A partire da San Valentino, il fine settimana argentino è stato scosso dallo scandalo sull’evidente truffa costruita intorno a una criptovaluta di cui il presidente Milei è stato protagonista attivo – quanto consapevolmente, e nel caso come, dovrà essere un giudice a stabilirlo, nel caso in cui riescano a portarlo in un’aula di tribunale.
Ma tutta la vicenda si è svolta sullo sfondo delle modalità di funzionamento del mercato finanziario, e anche in contemporanea ad alcuni sommovimenti del settore specifico, su cui anche il governatore di Bankitalia Panetta ha avuto da dire più di qualcosa, un paio di giorni fa. Ma prima di tutto, i fatti.
La sera del 14 febbraio, Milei ha pubblicato un post su X nel quale rilanciava una criptovaluta dal nome $Libra, affermando che tramite di essa sarebbero state finanziate piccole imprese e l’economia in generale. “L’Argentina liberale – ha scritto – cresce!!!”. In pochissimo tempo, tutti si sono resi conto di chi ha fatto crescere questa pubblicità.
In poche ore, infatti, in tanti hanno cominciato a investire su questa moneta, che ha raggiunto il valore di mercato di 4,6 miliardi, per poi crollare velocemente non appena sono cominciate le vendite in massa. Pablo Sabbatella, esperto del settore, ha detto alla CNN che ci troviamo di fronte al tipico fenomeno “pump and dump”, “gonfia e sgonfia”.
“Consiste – ha spiegato – nel far lievitare artificialmente il prezzo di un’azione a bassa capitalizzazione con l’obiettivo finale di vendere titoli azionari acquistati a buon mercato ad un prezzo superiore”. Una pratica ben conosciuta nel mondo delle bolle speculative, e che ora si ripresenta anche in quello delle criptovalute.
$Libra è così passato dall’essere una novità al valere oltre 4 miliardi e mezzo di dollari, per poi sfumare nuovamente nel nulla, allo stesso modo dei soldi di 40 mila investitori. Esclusi i cinque portafogli in cui era concentrato l’80% della criptovaluta, che sono poi i conti da cui è partita la vendita di massa col conseguente crollo.
Reuters ha confermato che lunedì è stata avviata un’indagine sull’operato di Milei, che nel frattempo ha cancellato il post. Sempre ieri, il presidente argentino ha rotto il silenzio per difendersi nel modo più spregiudicato possibile, che poi fa il paio con le regole del libero mercato.
“Non l’ho promossa, ma solo divulgata” ha detto, giocando sul filo delle parole. E si è poi lanciato quasi in una lezione sull’economia di oggi: “se vai al casinò e perdi soldi, che diritti hai?” Ha poi derubricato gli eventi a “una questione tra privati”, mettendo in chiaro che “lo Stato non è coinvolto nella vicenda”... a parte lui, ovviamente.
Intanto, l’indice Merval della Borsa di Buenos Aires ha segnato un negativo del 5,6%, e Milei non ha potuto negare di aver incontrato ben due volte l’amministratore delegato dell’azienda dietro $Libra, Kip Network, una a ottobre e una a gennaio. Tempistiche sui cui è difficile non insospettirsi.
L’opposizione ha accusato il presidente di aver violato la normativa sull’etica pubblica, che all’articolo 2 stabilisce che i funzionari devono “astenersi dall’utilizzare le strutture e i servizi dello Stato per il proprio beneficio personale o per quello dei propri familiari, amici o persone estranee alla loro funzione ufficiale, al fine di sostenere o promuovere qualsiasi prodotto, servizio o azienda”.
Ma al di là degli aspetti legali, di cui si occuperà appunto un giudice già designato per le indagini, c’è un enorme ‘elefante nella stanza’ in tutta questa vicenda. Anzi, ce ne sono due. Il primo lo ha ammesso in tutta semplicità Milei stesso: “è il mercato, bellezza!”, cioè è lo stesso sistema finanziario che si fonda largamente su questi giochi speculativi.
Possiamo dibattere se Milei abbia o meno rispettato ‘l’etica’ del funzionario pubblico nell’utilizzo del suo profilo personale di X, ma nessuno mette in dubbio il funzionamento stesso del mercato, in un’epoca in cui le transazioni avvengono alla velocità della luce e in cui, perciò, a comandare sono coloro che possiedono ‘l’infrastruttura’ necessaria a gestire operazioni di tal genere.
Non è un caso che ad offrire il sostegno tecnologico necessario all’operazione $Libra sia stata la Kelsier Ventures, che l’amministratore delegato ha confermato essere dietro anche alla creazione della criptovaluta della first lady statunitense Melania Trump, lanciata poche ore prima dell’insediamento di “The Donald”, raggiungendo i 13 miliardi di valore per poi crollare velocemente del 99%.
Ciò lascia intravedere importanti connessioni tra Buenos Aires e Washington dietro la vicenda, e ci ricorda anche come “il mercato” sia un’astrazione dietro cui si nascondono operatori ben definiti, legati a gruppi di potere ben consolidati e inseriti in pezzi di stato, in questo caso nel più finanziarizzato al mondo.
Ma il secondo ‘elefante’ riguarda una questione più sottile, che ha molto a che vedere con la competizione globale che sta diventando un incendio tra le due sponde dell’Atlantico. Lo ha messo nero su bianco il governatore di Bankitalia Fabio Panetta a un convegno torinese di operatori finanziari, svoltosi qualche giorno fa.
La liberalità con cui nascono, crescono, si diffondono e muoiono queste nuove forme di ‘valuta’ è stata stigmatizzata da Panetta, che ha poi chiarito come, a suo avviso, il pericolo è che anche i giganti della Big Tech possano cominciare ad emettere criptovalute, con tutta la potenza di fuoco che deriva dal loro nome e dai loro patrimoni.
La vera preoccupazione, mal celata, è quella che possano accaparrarsi una fetta importante dei pagamenti che avvengono in Europa, che è poi il centro della politica sulle stablecoin adottata da Trump fin dal primo giorno alla Casa Bianca. Importanti capitali si sposterebbero verso gli States, con conseguente rafforzamento del dollaro e un’ulteriore ipoteca sul progetto europeo.
“Le banche commerciali rischierebbero di perdere una parte importante delle loro funzioni”, ha detto il governatore di Bankitalia. Ha poi aggiunto: “le banche centrali, responsabili del buon funzionamento del sistema dei pagamenti, si troverebbero a operare in un contesto in cui pochi soggetti privati, magari esteri, avrebbero un ruolo così rilevante da compromettere la stabilità del sistema in caso di incidenti. I rischi per il sistema dei pagamenti e i mercati finanziari sarebbero dunque considerevoli”.
Lo scandalo in cui è coinvolto Milei ha certo un grande impatto nella politica interna del paese, e parla anche della logica con cui funziona il mercato finanziario, e chi lo comanda. Ma a proposito di quest’ultimo tema, appare chiaro che la sfida è di portata maggiore e Bankitalia l’ha reso in maniera chiara, al di là del caso specifico.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento