cina nell'Africa Centrale passa dunque per l'Etiopia, uno Stato che ha forti difficoltà economiche per via dello squilibrio commerciale e per il pesante indebitamento con l'estero: se ha quindi necessità di un sostegno consistente, vuole evitare di sottostare alle condizioni imposte dagli organismi internazionali come il Fmi, che chiedono liberalizzazioni e privatizzazioni.
Le relazioni diplomatiche tra Etiopia e Cina risalgono agli anni Settanta: sin da allora Pechino offriva sostegno ai Paesi in cui erano in corso i difficili processi di decolonizzazione, che offriva in cambio di altrettanto sostegno politico nell'ambito dell'ONU.
All'inizio di quest'anno, la Cina ha condonato all'Etiopia un credito di quattro milioni di dollari: sebbene si sia trattato di una cifra assai esigua, è stato un segnale molto apprezzato, in vista di relazioni più intense non solo dal punto di vista del contributo della Cina alla ricostruzione delle aree settentrionali del Tigrai, devastate dalla recente guerra civile, ma soprattutto delle prospettive di sviluppo economico.
C'è infatti chi sogna di trasformare profondamente l'Etiopia, facendola diventare una sorta di “Cina dell'Africa”: le industrie cinesi devono infatti delocalizzare in Paesi che abbiano una popolazione giovane numerosa e soprattutto disponibile ad accettare un lavoro salariato a costi competitivi. In cambio di investimenti e prodotti industriali, la Cina offrirebbe all'Etiopia il suo enorme mercato di sbocco per le produzioni agricole.
Addis Abeba è diventata, sempre grazie al sostegno cinese, un centro di relazioni internazionali: ospita sia la sede dell'Unione Africana, il cui quartier generale è stato costruito dalla Cina, che quella della Commissione Economica per l'Africa della Nazioni Unite.
Altrettanto stretti sono divenuti i rapporti tra Etiopia e Russia, soprattutto nel settore energetico e del nucleare in campo civile, per la costruzione di piccole centrali di produzione di energia elettrica.
C'è però una questione cruciale che da tempo divide l'Etiopia dall'Egitto: si tratta della "Grand Ethiopian Renaissance Dam", la maxi-diga sul Nilo azzurro costruita da Addis Abeba ma avversata dal Cairo perché durante il lungo arco di tempo necessario per riempimento del gigantesco invaso verrebbero sottratte all'Egitto la quasi totalità delle sue risorse idriche. Il presidente egiziano al-Sisi e il premier etiope Abiy Ahmed hanno concordato di raggiungere un'intesa entro la fine del prossimo autunno, coinvolgendo nell'accordo il Sudan: dopo il vano coinvolgimento statunitense e dell'Unione Africana, ora spetterà a Cina e Russia aiutare Egitto ed Etiopia a trovare un accomodamento. Non basta essere diventati entrambi membri del BRICS+ per andare d'accordo su tutto.
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