Dalla discesa in campo del cavaliere Silvio Berlusconi ad oggi, la spettacolarizzazione e la mercificazione, che vanno a braccetto con lo sfruttamento, sono diventate più insidiose, fagocitando tutti gli ambiti dell’esistente, compresa l’educazione.
In seguito cercheremo di fare il punto su cosa ne è della scuola degli anni in cui non si parla d’altro che di intelligenza artificiale, telemedicina, viaggi spaziali per colonizzare nuovi pianeti e guerra. Il tutto condito da paillettes, psicofarmaci e sedativi di varia natura, per poter reggere e tirare avanti.
Condizione del docente e falsi miti
I docenti della scuola pubblica sono quasi per l’80% donne, che raggiungono il ruolo intorno ai 40 anni, dopo master, abilitazioni, tirocini, concorsi ed anni di supplenze, più o meno lontani dal loro paese d’origine. Il lavoro sottopagato e usurante, per via della sottostimata componente emotiva e relazionale, al di là di quella didattica, il non riconoscimento a livello comunitario, le vessazioni e le derisioni da parte di superiori, genitori, studenti e tutti gli pseudo-intellettuali, che a turno prendono parola, per descrivere situazioni di cui non hanno contezza e per snocciolare consigli e disposizioni, mette a dura prova il loro sistema nervoso, oltre che le loro finanze.
Uno studio dell’Osservatorio Nazionale Salute e Benessere dell’Insegnante del 2024 ha confermato che addirittura il 67% dei docenti intervistati (su un primo campione di 2.500 docenti distribuiti in tutta Italia) soffre di burnout; più della metà avverte un basso senso di efficacia professionale; oltre il 30% degli insegnanti ha dichiarato che nell’ultimo anno, a causa dello stress accumulato ha manifestato difficoltà a portare a termine il lavoro, ridotto il numero delle ore di sonno, assunto sostanze (sigarette, alcol, caffè...).1
Le risposte di stato e ministero a questo malessere sono nell’ordine:
- mantenere quasi gli stessi stipendi, nonostante l’inflazione (a parte i bonus), che per questo risultano tra i più bassi in Europa2;
- aumentare la burocrazia e cambiare di continuo le regole di gestione, così che si sia costretti ad un aggiornamento continuo su questioni che niente hanno a che vedere con la didattica;
- lasciare molte zone d’ombra a livello legislativo, in cui l’interpretazione si fa fumosa;
- sovraccaricare il docente di ulteriori responsabilità e lasciarlo in balia di fuggevoli mode pedagogiche e degli umori dei genitori, che nuovi clienti dell’azienda, hanno sempre ragione.
Se mettete piede in una scuola e non siete ciechi, ecco probabilmente cosa vi si parerà davanti: edifici vecchi, freddi e cadenti3; aule per lo più sporche, perché il numero esiguo dei collaboratori scolastici non permette una reale pulizia degli spazi4; alunni con gravi problemi psichici, che vengono gestiti con le scarse risorse e figure disponibili, in nome della sbandierata “inclusione”, che senza lungimiranti investimenti, non po’ tradursi in una reale integrazione. In queste poco salubri condizioni lavorative, i docenti spesso non hanno neanche il tempo per andare in bagno, perché devono sempre vigilare sui propri alunni, senza pause previste dal contratto. La cistite si va a sommare ai malesseri summenzionati. E come poveri cristi si trascinano nei corridoi, stanchi appena pochi mesi dopo l’inizio delle lezioni.
Ore di lezione e disinformazione
Si è soliti pensare che il lavoro del docente consista in 18 ore frontali e tre mesi di vacanze. E sono queste le cause di una stupida guerra tra poveri, la vecchia classe media, il cui campo di battaglia sono i social e le cui armi sono insulti infantili.
Da un lato però dovrebbe essere facilmente compreso che un’ora in classe non è paragonabile per stress ad un’ora in un ufficio, così come nessuno si sognerebbe di paragonare un’ora di lavoro di uno psicoterapeuta ad un’ora di lavoro di un salumiere, tenendo presente lo studio, le competenze, le difficoltà e la complessità, che caratterizzano i diversi lavori. Dall’altro bisogna tener conto di tutte le ore di lavoro sommerso, che secondo statistiche e rilevazioni, arriverebbero a 1500 in un anno5.
Non retribuite, né riconosciute ovviamente.
Riforme e conseguenze
Bisogna tener presente che negli ultimi 30 anni si è innalzato sempre di più l’obbligo scolastico e sottolineata l’importanza di piani di studio individualizzati nei casi di disturbi dell’apprendimento (DSA) o più in generale di bisogni educativi speciali (BES), categoria in cui si ritrovano situazioni di svantaggio di diversa natura.
Inoltre è stata regolamentata la formazione dei docenti di sostegno, così da migliorarne l’intervento coi piani educativi individualizzati (PEI).
Allo stesso tempo però i tagli progressivi, l’autonomia scolastica e l’aziendalizzazione hanno avuto due conseguenze sostanziali: la ricerca spasmodica di una spendibilità applicativa immediata del sapere, ravvisabile nella didattica e nei progetti (tra i primi l’alternanza scuola lavoro); e le riorganizzazioni e gli accorpamenti, cominciati nel 1994 con la creazione degli istituti comprensivi.
