Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

20/02/2025

C’era una volta l’asse euro-atlantico...

Il delirio è totale. Il primo mese della presidenza Trump è stato un concentrato di azioni devastanti per l’ordine internazionale del secondo dopoguerra e per lo stesso “ordine unipolare” derivato dal crollo dell’Unione Sovietica.

Allo stesso tempo è stato altrettanto devastante per l’ordinamento interno degli Stati Uniti, dove agenzie fondamentali per l’azione internazionale “imperiale” – come UsAid – vengono chiuse con un click, il dipartimento dell’istruzione viene avviato sulla stessa strada, decina di migliaia di dipendenti pubblici vengono licenziati in tronco, così come i magistrati di diverso orientamento giudiziario e politico. E persino corpi fetidi come l’Fbi o la Cia si apprestano a subire il “repulisti” promesso fin dalla campagna elettorale.

Ma è chiaro che per “noi europei” l’elemento per ora decisivo è il rovesciamento di posizione degli Stati Uniti rispetto all’Ucraina, perché implica una marea di altri rovesciamenti. Non ultima l’idea stessa di “Occidente” neoliberista, “democratico”, rispettoso dell’ordine internazionale che gli Usa hanno determinato nel secondo dopoguerra.

Il vertice di Riad tra i due ministri degli esteri – Rubio e Lavrov – aveva già fatto capire che il problema principale, per le due superpotenze nucleari, è la ripresa di normali relazioni diplomatiche, l’abolizione delle sanzioni e delle controsanzioni. Mentre la guerra diventa un problema imbarazzante, certo, ma da risolvere parlandosi e decidendo sulla testa sia di Kiev che degli “alleati” europei, coinvolti loro malgrado (o con il loro entusiastico apporto, come per Polonia e baltici) dalla precedente amministrazione Biden.

Il patatrac di queste ore è noto. Donald Trump ha pesantemente scaricato Zelenskij e quindi anche la giunta nazigolpista di Kiev definendo il presunto leader un “dittatore senza elezioni e comico di modesto successo” che ha raggirato l’anziano Biden e fatto sparire un centinaio di miliardi di aiuti, ma che nel suo stesso paese godrebbe di appena il 4% di consensi.

Un modo piuttosto ruvido di “mettere a posto” l’iperfinanziato presidente di un paese completamente dipendente dagli aiuti militari e finanziari occidentali (soprattutto statunitensi, quanto a copertura satellitare e fornitura di informazioni per il combattimento), ma che si era permesso nelle ore precedenti di definire Trump come “prigioniero della bolla di disinformazione russa” e di “mettere in guardia chiunque dal fare trattative di pace sulla testa degli ucraini”.

I rapporti internazionali, anche prima del tifone Trump, si reggono da sempre sulla consapevolezza piena di ogni paese e di ogni leader circa il proprio peso specifico, nonché ovviamente dei rapporti di forza. Sia con il nemico che con gli alleati. E se sei completamente dipendente dagli aiuti esteri – anche a prescindere dalle “promesse fatte” da un presidente uscito di scena – lo spirito di sopravvivenza dovrebbe consigliare sempre un po’ di prudenza e molta modestia.

L’osannato Zelenskij – “eroe della resistenza” in funzione anti-russa e solo finché è servito in questo ruolo – ha dimostrato di non esser fornito delle doti minime necessarie per stare in un agone di alto livello. Finché tutto l’Occidente lo faceva parlare h24 su tutti i media, e rispettava fin nei dettagli i desiderata dell’alleato yankee, è sembrato credibile. Al primo contrasto serio è di fatto saltato su una mina.

Ma non è certamente il suo destino il problema principale. Per nessuno. Neanche per gli “alleati” europei, spiazzati e sconvolti ancora più dell’ex attore comico. Al massimo resta un sempre più vistoso imbarazzo per gli intrattenitori dei media, di solito incapaci di cambiare “narrazione” finché non arrivano ordini chiari dalla proprietà...

Il problema strategico – inatteso – è che è saltato l’ordine internazionale esistente. Anzi. A voler essere più precisi, si sta spezzando l’asse euro-atlantico. Ma soltanto quello. Il resto del mondo – Cina, India, Russia, l’universo islamico con le sue divisioni, ecc. – è rimasto esattamente come prima.

È insomma la crisi dell’“Occidente collettivo” che bisogna mettere sotto la lente.

Tutte le certezze pluridecennali sono improvvisamente diventate evanescenti. La solidità del rapporto tra le due sponde dell’Atlantico, la consistenza reale della Nato senza più il collante della “mutua assistenza” (l’art. 5), i dazi già decisi dagli Usa e quelli annunciati (che colpiranno soprattutto l’Europa), una politica monetaria Usa tesa a “far pagare a noi una parte consistente del loro debito pubblico”...

Una tragedia che si somma alle rotture fatte per inseguire la politica guerrafondaia “democratica” statunitense, ossia le sanzioni alla Russia (che sono state in realtà “auto-mutilazioni” europee), e poi alla Cina, il silenzio sul genocidio a Gaza che ha alienato buona parte dell’immenso mondo islamico (2 miliardi di persone).

Gli alleati europei, che avevano supinamente servito la precedente strategia Usa, sembrano ora pugili suonati che menano pugni a vuoto e scuotono la testa mentre si muovono malfermi sulle gambe, a occhi chiusi. Isolati nel mondo e senza più il padre-padrone. Brutta condizione, in effetti...

Avevano ammannito alle rispettive opinioni pubbliche una “narrazione” che pretendeva di essere contemporaneamente “etica” e belligerante, “autentica” e infarcita di fact checker pronti a dichiarare falsa qualsiasi informazione fuori dal coro, piena di “valori” nominati ma non più praticati...

Il risultato, come vediamo oggi, è devastante.

Così abbiamo leader e opinionisti “democratici” che esaltano il comprensibile impazzimento di Zelenskij e della junta nazigolpista di Kiev – improvvisamente privati della certezza di rifornimenti militari, soldi, copertura satellitare – nell’illusione che costoro possano boicottare militarmente l’abbozzo di “trattativa di pace” che sembra essere iniziata con il vertice di Riad.

Nella folle illusione, insomma, che la guerra possa proseguire checché decidano Stati Uniti e Russia, sostituendo con i propri – scarsi e non omogenei – mezzi militari quel che gli Stati Uniti probabilmente hanno già cominciato a lesinare all’“ingrato” vassallo ucraino.

Sono andate in questa direzione, per qualche ora, le surreali discussioni a Parigi sull’ipotetico invio di militari della UE come improbabili peacekeepers in Ucraina, come se per tre anni non fossero stati co-belligeranti contro Mosca. Come se la patente di “europei” li potesse proteggere più di quanto non accade agli ucraini.

Non accadrà nulla di tutto questo, pensiamo, perché nessuno può seriamente credere che Kiev possa andare avanti da sola con lo zoppicante sostegno europeo. Men che mai i soldati in prima linea, non appena sapranno che hanno combattuto e si chiede ancora loro di morire soltanto per garantire che le risorse minerarie ucraine possano esser sfruttate dai due litiganti: europei e americani.

Gli ultradestri “nazionalisti” o apertamente fascisti, che fino a pochi giorni fa erano sulla stessa linea del “fronte”, non a caso ora tacciono all’unisono, in evidente attesa di capire se e quanto lo strappo europeo con il “nuovo sceriffo di Washington” sia reale, definitivo, recuperabile, condizionato, costoso.

La devastazione più grande è nei cervelli, però. Nelle idee ormai invalidate. Nelle parole che, a forza di essere utilizzate al contrario – ricordate la “guerra umanitaria”? O il “diritto di ingerenza umanitaria” al posto del “diritto all’autodeterminazione dei popoli”? – non significano più nulla e rendono così ogni ricerca di nuova consapevolezza un percorso ad ostacoli tra le rovine della “civiltà liberale occidentale”.

Se dovessimo davvero credere alle dichiarazioni dei piccoli leader che vagano nella nebbia, o agli ancor più sbandati “opinionisti mainstream”, ne risulterebbe che fermare la guerra in Ucraina è “di destra”, mentre continuarla “fino all’ultimo ucraino” sarebbe “democratico”, anzi addirittura “di sinistra”.

Liberarsi di questa gentaglia è necessario e possibile, adesso. Liberarsi delle loro idee marcite è il primo indispensabile passo per recuperare il senso di sé, degli interessi popolari contrapposti a quello dei tecno-miliardari e finanzieri, di una prospettiva di sopravvivenza e sviluppo che non passa più per i meandri sotterranei dell’“Occidente collettivo” ormai allo sbando.

C’è vita – per tutti i popoli – solo fuori da questa melma.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento