Revanscismo e xenofobia in una Germania riunificata
Per capire la situazione politica tedesca, bisogna considerare che la Germania vive ancora una situazione politica dicotomica, situazione che si è venuta a creare con la caduta del muro di Berlino e la riunificazione delle due Germanie, quella dell’est, la DDR sotto la sfera sovietica, e la Germania dell’ovest costituita dalla Repubblica Federale democratica.
Uno sguardo retrospettivo alla Germania, al di là del secondo dopoguerra, mostra che i tedeschi della Repubblica Federale hanno preso coscienza con sgomento di ciò che è accaduto durante il Terzo Reich. Il senso profondo di colpa che li ha invasi ha condizionato lo sviluppo culturale e il senso di sé nazionale dei tedeschi occidentali al di là del secondo conflitto.
Almeno per due generazioni, nelle scuole di alcuni lander gli studenti sono stati coinvolti in dibattiti sul razzismo, hanno assistito ai documentari sui campi di sterminio e si è insegnato loro ad atteggiarsi con umiltà nei confronti dei cittadini della Francia e del Regno Unito, Paesi devastati dalla Germania. Nella messa in discussione dei presupposti ideologici del nazionalsocialismo tedesco, le nuove generazioni della Germania dell’Ovest si sono aperte all’Europa e al confronto con le altre culture.
La separazione delle due Germanie ha posto i tedeschi occidentali costantemente di fronte a due realtà, il totalitarismo del regime comunista [1] e le libertà democratiche proiettate nella dimensione europea. A questo bisogna aggiungere che, nella fase di ricostruzione, la Germania occidentale è diventata sul piano politico, il punto di approdo di milioni di rifugiati politici fuggiti dall’Est verso la libertà, e sul piano economico centro di richiamo di manodopera dai Paesi del bacino del Mediterraneo, come l’Italia, la Grecia e dai Paesi islamici come la Turchia (con una presenza massiccia di turchi), dai Paesi arabi e africani.
Questo flusso di popolazione straniera andava incontro alle esigenze della Germania ovest, impoverita sul piano demografico dalla terribile falcidia della popolazione nel periodo bellico, e sollecitata dall’enorme compito della ricostruzione.
La convivenza tra autoctoni e stranieri, prima della riunificazione, non era caratterizzata da atteggiamenti razzisti e xenofobi e, salvo episodi circoscritti di intolleranza, era generalmente pacifica, pur senza una disposizione all’apertura culturale e all’integrazione, nonostante il forte conservatorismo alimentato dal partito cristiano-sociale di Strauss.
Nella DDR il passaggio alla sfera sovietica aveva annullato le atrocità del passato nazista dei tedeschi, aprendoli ad un’identità politica, economica, culturale dell’era comunista.
La riunificazione ha posto i tedeschi dell’una e dell’altra parte, con identità separate, come appartenenti a due mondi culturali, politici, economici, profondamente diversi.
D’altra parte, le popolazioni tedesche della DDR, di fronte alle aspettative di libertà, di democrazia, di autorealizzazione, di pari opportunità e benessere, coltivate nella DDR, si sono trovate, dopo la riunificazione, di fronte ad una realtà alquanto diversa rispetto alle aspettative. Nonostante gli sforzi del governo di Kohl, per supportare economicamente i tedeschi dell’Est, e per adeguare strutture e servizi ai livelli occidentali, i tempi sono stati molto lunghi. [2]
Di fatto, nella DDR il crollo dell’economia comunista, la chiusura di fabbriche e stabilimenti, hanno provocato al tempo della riunificazione, disoccupazione e mancanza di reddito, a fronte di una ricchezza e di un consumismo, nello stesso tempo a portata di mano e irraggiungibile.
I tedeschi della Germania dell’Est hanno vissuto una condizione di frustrante dipendenza, unita al risentimento, per il modo autoritario e sbrigativo, con cui il Governo federale è intervenuto nel sistema socio-economico orientale. Nonostante l’euforia idealistica che ha suscitato la caduta del muro, la riunificazione delle due Germanie ha messo in contatto generazioni di tedeschi che non si conoscevano, né si riconoscevano.
