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22/02/2025

L’Unione Europea cerca un ombrello nucleare

L’“aspirante super-stato” chiamato Unione Europa deve rapidamente metabolizzare il fatto d’“esser rimasto solo” (citazione dai Soliti ignoti) con l’ascesa bis di Donald Trump al trono degli Stati Uniti.

Quella che non era mai stata una preoccupazione principale – la “sicurezza militare” a Est, in funzione apertamente anti-russa – diventa ora un elemento di discussione da cui sembrano però mancare i requisiti principali (che sono ovviamente l’unità di intenti, l’omogeneità dei mezzi e la disponibilità di spesa).

Ma se la Nato tramite gli USA non garantisce più la “copertura nucleare” ai paesi europei – Trump, Vance e persino Hegseth hanno messo in mora l’art. 5 del trattato istitutivo, che obbliga tutti ad intervenire in caso di aggressione ad uno dei paesi membri – questa copertura dovrebbe essere comunque assicurata in qualche modo. Autonomo...

Il candidato principale alla carica di nuovo Cancelliere tedesco, Friedrich Merz, prima ancora di conoscere il risultato delle elezioni si è portato avanti col lavoro, prospettando quello che rappresenterebbe un enorme cambiamento di posizione. Merz ha dichiarato infatti che il continente deve trovare nuovi modi per difendersi senza il supporto militare degli Stati Uniti, spiegando che il suo paese dovrà guardare verso Gran Bretagna e Francia, per garantire la sicurezza nucleare. Con Trump, ha detto, “non ci si può più fidare dell’America”.

“Dobbiamo avviare discussioni sia con i britannici che con i francesi – le due potenze nucleari europee – per capire se la condivisione nucleare, o almeno la sicurezza nucleare da parte del Regno Unito e della Francia, potrebbe applicarsi anche a noi”.

I problemi sono però numerosi e giganteschi. Il primo riguarda proprio la posizione storicamente assunta dalla Germania in materia, con una pluridecennale resistenza ai piani francesi per una più stretta cooperazione militare europea, specialmente in materia di difesa nucleare. E soprattutto lo hanno fatto i Cristiano-Democratici, tradizionalmente più legati alle relazioni con gli Stati Uniti e freddi verso l’“autonomia strategica” dagli Usa.

Il secondo, sicuramente più rilevante, è che la Gran Bretagna – con la Brexit – si è posta fuori dal perimetro politico della UE, e un’alleanza solo militar-nucleare con il paese che più di tutti ha rappresentato l’America in Europa appare un tantinello “originale”. Tanto meno, nel ruolo di “europeo”, può esser credibile l’attuale premier “laburista” Starmer, sempre sdraiato sulle posizioni Usa e ora in grande difficoltà, visto che il duo Musk-Trump sostiene apertamente l’ultradestra inglese (da Nigel Farage, il “Brexiter” che aveva raggiunto l’obiettivo senza neanche diventare premier, a un fascista dichiarato momentaneamente in prigione).

Ma i primi due sono problemi minori rispetto al terzo, brutalmente materiale e tecnologico. Gli arsenali nucleari di Parigi e Londra sono ben poca cosa rispetto a quelli russi (e statunitensi), ed anche i loro missili non sono da tempo al top della tecnologia nel settore. Mentre la Russia ha dimostrato – lanciando un solo Oreshnik sull’Ucraina – di poter schierare già ora missili ipersonici attualmente non intercettabili anche dai più moderni sistemi statunitensi.

Anche investendo in nuove tecnologie di lancio buona parte di quel che si prevede di spendere in più per la difesa, servirebbero anni per allestire qualcosa all’altezza della “concorrenza”. Ma non è affatto detto che quella resterà ferma, senza sfruttare nel frattempo le conoscenze già acquisite.

Per il momento, le parole di Merz trovano l’attenzione francese. Macron aveva già fatto nel 2020 un importante tentativo di promuovere l’idea di una deterrenza nucleare francese “europeizzata”, e un funzionario dell’Eliseo ha affermato che le dichiarazioni di Merz mostrano che il supporto sta finalmente crescendo.

“In risposta all’invito della Francia ai suoi partner a discutere del significato del discorso del presidente nel febbraio 2020 e della dimensione europea della deterrenza [francese], abbiamo notato che l’interesse è solo aumentato, in particolare dopo la guerra in Ucraina”, ha detto un funzionario dell’ufficio presidenziale.

Anche alcuni dei suoi avversari politici – Le Pen e i “socialisti” alla Hollande e Glucksmann – riconoscono in privato che parlare con britannici e francesi di protezione nucleare sarebbe un “passo sensato”.

“Che un futuro cancelliere, capo dei [Cristiano-Democratici], dica una cosa del genere è enorme, non ricordo nulla di simile nel periodo post-seconda guerra mondiale, ma è proporzionale allo shock causato dalle dichiarazioni [americane]”, ha detto un funzionario francese che si occupa di politica militare, che ha chiesto però l’anonimato.

“In un certo senso, ciò che sta accadendo è un po’ positivo. Per decenni, sotto le spoglie del transatlantismo, abbiamo perso interesse nella difesa e lasciato che fossero gli Stati Uniti a decidere. È anche un’opportunità per l’Europa di prendere in mano la situazione”.

Ma ci sono anche gli ostacoli posti dalle diverse opinioni pubbliche europee. C‘è per esempio scetticismo sul fatto che l’opinione pubblica francese possa sostenere l’espansione degli obblighi nucleari del paese per coprire la Germania nel modo immaginato da Merz.

Tanto più che Parigi ha sempre costruito la propria deterrenza nucleare per proteggere innanzitutto la sola Francia, ma senza mai impegnarsi nella pianificazione nucleare congiunta della NATO, come invece avevano fatto i britannici.

Insomma: l’idea “unitaria” può facilmente affascinare gli opinionisti un tanto al chilo che dominano sui media mainstream, ma la strada concreta appare decisamente più ripida e dissestata...

Forse un’alternativa non bellicista e finalmente davvero autonoma – sia dagli Stati Uniti che dalle grandi multinazionali industriali e finanziarie – sarebbe decisamente più realistica. Ed anche economicamente vantaggiosa...

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