Una lettura - davvero molto interessante - della "crisi di Cipro" e del
ruolo della Germania. Nonché degli imbrogli e delle incomprensioni
generati dal "buttare in etica" una campagna elettorale...
Quando le elezioni politiche tedesche si saranno finalmente
svolte in settembre finirà la piùlunga campagna elettorale del
dopoguerra, che dura da non meno di tre anni.
Tra i molti mali che
questa lunghissima campagna avrà scatenato bisognerà contare, forse al
primo posto, il ritorno massiccio della morale in politica. Pareva che
la riunificazione tedesca, tanto caparbiamente voluta e preparata in
silenzio da uomini poco interessati alla ribalta, come il ministro degli
esteri Genscher e persino il Cancelliere Kohl, fosse da citarsi come il
trionfo della realpolitik, basata su una apparenza di motivazioni
ideologiche e nei fatti ben ancorata agli interessi elettorali di Kohl e
alla necessità di espansione dell’industria tedesca.
Al
contrario, il costo enorme dell’annessione dei sette laender orientali,
sebbene sopportato anche dai paesi dell’Unione Europea, che
acconsentirono che l’operazione di annessione fosse finanziata come se
si trattasse dell’entrata nella Ue di uno stato sovrano, fu accettato
in silenzio dagli altri stati membri. Ma la gran parte della
ricostruzione della Germania Est per portarla agli standard dell’altra
Germania, distruggendone allo stesso tempo l’industria con un tasso di
cambio proibitivo, l’hanno dovuta finanziare i cittadini della Germania
Ovest con le loro tasse.
La mancanza di trasparenza della
gigantesca operazione ha ispirato nei tedeschi dei laender occidentali
il desiderio di non farsi imporre, in futuro, altri simili salassi, un
rigetto di quella che hanno percepito come una carità obbligatoria, che
credono sia costata loro molto cara. Da allora si sono mostrati
fortemente restii a finanziare altri salvataggi, ancor meno trasparenti
e comprensibili, coi loro soldi, senza neppure l’alibi dell’aiuto a
fratelli separati e oppressi per decenni.
Proprio allora invece è
iniziata la fase di turbolenza del sistema economico e finanziario
internazionale, ed è stato necessario che la Germania, paese centro
dell’Europa, mentre espugnava tutti i mercati europei con una politica
di neo mercantilismo aperto, comprendesse, come fecero gli Stati Uniti
dopo la seconda guerra mondiale, che ad essa si richiedeva di fare una
politica di espansionismo proiettata verso l’esterno, guardando ai
propri interessi di lungo periodo. Essa doveva avere come caratteristica
principale la capacità di finanziare la domanda dei paesi periferici
dell’Europa.
Ma è proprio quel che una buona parte dei tedeschi
si rifiuta di fare, aizzata da partiti politici che invitano i cittadini
a non vedere la trave nei propri occhi ma a concentrarsi sulle
traveggole degli occhi dei vicini. Parlamento, giornali popolari e altri
mezzi di comunicazione, per non parlare della ineffabile corte
costituzionale di Karlsruhe, si sono dati a un’orgia di moralismo nei
confronti dei debitori dei tedeschi.
Motivi ai quali appigliarsi
ce ne sono, a iosa. Basta guardare ai costi della politica in Italia e
agli episodi assai numerosi di illegalità e immoralità pubblica
dell’Europa periferica. Agli sprechi di opere pubbliche costosissime e
inutili, alla incapacità di portare le proprie industrie a livelli più
elevati di ricerca e innovazione.
Quel che manda letteralmente in
bestia i cittadini tedeschi, inoltre, è il ritorno dell’immagine della
dominazione nazista che la celebrazione della virtù germanica, tradotta
in severità nei confronti dei debitori, ha suscitato nei paesi debitori.
Ogni dimostrazione popolare contro l’austerità si trasforma così in
esibizione di quell’armamentario lugubre, che richiama un passato che i
tedeschi credevano essersi messi alle spalle e che invece è tornato a
dannarli nell’Europa periferica.
Essi non sembrano ricordare
quando i debitori, nel secondo dopoguerra, erano loro e il creditore lo
zio Sam, che andava infestando del proprio imperialismo il mondo intero,
suscitando le pubbliche rivolte dei giovani di Berlino e del resto
della Germania. Il tempo delle bandiere a stelle e strisce bruciate è
tramontato e le bandiere da bruciare a Atene, Roma o Madrid sono — ahimè
— quelle della Repubblica Federale.
“Dopo tutto quel che vi
stiamo dando”, ormai apertamente dicono i tedeschi sui loro giornali,
“ci trattate così”. D’altronde, la riconoscenza e la carità cristiana
non fanno parte della dottrina di Lutero. Non erano state parte nemmeno
dell’atteggiamento del neo creditore americano dopo la prima guerra
mondiale, quando Coolidge si rifiutò di cancellare i debiti inglesi,
(“ma il denaro lo avevano preso a prestito, no?”), inducendo una
reazione a catena che, dalle dichiarazioni morali passò al nazionalismo
intraeuropeo, giungendo alla catastrofe della crisi internazionale,
dell’ascesa di un folle al timone di uno dei più sviluppati paesi del
mondo, e alla catastrofe della seconda guerra mondiale.
Ora che
le Tesi di Lutero sembrano tornare di moda, i tedeschi fanno marciare il
nostro continente verso la disunione e l’abisso. L’ultimo episodio
insegna di nuovo. Quel che a Cipro bisognava fare in silenzio e
velocemente, e preferibilmente prima che l’esplosione si verificasse, la
campagna elettorale tedesca ha voluto che si discutesse come se a quel
punto ci fosse, per l’Europa, una vera scelta alternativa rispetto al
salvataggio delle banche cipriote.
Quasi nessun interesse hanno
destato in Germania le rivelazioni dello Spiegel, che le banche russe
erano sì le prime creditrici delle banche dell’isola dove nacque Venere,
ma che subito dopo, anche se a debita distanza, venivano i sette
miliardi di euro di depositi accumulati dalle banche tedesche in quelle
cipriote.
A complicare ancora le cose viene poi una inedita
dimensione di revival della guerra fredda. La supposta debolezza della
Russia, e la aggressività dei suoi finanzieri e oligarchi, ha suscitato
una sorta di rivolta morale dei cittadini tedeschi, aizzati dai propri
media e dalla bassa cucina elettorale dei maggiori partiti. L’idea di
far pagare lo scotto ai russi, tassando i depositi di grande dimensione
nelle banche cipriote, punendo l’illegalità e magari anche il
riciclaggio di denaro criminale, è quindi balenata alle menti tedesche,
travestita da necessità di esigere dai ciprioti (solo adesso) il
rispetto della legalità comunitaria.
Ma questa battaglia
altamente morale in superficie, che trascura il ruolo delle banche
tedesche nella vicenda e la sua vera essenza, di volgare realpolitik, è
un giocare col fuoco, perché risveglia il dormiente nazionalismo russo,
rinfocola quello tedesco, antirusso, assai più e assai prima che
antisovietico, e dà agli astuti anche se deboli governanti ciprioti
spazio per imbastire pericolose quanto velleitarie operazioni di
arbitraggio nei confronti dell’Europa.
Ognuno sembra vedere solo
la propria politica interna e tende a usare i rapporti con le altre
nazioni come se non si trattasse di una corda sottile, che può
facilmente spezzarsi e dare inizio, in Europa, a una nuova epoca
grifagna di sacri egoismi, travestita di panni altamente morali. È
triste vedere di nuovo gli uomini politici usare termini ipocriti, che
non si erano più sentiti da decenni. Ai giovani, che non possono
ricordare come andò a finire la prima volta, si propongono idee stantie,
il cui puzzo di muffa dovrebbe rendere prudenti gli apprendisti
stregoni che credono di usarle a loro vantaggio, in contese elettorali e
di potere mal travestite da battaglie ideali.
da Repubblica
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento