Gli “eliminati” non hanno ancora metabolizzato la scoppola ricevuta dal “fratello più grande” – gli Stati Uniti – e hanno chiuso il loro vertice dei disperati, ieri a Parigi, con il più classico dei nulla di fatto.
Non un’idea, non una proposta realistica, non un accenno di autocritica per la presunzione insensata che li ha guidati negli ultimi anni e che li ha condotti nell’attuale cul de sac.
Ogni “leader” presente alla “riunione informale” – il formato in cui è avvenuta non rientra in nessuna casistica dell’Unione Europea, a cominciare dalla presenza dalla Gran Bretagna, reduce dalla Brexit – ha detto una cosa diversa. E dire che Macron l’aveva indetta così, “ristretta”, per avere “un attore geopolitico coeso senza farsi sopraffare dagli eventi”.
Nelle tre ore e mezzo di discussione, al centro c’è stata l’idea di inviare truppe europee in Ucraina, separando fin da subito le opinioni, nonostante Donald Trump (anche tramite i suoi inviati, J.D.Vance e Hegseth) avesse già escluso categoricamente sia l’invio di forze statunitensi che l’adesione dell’Ucraina alla NATO, cancellando anche l’art. 5 (mutua difesa in caso di attacco esterno) e quindi la strategica copertura aereo-satellitare-nucleare statunitense.
Insomma: questi tonti si sono messi a discutere di entrare in guerra nudi, perché è chiaro a tutto il mondo – e dovrebbe esserlo anche a loro – che l’attuale “forza militare” europea semplicemente non esiste a confronto sia della Russia che degli Usa (se dovessero ricorrere alle maniere forti per prendersi la Groenlandia).
Il più lucido, o meno confuso, è così sembrato il cancelliere tedesco Olaf Scholz: «Credo che sia del tutto prematuro e inappropriato parlarne ora. Non siamo ancora alla pace, ma nel mezzo di una guerra che la Russia sta ancora portando avanti». Ma anche lui, che comunque da lunedì prossimo sarà un ex ininfluente, non ha ancora preso atto della rottura tra le due sponde dell’Atlantico: “Non deve esserci alcuna divisione di sicurezza e responsabilità tra Europa e Stati Uniti”. Lo dicesse a Trump...
Boccheggiante come un pesce fuor d’acqua l’inglese Starmer, chissà perché considerato un “laburista”, che si è dichiarato pronto ad inviare 10.000 soldati a Kiev, pur sottolineando che ciò potrebbe accadere solo se gli Stati Uniti partecipassero a qualsiasi forza di mantenimento della pace. In pratica, una condizione improbabile che annulla subito la “disponibilità”.
Di Meloni nessuna traccia. Persino la foto ufficiale del vertice la vede oggetto estraneo, intenta a compulsare lo smartphone mentre gli altri accennano un sorriso di circostanza. Al massimo le cronache riferiscono che quella proposta è per lei una «soluzione inefficace», perché “non c’è sicurezza in Europa senza gli Stati Uniti”, che anzi non andrebbero troppo criticati per non allargare il fossato (che loro stessi hanno scavato).
Imbarazzo sul punto anche per la Spagna, altrettanto silenziosa nelle dichiarazioni post vertice.
Sotto choc il polacco Tusk, l’“europeista combattente” che solo qualche giorno fa sembrava sul punto di dichiarare guerra alla Russia, ma che ora sta rinculando a velocità supersonica. “Non prevediamo di inviare soldati polacchi in Ucraina”, ha dichiarato, lasciando poi il compito di dettagliare meglio a un suo funzionario: “I francesi sono lontani, quindi possono inviare soldati in Ucraina; noi siamo vicini, quindi non possiamo”. Questioni di gittata missilistica, probabilmente...
Tutti insieme, poi, hanno dovuto affrontare l’ultimo insulto sparato da Trump. Gli Stati Uniti hanno infatti inviato “un questionario” ai paesi europei della NATO chiedendo loro di specificare cosa sarebbero disposti a offrire per far rispettare un accordo di pace e cosa si aspettano dagli Usa.
Una autentica novità in fatto di relazioni diplomatiche tra alleati. Di fatto più una lettera pre-licenziamento ai “dipendenti”, in cui si specifica che non solo non prenderanno parte alle trattative di pace con la Russia, ma che se saranno troppo “tiepidi” nell’offrirsi come camerieri vedranno chiudersi ogni spiraglio di migliori rapporti con “il nuovo sceriffo” di Washington.
L’unico punto su cui c’è stato uno straccio di consenso è l’aumento delle spese militari, sia per continuare a sostenere l’Ucraina – fin quando i due veri “grandi” non si saranno messi d’accordo – sia per irrobustire la capacità degli arsenali continentali.
Il che ha permesso ad Ursula von der Leyen, a fine riunione, di sparare la solita scemenza priva di senso: «L’Ucraina merita una pace ottenuta grazie alla forza». Detto da chi la forza non ce l’ha e non ce la può mettere...
Questo è ciò che resta del “meglio” dell’Unione Europea. Nei prossimi giorni e settimane ne vedremo probabilmente di bellissime, sull’onda e a rimorchio di quello che si diranno Usa e Russia.
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