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31/03/2013

Questo modello europeo non è più un tabù

Due editoriali nello stesso giorno per dire la stessa cosa: l'Italia deve rinegoziare i patti europei che rischiano di distruggere l'economia del paese. Confindustria ha rotto con la logica di Monti.

Alberto Quadrio Curzio e Pellegrino Capaldo si sono incaricati di argomentare - sia dal punto di vista politico-economico che da quello giuridico - le ragioni di questa possibilità-necessità. In buona sostanza, l'accusa a Monti e chi ha ragionato fin qui come lui è semplice: "rigorismo" indifferente all'economia reale, interpretazione "contabile" dei vincoli europei scritti nei trattati.
Ma la stessa critica viene rivolta alle istituzioni europee che in questi ultimi tre anni hanno affrontato la crisi soltanto dal lato del debito pubblico, come se fosse l'unica variabile suscettibile di portare benessere o disastri.
Ne consegue quindi un invito alla rapida formazione di un governo che possa "rinegoziare" in Europa meglio e con più "assertività" di quanto non abbia fatto Monti, apertamente accusato anche di aver smarrito il suo carisma "tecnico" con la sciamannata "salita in politica" improvvisata a Capodanno.

E' un cambio di marcia importante, fatto dal punto di vista delle imprese e delle banche, ma che enfatizza anche il "piano del lavoro" messo sul tavolo dalla Cgil e fin qui considerato - dal governo Monti e dai partiti in campagna elettorale - poco più che un libro dei sogni. Naturalmente ciò non avviene perché Confindustria sia diventata oggi "di sinistra", ma per il buon motivo che anche il "piano del lavoro" della Cgil assume come orizzonte gli interessi delle imprese, sotto la maschera retorica dell' "interesse del paese".
Da questo fronte arriva dunque un suggerimento chiaro: creazione di un fronte compatto Confindustria-sindacati (la Cgil è per loro più interessante che non Cisl e Uil, già arruolate da tempo tra i "complici" cui basta dare un ordine), in grado di produrre un "programma di governo" (e il personale politico necessario) che possa presentarsi in Europa per imporre - insieme a Francia e Spagna - quantomeno un "crono programma" di rientro nei parametri di Maastricht meno strangolante.
E' anche questo un segno della gravità della crisi a questo punto. Fin qui Confindustria aveva sposato la linea del rigore a testa bassa, chiedendo come sempre misure per le imprese e addebitando tutto il conto da pagare sulle spalle del lavoro. Ora si accorge che la restrizione ha generato crollo nei consumi interni e quindi ha aggravato - come inutilmente tanti, e noi fra questi, avevano facilmente previsto - la recessione, facendola avvitare in una spirale senza fine.
Vedremo già nei prossimi giorni se questa "svolta" confindustriale produrrà effetti anche politici. A noi, al momento, non resta che registrare che l'eurozona e le sue "regole interne" non sono più un tabù. E che, dunque, la nostra proposta - due monete diverse, rompendo l'attuale configurazione dell'Unione europea - dovrebbe risultare ora, anche a occhi fin qui fissi sull'intangibilità dell'euro, assai meno "fantasiosa".

I due editoriali del Sole24Ore:
pdfquadrio_curzio.pdf231.67 KB

pdfcapaldo.pdf292.94 KB

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