"Se proprio Pd e Pdl ci
tengono alla governabilità possono sempre votare la fiducia al primo
governo M5S". Con un semplice tweet Beppe Grillo ha detto la sua nella
discussione sul come uscire dallo stallo politico post-elettorale.
Beppe Grillo lo fa
con una proposta del tutto legittima, per quanto paradossale da parte
di chi ha il terzo gruppo parlamentare per numero di eletti.
Dopo
la porta chiusa in faccia a Bersani il messaggio di Grillo vuole essere
una risposta, anche di una certa efficacia, alle pressioni che gli
arrivano dall'interno e dall'esterno per giocare un ruolo nella
governabilità del paese. Una dichiarazione, quella di Grillo, che rompe i
balletti e soprattutto le uova nel paniere a quella parte non
irrilevante del suo elettorato che sarebbe disponibile a gettare il
risultato nella trappola della governabilità e delle “alleanze”
politiche.
Lo stop di Grillo alle avances su un accordo con il Pd è anche l'indicatore di molte cose.
a)
Il suo bacino elettorale e la composizione sociale e “culturale” dei
numerosi parlamentari eletti è tale che – per quanto centralizzato – il
processo decisionale dentro il Movimento 5 Stelle non renderà questo
blocco impermeabile o insensibile molto a lungo ai richiami della
“responsabilità” sulla tenuta istituzionale ed economica del paese.
b)
Il giornalista de Il Fatto più vicino ai 5 Stelle – Andrea Scanzi – si è
fatto portavoce oggi degli inviti alla real politik declinandola così: “Il
Movimento 5 Stelle può dimostrarsi lucido e concreto senza perdere in
coerenza. Se costringesse il Pd a fare una buona legge elettorale e (per
citare un altro esempio) una seria norma che regoli il conflitto di
interessi, nessuno li riterrebbe traditori o “fiancheggiatori della
Casta”. Se poi il Pd deluderà, ci sarà tempo per scoprirlo e ribadirlo
(una volta di più). E’ l’unica strada attuabile. Provateci. E poche
pippe mentali”.
c) Qualche dubbio sta sfiorando anche lo stesso Grillo. Tant'è che ha
cominciato una “marcia di avvicinamento” partendo proprio dal rapporto
con Napolitano, il presidente della Repubblica mai nominato e molto
criticato nelle manifestazioni dei 5 Stelle, sostituito sempre dalla
rivendicazione di Pertini come unico presidente gradito. Dopo
mesi di insulti Grillo ha cambiato tono nei confronti del capo dello
Stato in vista delle imminenti consultazioni. "Napolitano merita l'onore
delle armi. In questi anni è stato criticato per molte scelte a mio
avviso sbagliate, ma ieri in Germania ho visto, al termine del suo
mandato, il mio presidente della Repubblica. Un italiano che ha tenuto
la schiena dritta. Chapeau", scrive il leader del M5S sul suo blog
riferendosi alla dura replica contro il leader della Spd tedesca che
aveva definito Berlusconi e Grillo due clown.
Noi,
al contrario diciamo a Grillo e al Movimento 5 Stelle di non accettare
inviti alla cooptazione in nome della governabilità.
E non perché siamo vittime della logica del tanto peggio (con quella del meno
peggio abbiamo chiuso tanti anni fa), quanto perché consentire oggi una
via d'uscita onorevole ad una classe dirigente subalterna ai diktat
dell'Unione Europea o a quella reazionaria, arraffona e autocentrata
espressa dal blocco berlusconiano, le consentirebbe una operazione di
recupero in nome di interessi generali che non esistono più o che
vengono declinati affidandone la primazia agli interessi di sempre.
Ma
è proprio questo uno dei punti deboli del pensiero e dell'azione di
Grillo al centro delle contraddizioni che popolano il suo movimento. La
logica secondo cui esistono e agiscono interessi generali convergenti è
un inganno crudele. Le idee che Grillo declina sul lavoro sono l'ombra
principale che oscura le proposte importanti e condivisibili su altri
aspetti (riduzione spese militari, lotta alla corruzione, reddito
sociale minimo, no Tav etc.).
Questa
ombra è la madre di tutte le contraddizioni, anche in un senso comune
che intende imbracciare la modernizzazione come una sorta di
iconoclastia a tutto campo. Le cazzate sparate sui troppi pensionati e
troppi lavoratori pubblici – smentite e smentibili facilmente dal senso
di realtà sull'oggi e non sulla situazione di venti anni fa – sono la
conseguenza di un approccio che richiama obiettivamente il
corporativismo fascista, secondo il quale i sindacati dei lavoratori non
servono perché imprenditori e lavoratori hanno gli stessi interessi.
Con qualche contraddizione involontaria che però è anch'essa
rivelatrice. E' il caso del piccolo imprenditore – neoeletto in Toscana –
intervenuto dal palco del Movimento 5 Stelle a San Giovanni. E' vero
che la sua azienda è stata portata al fallimento anche dalle tasse e
dall'intransigenza fiscale dello Stato, ma il boom della sua azienda era
avvenuto solo perché c'erano gli incentivi statali agli impianti
fotovoltaici. Quando Tremonti e Berlusconi hanno tolto gli incentivi,
l'azienda è andata in crisi. Un po' come accaduto alla tanto esecrata
Fiat. Un meccanismo perverso dunque e ben lontano dal mito dell'imprenditore che rischia di suo, solo del suo, sempre del suo.
Dunque
Grillo vorrebbe uno Stato che finanzia le imprese, a totale
disposizione delle imprese, soprattutto delle piccole imprese e con
risorse rese disponibili dal taglio dei costi della politica, delle
pensioni e dei lavoratori pubblici. Cosa c'è di dissimile da Berlusconi
o, per un altro verso, da Monti? Con il primo la differenza è poca, con
il secondo c'è di mezzo il “fattore UE”, ossia il processo di
gerarchizzazione politica e concentrazione economica-industriale a
livello europeo che prevede proprio l'eliminazione del modello fondato
sulle piccole imprese e i distretti industriali classici del made in
Italy.
Forse
solo giocando con coerenza la carta del referendum contro l'Euro, il
Movimento 5 Stelle potrebbe assumersi la responsabilità di indicare un
diverso modello di sviluppo, liberato dai diktat e dalle direttive
europee e auto centrato sulle possibilità reali di un paese come
l'Italia. Ma, come si dice, bisognerebbe avere una idea generale di
sistema e perseguirla con grande radicalità in tutti i suoi aspetti. Un
fattore questo di cui né Grillo né il Movimento 5 Stelle sembrano oggi
disporre. E qui sta la loro vulnerabilità di oggi che il domani non può
che accentuare.
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