L’istituto comprensivo – Il nuovo Moloch
Di solito un Istituto comprensivo comprende una scuola secondaria di primo grado, una o più scuole primarie ed una o più scuole dell’infanzia. Tutte facenti capo ad un’unica segreteria e dirigenza. Le suddette scuole, di grado diverso o uguale che sia, sono spesso collocate in plessi diversi.
Le conseguenze immediate sono lo smembramento del personale e l’impossibilità di incontro e condivisione di spazi, attività, idee, problemi e opinioni. Base necessaria per poter fare gruppo, esercitare il potere che si ha e rivendicare dei diritti.
L’unico momento in cui tutti questi diversi docenti si riuniscono è durante il Collegio docenti unitario (CDU). Ed è proprio quest’organo collegiale così importante che diventa la cartina tornasole di un intero paese: la nostra bella Italia.
Al cospetto del dirigente della nuova azienda scuola, docenti operai addetti a diverse mansioni, a seconda dei gradi di assegnazione, ascoltano l’elenco delle nuove disposizioni da votare, in totale incoscienza politica e di classe, senza un confronto pregresso, né uno studio. Quasi sempre un vero confronto è impossibile anche durante la seduta, che va avanti per votazioni ad alzata di mano, con un’irrisoria percentuale di astenuti e/o contrari.
Votazioni che costruiranno la realtà della scuola e il futuro del nostro paese.
Anche nell’azienda scuola si chiedono sacrifici ai docenti, operai del sapere, affinché l’offerta formativa sia appetibile e possa richiamare più iscritti possibili, attraverso progetti, gare, gite, tutte da reclamizzare durante gli open day aziendali.
La paura ben integrata dal docente medio è quella di perdere ore della propria cattedra. Tutto il resto va in secondo piano. Ma tutto il resto è esattamente ciò che ne alimenta il malessere. Solo che non avendo consapevolezza dei propri mezzi, capacità di riflessione e di riorganizzazione, cerca di salvare il salvabile, che diventa sempre meno.
Alla luce di queste dinamiche, i consigli, i collegi, fino alle assemblee e alle concertazioni sindacali sono completamente svuotate del loro potere di conflittualità riformista, senza neanche scomodare quella rivoluzionaria.
Identica situazione può essere riscontrata nelle scuole secondarie di secondo grado, in cui sono accorpati diversi indirizzi.
PNRR e false speranze
In questi giorni, così come lo scorso anno, in tutte le scuole italiane si assiste alla rincorsa per trovare esperti e tutor per poter vincere i bandi ed accaparrarsi i fondi del PNRR, ingolfando ulteriormente il lavoro burocratico di segreterie ridotte all’osso dai tagli pregressi.
Non sempre la selezione avviene su competenze specifiche, per cui chi vuole arrotondare il misero stipendio da docente e regalare alla scuola un nome di un altro progetto da mettere in elenco per farsi pubblicità, svolgerà alla meno peggio i nuovi compiti previsti.
La riqualificazione, con i soldi a debito del PNRR, dovrebbe trasformare la scuola italiana, con un upgrade a 4.0, creando aule digitalizzate, introducendo progetti di robotica e di IA fin dalla primaria ecc., ma senza avvalersi della tecnologia già presente, per esempio con riunioni da remoto. Dovrebbe ridurre la dispersione scolastica con progetti di recupero in piccoli gruppi per alcune materie e con incontri individuali di 10 ore (mentoring). Dovrebbe garantire un rinnovamento nell’edilizia scolastica.
Ma, nonostante i fondi già stanziati, al di là di interventi sporadici, la realizzazione di nuove scuole resta un miraggio, essendo dello 0,6% la percentuale degli ultimi 5 anni. Basta dare uno sguardo al XXIII report “Ecosistema scuola” di Legambiente6, per avere un quadro dell’arretratezza e della lentezza burocratica, per cui più del 40% degli interventi di riqualificazione sono bloccati nella fase iniziale del progetto.
Come fanno a non tornare alla mente tutte le speculazioni edilizie di cui si è macchiata la nostra classe politica, insieme agli imprenditori conniventi, dal secondo dopoguerra ad oggi? Le emergenze sono sempre state il momento migliore per i saccheggi, che restano impuniti, nascosti e gravano su quella parte di cittadini che pagherà poi le tasse e i debiti di Stato.
Cosa succede in realtà
Alla luce di quanto descritto finora, dovreste dire: Beh ma lo capirebbe anche un bambino di 5 anni... E con Groucho Marx, per alcuni proseguirei: andatemi a chiamare un bambino di 5 anni, perché non ci ho capito niente.
Ciò che sta avvenendo lo abbiamo già vissuto almeno due volte, in maniera intensa, nella nostra storia recente: con la prima introduzione delle macchine nella produzione, con la rivoluzione delle comunicazioni ed ora con quella della IA. Bene, potremmo tutti vivere in modo migliore ed approfittarne per lavorare meno ed in condizioni migliori e invece siamo più sfruttati e stressati che mai. Alienati e disgregati.
