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11/03/2013

Rifondazione Comunista e Sel: mi spiego meglio

Un mio precedente articolo, dedicato a Rivoluzione Civile ha provocato molti dissensi sulla conclusione, che consigliava ai militanti di Rifondazione di confluire in Sel. Cosa che ha fatto indignare molti per l’alleanza con il Pd che porta ad identificare Sel come “sinistra del liberismo”. Allora, mi pare il caso di chiarire meglio. Non mi pare di aver mai risparmiato critiche a Nichi Vendola (che non so quanto le abbia gradite) sia nel passato più lontano che in epoca più recente e credo di essere stato fra i primi, a luglio, a dirgli che la decisione di allearsi al Pd e correre per le primarie, era una idea sciagurata che lo avrebbe portato a fare la “spalla” di Bersani e che avrebbe indebolito elettoralmente Sel. Mi pare che le cose siano andate proprio così. Anzi, Nichi ha rimediato anche le umiliazioni di essere doppiato da Renzi alle primarie e di essere andato sotto quota 4% alle politiche.

Dunque, non mi pare di essere troppo tenero con Sel o di non aver detto che anche Nichi (per quanto stia in Parlamento al contrario dei suoi cugini di Rifondazione), vada esente dalle critiche che merita tutto il gruppo dirigente della “sinistra radicale” di questi anni. Quanto al preteso liberismo di Sel: Nichi non è liberista, ma non è nemmeno antiliberista; semplicemente, non si pone il problema perché trova la questione troppo noiosa per occuparsene e, se non gli trovate una pagina di Pasolini o una poesia di Sandro Penna, in cui ci sia qualche cenno in materia, non leggerà mai nulla in proposito.

Debbo anche precisare che non ritengo affatto che una confluenza di Rifondazione in Sel risolva il problema di costruire un vero soggetto della sinistra radicale. Peraltro guardo con molta attenzione ad Alba e Cambiare si può oltre che Sinistra Critica. Però, Cambiare si può, Alba e Sinistra Critica sono un po’ un gioco di scatole cinesi, in cui una cosa sta nell’altra, ma le persone sono più o meno le stesse. E sono poche, molto poche. D’accordo che Csp ha inaugurato un metodo di lavoro interessante, però, date le scarse forze di cui dispone, è difficile che dia risultati in tempi brevi e qui i tempi sono stretti. Non dimentichiamoci che a giugno 2014 ci aspettano le elezioni europee, nelle quali si vota con sistema proporzionale ma con clausola di sbarramento al 4%. Dopo una nuova sconfitta, quel che resta della sinistra rischierebbe di disperdersi del tutto. E teniamo presente che neanche Sel ha il 4%.

Peraltro, alle Europee non ci sono le coalizioni ed ognuno corre per suo conto. Nel frattempo, c’è un’emergenza: che si fa dei resti di Rifondazione che, nel complesso, dispone ancora di diverse migliaia di militanti e di sedi un po’ in tutta Italia? Teniamo conto che, allo stato attuale, non ha mezzo euro da spendere e che la prospettiva è quella di una nuova traversata del deserto senza parlamentari. Il rischio evidente è che, nel giro di qualche mese, si squagli tutto, se non c’è un approdo, per quanto provvisorio, verso il quale dirigersi per riprendere fiato.

Considerato che il suo attuale gruppo dirigente è al di sotto di ogni sospetto, la cosa più probabile è che, qualora restasse in sella, farebbe probabilmente due cose:

a- liquidare quel che resta del patrimonio immobiliare del partito per spartirsi con l’apparato il magro gruzzolo a titolo di  ultimi stipendi e liquidazioni

b- nascondersi dietro Ingroia, che è l’unico che continua a credere che Rivoluzione civile esista ancora, per poter andare a battere alle varie porte vicine (M5S, Sel, Pd..) nella speranza che se ne apra una.

Ovviamente, la seconda operazione ha ottime probabilità di fallire e, a quel punto, Rifondazione (posto che ci sia ancora) si disintegrerebbe del tutto. Di qui la necessità di liberarsi di questo branco di parassiti che “dirigono”: non ho detto “sfiduciare il gruppo dirigente”, intendo dire proprio ruzzolarli dalle scale (metaforicamente parlando… si intende).