Sebbene il tempo passato dalla caduta del muro sia superiore a quello in cui le due Germanie sono state separate, esistono ancora pregiudizi tra gli abitanti della ex DDR (definiti i Wessi) e quelli della Germania Federale (definiti gli Ossi) [3]. Un sondaggio condotto a Berlino sulla percezione degli abitanti dell’una e dell’altra parte ha dato questi risultati: “Il 34% dei tedeschi dell’Est considera quelli dell’Ovest (Ossi) arroganti e presuntuosi.
La metà degli orientali (Wessi) pensa che vi siano profonde differenze di mentalità con i loro connazionali dell’Ovest. Pensiero ricambiato dal 53% dei tedeschi occidentali; tuttavia il 62% degli abitanti è sicuro che “le differenze di mentalità tra Est e Ovest sono destinate prima o poi a sparire, proprio come il Muro”.
Con la riunificazione delle due Germanie, lo scenario è cambiato di colpo e la violenza xenofoba ha acquistato una dimensione eclatante, tanto da sollecitare la popolazione di origine straniera a indire grandi manifestazioni di protesta.
Con la riunificazione, a una ridondanza di popolazione autoctona (la popolazione delle due parti della Germania riunificata) per il mercato del lavoro, sia intellettuale che tecnico, ha fatto riscontro la consistente presenza di forza lavoro straniera. In particolare le seconde generazioni di immigrati si consideravano tedesche, e come tali reclamavano la cittadinanza e, quindi, parità di diritti. A questa popolazione, si sono aggiunti i flussi massicci dei rifugiati politici dalle regioni del Terzo Mondo e, soprattutto, dai Paesi dell’Est ex sovietico.
Per quanto riguarda l’atteggiamento dei tedeschi riunificati verso l’Europa e gli stranieri, un’indicazione ci viene dal comportamento politico. Nonostante Kohl, nel momento della riunificazione, abbia coniato lo slogan che “unità tedesca e unione europea sono le due facce della stessa medaglia”, dalla Germania sono arrivate indicazioni contraddittorie.
Già nell’aprile 1992 l’elettorato esprimeva contemporaneamente un voto contro l’unità europea e contro lo straniero. Per la prima volta nei Parlamenti dei due importantissimi Lander della Germania occidentale, quello di Baden Württemberg e quello dello Schleswig-Holstein, è entrato un numero consistente di rappresentanti di due partiti dell’estrema destra, dichiaratamente nazionalisti, xenofobi e antieuropei, il partito Republikaner, nel primo, e, nel secondo, la Deutsche Volksunion (Unione del popolo tedesco), più radicale e sciovinista dell’altro partito, e con un accento vagamente nazista.
Il cavallo di battaglia vincente dei partiti dell’estrema destra è stato lo slogan “fuori gli stranieri!”.
I partiti di destra della Germania occidentale non hanno avuto, però, una grande presa sui tedeschi della ex Germania sovietica, nei quali rimane comunque un’identità politica propria che si richiama alla DDR. Di fatto i tedeschi orientali hanno manifestato la loro delusione e il dissenso con una politica che ha espresso una diversità che guarda al passato, un passato che ancora persiste nonostante siano trascorsi 35 anni dalla riunificazione.
È nel territorio della ex DDR che è nato il partito della Alternative Für Deutschland, partito che alle elezioni del 2017 ha ottenuto un grande successo, che si è rafforzato con l’elezione del settembre del 2019 superando il 20% dei consensi, soprattutto nei Land orientali della Sassonia e del Brandeburgo.
Per capire l’ideologia politica dell’AFD sono indicative la biografia e l’identità politica dei suoi deputati eletti: negazionisti dell’Olocausto, sostenitori di tesi xenofobe, complottisti, ex collaboratori della polizia segreta della DDR, nostalgici del nazionalsocialismo.
C’è da temere un cambiamento radicale nella politica democratica tedesca? Nonostante i successi della destra, la democrazia tedesca si è mantenuta al potere finora senza eccessivi scossoni come accaduto con Angela Merkel che dal 2018 ha tenuto alto il vessillo democratico [4], riconfermandosi al governo sino al 2021.
L’aggressione russa in Ucraina; le sanzioni contro la Russia (con la fine del rifornimento di gas e delle componenti energetiche); il sostegno militare all’Ucraina; la necessità di un maggior contributo alla Nato e il cordone ombelicale con gli Stati Uniti; hanno determinato una crisi economica e politica nella UE che ha coinvolto la Germania, crisi che in Germania ha inciso sulla crescita esponenziale dell’AFD. Di fatto nella stessa UE la crisi ha comportato una crescita delle destre. Si pensi ai sette paesi europei con governi di destra (Finlandia, Ungheria, Austria, Italia, Svezia, Paesi Bassi, Slovacchia).
La rinascita della Linke
In Germania, alla crisi economica, si è aggiunta la crisi politica che ha portato il cancelliere Scholz (SPD, verdi, indipendenti), succeduto alla Merkel, ad indire nuove elezioni il 23/02/2025, per eleggere i rappresentanti del Bundestag.
La situazione di crisi politica ed economica ha rafforzato ed aumentato le adesioni dell’elettorato tedesco all’AFD, un elettorato influenzato dai messaggi social di Elon Musk a favore dell’AFD, dopo le elezioni di Trump a presidente USA. Una Presidenza, tesa ad una politica finalizzata allo smembramento della UE, secondo il principio del divide et impera.
L’ascesa dell’AFD è stata tale che il capo del partito CDU, Friedrich Merz, politicamente molto influente, si è alleato con AFD per far passare al Bundestag una mozione antimigranti (20/01/2025). Mozione respinta.
Rispetto al pericolo di una estrema destra vincente alle prossime elezioni tedesche, ecco che si eleva la voce di una giovane tedesca della Germania dell’Est e rinasce e prende corpo la Linke, lo storico partito della sinistra tedesca. È boom tra i giovani. Le previsioni di voto pongono la Linke al 9% dei voti (nel Dicembre 2024 le previsioni di voto erano al 3%).
La porta bandiera della Linke è Heidi Reichinnek, classe 1988, nata a Merseburg, in Sassonia. Spitzenkandidatin del Linke al Bundestag, la Reichinnek è intervenuta contro Merz alleatosi con AFD, per far passare una mozione contro gli immigrati: “Che lei si stia alleando con un partito fascista è una vergogna. Mi rivolgo a voi cristiano-democratici che sedete in Parlamento. Siete ancora in tempo per evitare un errore storico. Fate marcia indietro... Signor Friedrich Merz, non mi aspetto delle scuse, mi aspetto che si dimetta”. Gli applausi nell’emiciclo all’intervento di Heidi sono stati trasversali. Il video del discorso è stato cliccato oltre 30 milioni di volte.
Heidi Reichinnek appartiene alla generazione nata prima della caduta del muro, che ha visto ancora bambina quanti persero il lavoro nella Germania dell’Est. “Le difficoltà della transizione dopo la caduta del muro, mi hanno dato una carica di energia – dice in un’intervista – che ha origine con la mia socializzazione nella Germania dell’Est”.
La rinascita della Linke trae la forza dall’adesione entusiasta delle nuove generazioni: “Siamo noi il vero muro contro i nazisti”.
Fonte
Note di redazione
[1]
Qui purtroppo l'autrice cade a piedi uniti nell'immaginario occidentale per cui tutto quello che esula dalla democrazia liberale e totalitario, quindi per definizione regressivo. Non esattamente la base analitica più feconda per tracciare i contorni della realtà che si osserva...
[2]
Qui si è ai limiti della mistificazioni, la ricerca economica e sociale racconta una realtà molto diversa, ben sintetizzata dal titolo i un ottimo testo sulla questione: Anschluss di Vladimiro Giacché.
[3] È il contrario: i tedeschi dell'est sono gli Ossis, i tedeschi dell'ovest sono i Wessis.
[4] Un po' come dire che nel corso del secondo dopoguerra, in Italia, la permanenza al potere della DC per quasi 40 anni è stato garanzia di democrazia... opinabile a dir poco.
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