Due editoriali nello stesso giorno per dire la stessa cosa: l'Italia
deve rinegoziare i patti europei che rischiano di distruggere l'economia
del paese. Confindustria ha rotto con la logica di Monti.
Alberto Quadrio Curzio e Pellegrino Capaldo si sono incaricati
di argomentare - sia dal punto di vista politico-economico che da quello
giuridico - le ragioni di questa possibilità-necessità. In buona
sostanza, l'accusa a Monti e chi ha ragionato fin qui come lui è
semplice: "rigorismo" indifferente all'economia reale, interpretazione
"contabile" dei vincoli europei scritti nei trattati.
Ma la stessa
critica viene rivolta alle istituzioni europee che in questi ultimi tre
anni hanno affrontato la crisi soltanto dal lato del debito pubblico,
come se fosse l'unica variabile suscettibile di portare benessere o
disastri.
Ne consegue quindi un invito alla rapida formazione di un
governo che possa "rinegoziare" in Europa meglio e con più "assertività"
di quanto non abbia fatto Monti, apertamente accusato anche di aver
smarrito il suo carisma "tecnico" con la sciamannata "salita in
politica" improvvisata a Capodanno.
E' un cambio di marcia
importante, fatto dal punto di vista delle imprese e delle banche, ma
che enfatizza anche il "piano del lavoro" messo sul tavolo dalla Cgil e
fin qui considerato - dal governo Monti e dai partiti in campagna
elettorale - poco più che un libro dei sogni. Naturalmente ciò non
avviene perché Confindustria sia diventata oggi "di sinistra", ma per il
buon motivo che anche il "piano del lavoro" della Cgil assume come
orizzonte gli interessi delle imprese, sotto la maschera retorica
dell' "interesse del paese".
Da questo fronte arriva dunque un
suggerimento chiaro: creazione di un fronte compatto
Confindustria-sindacati (la Cgil è per loro più interessante che non
Cisl e Uil, già arruolate da tempo tra i "complici" cui basta dare un
ordine), in grado di produrre un "programma di governo" (e il personale
politico necessario) che possa presentarsi in Europa per imporre -
insieme a Francia e Spagna - quantomeno un "crono programma" di rientro
nei parametri di Maastricht meno strangolante.
E' anche questo un
segno della gravità della crisi a questo punto. Fin qui Confindustria
aveva sposato la linea del rigore a testa bassa, chiedendo come sempre
misure per le imprese e addebitando tutto il conto da pagare sulle spalle
del lavoro. Ora si accorge che la restrizione ha generato crollo nei
consumi interni e quindi ha aggravato - come inutilmente tanti, e noi
fra questi, avevano facilmente previsto - la recessione, facendola
avvitare in una spirale senza fine.
Vedremo già nei prossimi giorni
se questa "svolta" confindustriale produrrà effetti anche politici. A
noi, al momento, non resta che registrare che l'eurozona e le sue
"regole interne" non sono più un tabù. E che, dunque, la nostra proposta
- due monete diverse, rompendo l'attuale configurazione dell'Unione
europea - dovrebbe risultare ora, anche a occhi fin qui fissi
sull'intangibilità dell'euro, assai meno "fantasiosa".
I due editoriali del Sole24Ore:
quadrio_curzio.pdf231.67 KB
capaldo.pdf292.94 KB
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