Il segretario di Stato USA Marco Rubio da ieri è a Riad dove ha incontrato il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman. Oggi è attesa la delegazione russa guidata dal ministro degli Esteri Lavrov per discutere con quella statunitense, anche ma non solo, l’avvio di un negoziato per porre fine alla guerra in Ucraina. Domani arriverà anche il presidente ucraino Zelenski ma i delegati russi e statunitensi se ne saranno già andati via, la sua presenza ai colloqui sull’Ucraina non è infatti prevista.
Le condizioni principali del negoziato sull’Ucraina sembrano già delineate in anticipo: la Russia non discuterà alcuna concessione territoriale o scambio di territori con Kursk e la smilitarizzazione dell’Ucraina è ancora sul tavolo. Il che sembra sottintendere che il vero scopo di queste negoziazioni non sia quello di decidere o concludere qualcosa, ma di iniziare molto gradualmente a scongelare le relazioni tra Russia e Stati Uniti, come primo passo di una “normalizzazione”. Stando alle dichiarazioni del portavoce del Cremlino, Lavrov e Ushakov sono volati a Riad per discutere del ripristino di relazioni amichevoli e reciprocamente vantaggiose tra USA e Russia e non dell’Ucraina con la sua ormai superata lista dei desideri.
Ma la foto del vertice tra USA e Russia a Riad dimostra che il giovane principe saudita si sta rivelando così – e da tempo – il crocevia delle trattative su un anello di conflitti che si estende dall’Ucraina a Gaza. “L‘Arabia Saudita è emersa come un comodo mediatore per l’amministrazione Trump, un riflesso della rapidità con cui la politica estera degli Stati Uniti si è orientata nell’Europa orientale” commenta il Middle East Eye.
Occorre rammentare che l‘Arabia Saudita ha ricevuto il presidente russo Putin in visita nel 2023, quando l’amministrazione Biden stava facendo pressioni sui suoi partner per isolare la Russia a livello internazionale. Ora, con Trump in carica e gli alleati europei della Nato messi da parte, Riad sembra essere il terreno neutrale preferito dal Cremlino e da Washington per iniziare a discutere la fine della guerra in Ucraina, colloqui storici che secondo molti analisti potrebbero riscrivere l’architettura della sicurezza dell’Europa.
Ma se sul negoziato sull’Ucraina l’Arabia Saudita sembra essere ospitale, defilata e allineata, su altri teatri di crisi il principe ereditario Mohammed bin Salman appare un soggetto attivo e ufficialmente in contrasto con l’amministrazione Trump.
Il segretario di Stato USA Rubio è arrivato in Arabia Saudita come tappa del più ampio viaggio in Medio Oriente in cui il primo passaggio è stato Israele. Netanyahu si è aggrappato al controverso piano di Trump per “prendere il controllo” di Gaza e sfollare con la forza i suoi abitanti palestinesi. “Dopo la guerra a Gaza, non ci sarà né Hamas né l’Autorità Palestinese. Sono impegnato nel piano del presidente degli Stati Uniti Trump per la creazione di una Gaza diversa”, ha dichiarato Netanyahu lunedì fianco a fianco a Rubio. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciato la creazione di un organismo per facilitare l'“emigrazione volontaria” dei palestinesi da Gaza via terra, mare e aria.
Ma l‘Arabia Saudita finora si è opposta con forza a questi piani. Riad ha ribadito i suoi prerequisiti per normalizzare le relazioni con Israele, riaffermando che un tale passo sarebbe avvenuto solo dopo la creazione di uno Stato palestinese. A tale scopo ha dato vita a quella che definisce “un’alleanza globale” a sostegno della soluzione dei due stati e intende ospitare un vertice di cinque paesi arabi coinvolti tra cui Egitto e Giordania, oltre a se stessa, il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti.
L’Arabia Saudita ospiterà giovedì prossimo il vertice arabo per discutere le proposte per Gaza dopo la guerra. Le posizioni al momento non sono però omogenee. L’altra petromonarchia del Golfo “amica-nemica” dell’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, si è detta già disponibile alla proposta statunitense su Gaza. L’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti negli Stati Uniti ha detto di non vedere “alcuna alternativa” al piano di Trump. La provocazione di Netanyahu in cui invitava i palestinesi a stabilirsi in “un paese del Golfo” – l’Arabia Saudita, ndr – è stata invece accolta con una risposta furiosa dai media sauditi.
Molti analisti stanno ancora cercando di decifrare quanta parte della retorica del principe ereditario sia per uso interno o per una posizione negoziale nei confronti degli Stati Uniti. Il principe ereditario ha detto pubblicamente che Israele ha commesso un genocidio a Gaza. “In un potenziale accenno alle tensioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita, i comunicati stampa di entrambi i paesi sono stati insolitamente brevi. Il Dipartimento di Stato non ha menzionato il ruolo di mediatore dell’Arabia Saudita con la Russia per l’incontro di oggi a Riad né ha menzionato il popolo palestinese” sottolinea Middle East Eye.
Ci sono poi diversi dossier aperti su cui Arabia Saudita e Stati Uniti divergono. Sebbene Riad abbia sostenuto nel 2018 la decisione dell’amministrazione Trump di abbandonare l’accordo nucleare con l’Iran, nel 2022 l’Arabia Saudita ha deciso di normalizzare i legami con la Repubblica islamica iraniana attraverso la diplomazia e i buoni uffici della Cina. Anche se Riad sta cercando di indebolire l’influenza iraniana sia in Siria che in Libano, c’è la decisione dell’Arabia Saudita di sedare il conflitto nello Yemen e di continuare a impedire agli Stati Uniti di lanciare attacchi contro gli Houthi dalle basi aeree USA presenti nel paese, un punto particolarmente dolente nella relazione bilaterale tra Riad e Washington. Ad agosto del 2023 l’Arabia Saudita, con una mossa decisamente a sorpresa, ha poi deciso di aderire ai BRICS. Riad ha infine ignorato l’appello di Trump del mese scorso a pompare più petrolio e a farne scendere il prezzo.
Nonostante Trump gli USA dovranno abituarsi all’idea che molte cose stanno cambiando, anche nei quadranti nei quali erano soliti trovare interlocutori acquiescenti.
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