Ma, anche dopo questa sana disinfestazione del partito (chiamiamolo ancora così), resterebbe il problema di cosa fare, senza denaro, senza accesso alle istituzioni ed ai media, con una base in grave crisi psicologica. Per risalire la china ci vorrebbe un colpo d’ala: un’ iniziativa politica forte ed innovativa, ma questo, a sua volta, esigerebbe un nuovo gruppo dirigente, che sappia prendere in mano le redini ed invertire la tendenza. Ma dove lo trovano?

Pensare che, dopo anni di sonno bertinottiano e di catastrofi ferreriane, dopo anni di assenza di idee politiche e di discussione vera, possa venir fuori d’improvviso un nuovo gruppo dirigente, come Minerva armata dal cervello di Giove, è solo una illusione illuministica. Dunque, le premesse per una ripresa immediata non ci sono, mancano i mezzi e la gente è fortemente sfiduciata. Che si fa? Si aspetta che tutto finisca per consunzione e che l’ultimo spenga la luce? Se non vogliamo che tutto evapori nel giro di una manciata di mesi, occorre dare “un tetto” a quel che resta e l’unica possibilità è Sel, che a sua volta deve iniziare un ripensamento molto serio di tutte le sue scelte. Inoltre, le critiche che vengono mosse circa l’alleanza di Sel con il Pd non tengono conto che:

a- c’è una consistente possibilità che muti la legge elettorale e che le coalizioni non si formino più, ma si vada al voto su liste scollegate

b- non è scritto da nessuna parte che si riformi l’intesa Pd-Sel e che magari non venga fuori un cartello Pd-Monti che obbligherebbe Sel a cercare altre strade

c- il Pd è sottoposto a forti sollecitazioni interne che non è escluso possano sfociare in aperte rotture, nel qual caso l’esistenza di un polo di sinistra piccolo, ma di qualche solidità, potrebbe risultare molto utile.

Insomma, non sto affatto proponendo di ridurre tutta la sinistra radicale a Sel, ma solo di iniziare un percorso di rifondazione (questa volta vera e non solo slogan) che porti alla nascita di un efficace partito di sinistra anticapitalistica. Su questa strada occorre anche lavorare con Alba, Csp e Sinistra Critica, d’accordo, ma intanto occorre evitare la diaspora finale.

Aldo Giannuli


Fonte

A sto giro condivido poco e niente dello scritto di Giannuli essenzialmente perché la sua analisi è troppo sbilanciata sul fattore elettorale.
A mio modo di vedere l'implosione della sinistra politica in Italia è prima di tutto figlia della destrutturazione della sinistra intesa come soggetto sociale e di classe in questo paese.
Anche di questi tempi, con la crisi che morde il culo a sempre più persone, quando ci si trova in mezzo a gente normale (nel mio caso lavoratori dipendenti, studenti e precari) e si prova a gettare sul tavolo un discorso in cui il termine sinistra non sia relegato al folclore o al già citato calcolo elettorale, gli asini cadono come pere, sia nel campo dell'analisi del contingente sia, ancor più grave, nella percezione della propria appartenenza in quanto soggetti destinati alla subordinazione perenne nel mondo attuale.
Eppure, quanto obietto ad un elettore di Sel che il voto a Vendola non esprime alcuna rottura perché spalmato sul programma liberista del PD o che non si può parlare di Genova 2001 e globalizzazione se si stringe in mano un iPhone 5 da 600€ a fronte di un salario da 1100€ mensili scarsi, mi trovo addosso sguardi che spaziano dallo scazzo, al disprezzo, alla commiserazione.
Stando così le cose, sì può essere certi che entro le europee del 2014 non si costruirà assolutamente nulla di degno di nota perché la base per fare massa critica è ancora al di la da venire e all'orizzonte non s'intravedono nemmeno personalità politiche capaci di fare in Italia ciò che in Grecia sta facendo Alexis Tsipras.

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