Chavez era molto amato, e stimato, per
varie ragioni anche molto semplici: perché appariva sincero, un uomo
sinceramente ed autenticamente interessato al futuro dei bambini e delle
bambine del suo paese, uno che quando abbracciava la vecchietta in
lacrime davanti alle telecamere, non lo faceva solo per prendere voti o
perché consigliato da qualche agenzia di marketing politico. Inoltre
Chavez era simpatico, un grande comunicatore e pedagogo, uno che
lavorava e leggeva molto.
Hugo Raphael Chavez Frias nasce nello
stato venezuelano di Barinas, il 28 Luglio del 1954, da una famiglia di
insegnanti. Sin dalla giovanissima età, nel clima bollente degli anni
’60, viene a contatto con quegli ideali e quella cultura politica che
poi segneranno il resto della sua vita, dall’insegnante marxista dei
tempi del liceo, al fratello Adan militante in un piccolo partito della
estrema sinistra venezuelana. Nel 1971, all’età di 17 anni entra in
accademia militare. 12 anni dopo, siamo nel 1983, nel solco di una
tradizione nazionalista e progressista già presente in settori delle
forze armate venezuelane, fonda con altri cadetti il MOVIMENTO
BOLIVARIANO RIVOLUZIONARIO-200 (MBR-200). Il numero 200 si riferisce al
bicentenario della nascita del libertador Simon Bolivar, fra le
principali figure ispiratrici del nuovo movimento.
Da quel momento le tappe della vita di
Hugo Chavez saranno non più separabili da quelle della storia del suo
paese. Il Caracazo del febbraio 1989 col suo saldo di 3000 morti, la
prima grande rivolta popolare contro il neoliberismo, produce una enorme
ondata di indignazione nel paese e nelle forze armate, dando nuovo
impulso sia al processo organizzativo iniziato con la costituzione del
MBR-200, che alla crescita dei legami fra i militari bolivariani e
settori del mondo civile che si opponevano al sistema di potere vigente
all’epoca. Poi il fallito colpo di stato chavista del Febbraio 1992, che
lancia definitivamente Hugo Chavez come personaggio pubblico ed
interprete del malcontento diffuso in un paese che viveva uno strano
paradosso: ricchissimo di risorse energetiche e naturali, ma afflitto
dalla povertà, dalla corruzione, dalla inefficienza del potere e
dall’autoritarismo.
Dopo due anni di carcere Chavez esce nel
1994 per una amnistia, ed inizia quella corsa politica ed
organizzativa, che lo porta a vincere le elezioni presidenziali del
dicembre 1998 col 56 % dei voti.
Dopo 14 anni di governo, consentito da
una lunga sequela di appuntamenti elettorali vinti dal chavismo, ed
interrotto solo dal breve colpo di stato fallito dell’aprile 2002, Hugo
Chavez muore alle 16,25 del 5 Marzo 2013, ora di Caracas, nell’ospedale
militare della capitale venezuelana. Nel giugno 2011 gli era stato
diagnosticato un tumore nella zona del bacino, e da allora aveva subito 4
interventi chirurgici.
Quale è il lascito storico più rilevante che ci consegna Hugo Chavez?
Anzitutto avere contribuito a
redistribuire l'enorme rendita petrolifera sotto forma di politiche
sociali, educative, alimentari, sanitarie, che hanno migliorato tutti i
principali indicatori sociali nel paese. Avere contrastato l’egemonia
neo-coloniale degli USA e dei loro alleati, promuovendo politiche di
integrazione continentale con gli altri paesi della regione, fondate non
sulla competizione ma sulla complementarietà fra le varie economie
nazionali, sulla solidarietà e la cooperazione, sulla lotta contro la
povertà. Avere rappresentato una anomalia nel panorama della politica
estera mondiale, basti pensare alle posizioni anti-imperialiste molto
nette sulla vicenda palestinese, o alla opposizione alle cosiddette
guerre umanitarie, intervento in Libia incluso.
Ma a mio avviso il lascito storico più
importante è un altro, ed è quello che può riguardare anche noi che
viviamo qui, più prossimi al polo nord che all’equatore. Hugo Chavez,
mentre le macerie del cosiddetto socialismo reale crollavano sulle teste
di tutte le varie sinistre mondiali, incluse quelle che mai avevano
simpatizzato troppo per quel modello, ha contribuito al rilancio
dell’idea che sia possibile far funzionare una economia ed una società,
azionando leve diverse da quelle dell’egoismo o dell’ansia di
arricchimento individuale. Ha contribuito a rimettere in moto il motore
della sinistra, non solo sudamericana, e di una sinistra alternativa
alle sinistre moderate quando non neo-liberiste, delle quali qui nel
vecchio continente vediamo in azione differenti versioni.
Nel 2004-2005 Chavez lancia il tema del
SOCIALISMO DEL SIGLO XXI, certo non senza una certa dose di vaghezza ed
ingenuità, ma che negli anni è andato definendosi meglio. Un socialismo
di tipo nuovo, da realizzarsi in forme graduali e socialmente
accettabili e praticabili, facendo i conti con gli istituti della
democrazia rappresentativa, ma nello stesso tempo puntando a superarne
le aberrazioni e manipolazioni attraverso la costruzione di forme nuove
di democrazia, più orizzontali, circolari, inclusive e partecipative.
Un socialismo che fa i conti anche con l’esistenza del capitalismo,
riconoscendo nella nuova costituzione bolivariana la proprietà e
l’esercizio dell’impresa privata, ma nello stesso ponendogli limiti e
regole, e puntando a ridurne il peso attraverso l’azione dello stato
nell’economia, ed attraverso la promozione di forme nuove di economia
sociale, cooperativa e comunitaria, gestite direttamente dai lavoratori e
dalle lavoratrici.
Di certo in questi 14 anni la parte del
programma chavista maggiormente attuata è quella relativa alla
redistribuzione della rendita petrolifera ed alle politiche sociali,
mentre resta ancora da indagare e capire quanto e come si stia marciando
nella costruzione di queste nuove forme di democrazia e di economia. Ma
altrettanto certamente questi lineamenti per una nuova strategia
politica della sinistra che ci suggerisce l’esperienza venezuelana, non
possono esser troppo banalizzati. Soprattutto non possono esserlo da
parte delle varie sinistre antagoniste e radicali europee ed italiane,
le quali nella loro versione istituzionale oscillano spesso fra
debolezza e/o subalternità alle sinistre moderate, mentre nella loro
versione extra-parlamentare riescono spesso a rappresentare e far vivere
importanti movimenti e terreni di lotta su temi specifici, ma sono
piuttosto carenti e deboli sul terreno della teoria e della strategia
politica, e quindi della proposta di una alternativa di sistema e di
società.
Guardare quindi al Venezuela non vuol
dire quindi certamente fare le stesse scelte che hanno fatto loro, ma
semplicemente porci almeno alcuni dei problemi che loro si sono posti, e
ragionarci sopra.
Ed ora cosa accadrà?
Nel breve periodo, l’articolo 233 della
costituzione venezuelana prevede che, dopo la morte di Cahvez, si vada a
nuove elezioni presidenziali “dentro i 30 giorni consecutivi seguenti”.
Non io ma vari osservatori dicono che non sarà difficile per il
Chavismo e per il candidato indicato da Chavez, Nicolas Maduro,
prevalere in queste imminenti elezioni. Troppo debole ancora la capacità
dell'opposizione di incarnare una credibile alternativa, e troppo
forte la gigantesca ondata emotiva che la morte del presidente ha
scatenato e scatenerà.
Nel medio periodo, la precoce morte di
Chavez, rischia di far venire al pettine alcuni grossi nodi irrisolti
che il chavismo, pur fra tante indubbie conquiste, non ha del tutto
sciolto: persistenza di sacche rilevanti di corruzione ed inefficienza,
rilevanti livelli di criminalità e violenza, e parziale controllo del
territorio soprattutto nelle regioni di frontiera con la Colombia;
assetto del potere fortemente personalistico, carismatico e incentrato
sulla figura ed il ruolo del presidente Chavez; divaricazione fra
l’amore e la stima della base chavista verso il defunto presidente, e la
diffidenza verso settori importanti della sua classe dirigente ed
amministrativa.
Detto in altri termini, il campo
bolivariano è molto vasto e sfaccettato, segnato dalla convivenza di
posizioni e culture politiche assai diverse, e da conflitti interni
latenti e potenziali, non del tutto irrilevanti. Sino ad ora chi ha
tenuto tutto insieme, con la sua autorevolezza e la forza del suo
carisma, è stato Hugo Chavez. Ed ora ?
Io faccio fatica anche a capire molte
cose della nostra cara Italietta, e quindi non so dare a questa
impegnativa domanda una risposta netta. Ma di certo alcuni elementi
inducono a pensare che le strade per la continuazione del processo
bolivariano siano ancora del tutto aperte. Ce lo dice quel processo di
nuova consapevolezza, di nuova coscienza politica, di auto-attivazione,
mobilitazione, partecipazione politica e sociale, che il chavismo ha
messo in moto dentro un settore forse non maggioritario ma molto
importante della società venezuelana.
Quella stessa passione, mobilitazione e
nuova coscienza che vediamo oggi in scena nelle strade del Venezuela e
di Caracas, che leggiamo su quei volti rigati dalle lacrime mentre
salutano il passaggio della bara del loro presidente.
Massimo rispetto per il Presidente Hugo Chavez..!
MILANO 7 MARZO 2013
Angelo Zaccaria- curatore del libro: LA REVOLUCION BONITA: viaggio a tappe nel Venezuela di Hugo Chavez- Edizioni Colibrì- Milano.
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