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08/03/2013

La morte di Hugo Chavez: e ora?

Prima di ogni altra cosa, non è possibile scrivere all’indomani della morte del presidente Hugo Chavez, senza rappresentare la dimensione emozionale ed affettiva di quanto sta accadendo. Basti pensare alle prime commoventi immagini della prima enorme marcia che ha accompagnato Chavez dall’ospedale militare di Caracas dove è morto, all’accademia militare dove venerdì 8 Marzo verranno celebrati i funerali di stato. L'identificazione fra il popolo chavista ed il presidente, ancora prima che politica o ideologica, è affettiva ed emotiva. Non voglio qui scoprire l’acqua calda evidenziando la base emotiva sempre presente nei grandi processi politici di massa, ma semplicemente evidenziare un dato che differenzia Chavez da una parte non piccola dei leader della sinistra, non solo latinoamericana.

Chavez era molto amato, e stimato, per varie ragioni anche molto semplici: perché appariva sincero, un uomo sinceramente ed autenticamente interessato al futuro dei bambini e delle bambine del suo paese, uno che quando abbracciava la vecchietta in lacrime davanti alle telecamere, non lo faceva solo per prendere voti o perché consigliato da qualche agenzia di marketing politico. Inoltre Chavez era simpatico, un grande comunicatore e pedagogo, uno che lavorava e leggeva molto.

Hugo Raphael Chavez Frias nasce nello stato venezuelano di Barinas, il 28 Luglio del 1954, da una famiglia di insegnanti. Sin dalla giovanissima età, nel clima bollente degli anni ’60, viene a contatto con quegli ideali e quella cultura politica che poi segneranno il resto della sua vita, dall’insegnante marxista dei tempi del liceo, al fratello Adan militante in un piccolo partito della estrema sinistra venezuelana. Nel 1971, all’età di 17 anni entra in accademia militare. 12 anni dopo, siamo nel 1983, nel solco di una tradizione nazionalista e progressista già presente in settori delle forze armate venezuelane, fonda con altri cadetti il MOVIMENTO BOLIVARIANO RIVOLUZIONARIO-200 (MBR-200). Il numero 200 si riferisce al bicentenario della nascita del libertador Simon Bolivar, fra  le principali figure ispiratrici del nuovo movimento.

Da quel momento le tappe della vita di Hugo Chavez saranno non più separabili da quelle della storia del suo paese. Il Caracazo del febbraio 1989 col suo saldo di 3000 morti, la prima grande rivolta popolare contro il neoliberismo, produce una enorme ondata di indignazione nel paese e nelle forze armate, dando nuovo impulso sia al processo organizzativo iniziato con la costituzione del MBR-200, che alla crescita dei legami fra i militari bolivariani e settori del mondo civile che si opponevano al sistema di potere vigente all’epoca. Poi il fallito colpo di stato chavista del Febbraio 1992, che lancia definitivamente Hugo Chavez come personaggio pubblico ed interprete del malcontento diffuso in un paese che viveva uno strano paradosso: ricchissimo di risorse energetiche e naturali, ma afflitto dalla povertà, dalla corruzione, dalla inefficienza del potere e dall’autoritarismo.

Dopo due anni di carcere Chavez esce nel 1994 per una amnistia, ed inizia quella corsa politica ed organizzativa, che lo porta a vincere le elezioni presidenziali del dicembre 1998 col 56 % dei voti.

Dopo 14 anni di governo, consentito da una lunga sequela di appuntamenti elettorali vinti dal chavismo, ed interrotto solo dal breve colpo di stato fallito dell’aprile 2002, Hugo Chavez muore alle 16,25 del 5 Marzo 2013, ora di Caracas, nell’ospedale militare della capitale venezuelana. Nel giugno 2011 gli era stato diagnosticato un tumore nella zona del bacino, e da allora aveva subito 4 interventi chirurgici.

Quale è il lascito storico più rilevante che ci consegna Hugo Chavez?

Anzitutto avere contribuito a redistribuire l'enorme rendita petrolifera sotto forma di politiche sociali, educative, alimentari, sanitarie, che hanno migliorato tutti i principali indicatori sociali nel paese. Avere contrastato l’egemonia neo-coloniale degli USA e dei loro alleati, promuovendo politiche di integrazione continentale con gli altri paesi della regione, fondate non sulla competizione ma sulla complementarietà fra le varie economie nazionali, sulla solidarietà e la cooperazione, sulla lotta contro la povertà. Avere rappresentato una anomalia nel panorama della politica estera mondiale, basti pensare alle posizioni anti-imperialiste molto nette sulla vicenda palestinese, o alla opposizione alle cosiddette guerre umanitarie, intervento in Libia incluso.

Ma a mio avviso il lascito storico più importante è un altro, ed è quello che può riguardare anche noi che viviamo qui, più prossimi al polo nord che all’equatore. Hugo Chavez, mentre le macerie del cosiddetto socialismo reale crollavano sulle teste di tutte le varie sinistre mondiali, incluse quelle che mai avevano simpatizzato troppo per quel modello, ha contribuito al rilancio dell’idea che sia possibile far funzionare una economia ed una società, azionando leve diverse da quelle dell’egoismo o dell’ansia di arricchimento individuale. Ha contribuito a rimettere in moto il motore della sinistra, non solo sudamericana, e di una sinistra alternativa alle sinistre moderate quando non neo-liberiste, delle quali qui nel vecchio continente vediamo in azione differenti versioni.

Nel 2004-2005 Chavez lancia il tema del SOCIALISMO DEL SIGLO XXI, certo non senza una certa dose di vaghezza ed ingenuità, ma che negli anni è andato definendosi meglio. Un socialismo di tipo nuovo, da realizzarsi in forme graduali e socialmente accettabili e praticabili, facendo i conti con gli istituti della democrazia rappresentativa, ma nello stesso tempo puntando a superarne le aberrazioni e manipolazioni attraverso la costruzione di forme nuove di democrazia, più orizzontali,  circolari, inclusive e partecipative. Un socialismo che fa i conti anche con l’esistenza del capitalismo, riconoscendo nella nuova costituzione bolivariana la proprietà e l’esercizio dell’impresa privata, ma nello stesso ponendogli limiti e regole, e puntando a ridurne il peso attraverso l’azione dello stato nell’economia, ed attraverso la promozione di forme nuove di economia sociale, cooperativa e comunitaria, gestite direttamente dai lavoratori e dalle lavoratrici.

Di certo in questi 14 anni la parte del programma chavista maggiormente attuata è quella relativa alla redistribuzione della rendita petrolifera ed alle politiche sociali, mentre resta ancora da indagare e capire quanto e come si stia marciando nella costruzione di queste nuove forme di democrazia e di economia. Ma altrettanto certamente questi lineamenti per una nuova strategia politica della sinistra che ci suggerisce l’esperienza venezuelana, non possono esser troppo banalizzati. Soprattutto non possono esserlo da parte delle varie sinistre antagoniste e radicali europee ed italiane, le quali nella loro versione istituzionale oscillano spesso fra debolezza e/o subalternità alle sinistre moderate, mentre nella loro versione extra-parlamentare riescono spesso a rappresentare e far vivere importanti movimenti e terreni di lotta su temi specifici, ma sono piuttosto carenti e deboli sul terreno della teoria e della strategia politica, e quindi della proposta di una alternativa di sistema e di società.

Guardare quindi al Venezuela non vuol dire quindi certamente fare le stesse scelte che hanno fatto loro, ma semplicemente porci almeno alcuni dei problemi che loro si sono posti, e ragionarci sopra.

Ed ora cosa accadrà?

Nel breve periodo, l’articolo 233 della costituzione venezuelana prevede che, dopo la morte di Cahvez, si vada a nuove elezioni presidenziali “dentro i 30 giorni consecutivi seguenti”. Non io ma vari osservatori dicono che non sarà difficile per il Chavismo e per il candidato indicato da Chavez, Nicolas Maduro, prevalere in queste imminenti elezioni. Troppo debole ancora la capacità dell'opposizione di incarnare una credibile alternativa, e troppo forte la gigantesca ondata emotiva che la morte del presidente ha scatenato e scatenerà.

Nel medio periodo, la precoce morte di Chavez, rischia di far venire al pettine alcuni grossi nodi irrisolti che il chavismo, pur fra tante indubbie conquiste, non ha del tutto sciolto: persistenza di sacche rilevanti di corruzione ed inefficienza, rilevanti livelli di criminalità e violenza, e parziale controllo del territorio soprattutto nelle regioni di frontiera con la Colombia; assetto del potere fortemente personalistico, carismatico e incentrato sulla figura ed il ruolo del presidente Chavez; divaricazione fra l’amore e la stima della base chavista verso il defunto presidente, e la diffidenza verso settori importanti della sua classe dirigente ed amministrativa.

Detto in altri termini, il campo bolivariano è molto vasto e sfaccettato, segnato dalla convivenza di posizioni e culture politiche assai diverse, e da conflitti interni latenti e potenziali, non del tutto irrilevanti. Sino ad ora chi ha tenuto tutto insieme, con la sua autorevolezza e la forza del suo carisma, è stato Hugo Chavez. Ed ora ?

Io faccio fatica anche a capire molte cose della nostra cara Italietta, e  quindi non so dare a questa impegnativa domanda una risposta netta. Ma di certo alcuni elementi inducono a pensare che le strade per la continuazione del processo bolivariano siano ancora del tutto aperte. Ce lo dice quel processo di nuova consapevolezza, di nuova coscienza politica, di auto-attivazione, mobilitazione, partecipazione politica e sociale, che il chavismo ha messo in moto dentro un settore forse non maggioritario  ma molto importante della società venezuelana.

Quella stessa passione, mobilitazione e nuova coscienza che vediamo oggi in scena nelle strade del Venezuela e di Caracas, che leggiamo su quei volti rigati dalle lacrime mentre salutano il passaggio della bara del loro presidente.

Massimo rispetto per il Presidente Hugo Chavez..!

MILANO  7 MARZO 2013

Angelo Zaccaria- curatore del libro: LA REVOLUCION BONITA: viaggio a tappe nel Venezuela di Hugo Chavez- Edizioni Colibrì- Milano.

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