Quindi il bambino di 5 anni, accorso in nostro aiuto, si chiede: ma invece di fare progetti per poche ore in piccoli gruppi, perché non si creano classi di 10 alunni, così ogni docente può lavorare meglio e il recupero lo fa ogni volta che lo ritiene opportuno, gestendo meglio le relazioni con discenti, colleghi e genitori?
Perché non ci teniamo le Lim che già abbiamo e invece della digitalizzazione lavoriamo sulle conoscenze di sé e del mondo, sul senso critico, sulla lettura e sulla scrittura, visto che non sappiamo più scrivere in corsivo, con ricadute negative sull’apprendimento7-8-9, e che in Italia oltre un terzo degli adulti è un analfabeta funzionale10?
Perché invece di costringere i nostri docenti a raccattare qualche briciola, non gli aumentiamo lo stipendio?
Perché non li lasciamo liberi di formarsi e di informarsi, di darsi all’ozio letterario, in cui poter naturalmente evolvere, e travasare il tutto semplicemente al contatto profondo e sincero con l’altro, sia esso discente, collega o genitore?
Perché prima di pensare al digitale non ricostruiamo immediatamente ambienti più sani, in cui trascorrere 6 ore al giorno, e perché non riorganizziamo la didattica in modo da evitare di mortificarci, bloccati in un banco per le stesse ore?
Perché non impieghiamo più collaboratori, così le nostre scuole siano pulite e anche i nostri docenti possano andare in bagno o fare una pausa?
Perché invece di fare un progetto (mentoring) di 10 ore su uno studente problematico, non miglioriamo i servizi già presenti sul territorio (asl, associazioni, cooperative, centri sportivi, SSN, psicologi, educatori...), così che ci sia un reale intervento di rete, nel lungo periodo?
Perché?
La verità bambino mio è che stiamo indebitando te e i tuoi compagni di classe presenti e futuri, e non sappiamo neanche bene noi perché. Come vedrai crescendo, le difficoltà nella vita aumenteranno e le paure con loro. La paura di rischiare e di perdere quel poco che si è guadagnato, a volte anche cedendo.
Ed oggi, come non mai dagli anni ’70, tutti si illudono di poter diventare qualsiasi cosa, ma la maggior parte finisce per essere niente. Niente perché le radici sono state sostituite da reti senza linfa. Niente perché non c’è un ideale, né una visione politica, che diano un senso al sacrificio e possano sostenere nelle cadute, attraverso il gruppo ed una più ampia comunità, in cui il riconoscimento è la forza.
Niente perché la disgregazione incattivisce e la superficialità è l’illusione spettacolarizzata di memizzare le proprie miserie.
Eppure se io e te siamo presenti a noi stessi, e se ciascuno, coi propri bisogni e le proprie possibilità, cerca di evolversi, di trasformarsi e trasformare per il bene comune, niente sarà del tutto vano. Andremo controcorrente, facendoci scudo con la nostra integrità ritrovata. Così potremo gettare le fondamenta per il nuovo umanesimo che verrà, in cui sarà il pensiero non asservito a dominare la tecnologia, ora in balia degli istinti e dell’anarchia del potere.
Note
1 https://www.latteseditori.it/images/SCAR.3_Recenti_ricerche_sul_livello_di_burnout_nei_docenti_italiani.pdf
2 https://anief.org/normativa/giurisprudenza/51951-scuola-–-stipendi-netti-docenti-italiani,-confronto-con-paesi-ue-impietoso-a-fine-carriera-2-000-euro-contro-3-000-in-francia-e-più-di-5-000-in-germania-anief-ai-precari-ancora-meno,-subito-interventi-straordinari#:~:text=Il%20giorno%20dopo%20la%20Giornata,Italia%20a%20poco%20più%20di
3 https://www.legambiente.it/comunicati-stampa/ecosistema-scuola-2024-xxiv-rapporto/
4 https://anief.org/normativa/legislazione/52796-istruzione-personale-ata,-la-mannaia-dei-tagli-spazzerà-via-due-unità-lavorative-a-scuola-13-000-posti-in-meno-tra-stop-organico-aggiuntivo,-riduzioni-in-legge-di-bilancio-e-mancata-copertura-dei-distaccati-le-proteste-anief
5 https://www.orizzontescuola.it/il-lavoro-sommerso-dei-docenti-altro-che-solo-18-ore-a-settinana-oltre-1500-ore-allanno-in-piu-di-servizio-non-retribuito/
6 https://www.legambiente.it/rapporti-e-osservatori/ecosistema-scuola/
7 https://disturbispecificidiapprendimento.it/la-scrittura-in-corsivo-utile-per-favorire-lapprendimento/
8 https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15823243/
9 https://pmc.ncbi.nlm.nih.gov/articles/PMC4274624/
10 https://www.oecd.org/en/publications/survey-of-adults-skills-2023-country-notes_ab4f6b8c-en/italy_b03d6066-en.html
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento