Tardivi come plantigradi, i
boss della Troika stanno prendendo atto che le loro ricette sono un
disastro. Ma non vogliono né ammetterlo, né tanto meno mollare il timone.
L'assalto degli economisti "neokeynesiani" era ormai nell'ordine
delle cose, visti i "risultati" del rigore imposto al Vecchio Continente.
Due i rimproveri principali:
a) la "velocità" del rientro
dal debito è stata troppo alta, rovesciando il risanamento in disastro;
b) la Bce non funziona come la Fed, la BoJ o la BoE e quindi non
"immette liquidità" nel sistema, favorendo così le tendenze speculative
al ribasso che contano su questa fragilità strutturale dell'Europa.
Due
critiche che vorrebbero essere di "buon senso" e non distruttive per i
vertici della Troika. Ma che testimoniano anche l'impotenza davanti alla
crisi globale. Pensare infatti che la quantità di moneta da mettere in
circolazione sia una "variabile indipendente" all'interno del sistema
significa aver perso il controllo - nella teoria economica, oltre che
nella pratica di governo - delle variabili macro.
E il giornale di Confindustria registra, un po' sconcertato, un po' speranzoso.
*****
Gli economisti a Cernobbio: «Basta austerity in Europa»
Stefano Carrer e Vittorio Da Rold
CERNOBBIO
- Basta austerity dura e cruda e voglia di voltare pagina per ritrovare
la via della crescita e della riduzione della disoccupazione. Questo il
messaggio che viene dal Workshop Ambrosetti di Villa d'Este che ha
abbracciato le proposte di Christine Lagarde, il direttore generale del
Fmi, che ieri ha chiesto alla Bce di ridurre i tassi di interesse.
«Quando si fanno riforme che sono dolorose come l'austerità, bisogna
anche dare una carota, che sarebbe una politica monetaria più espansiva,
un euro più debole e alcuni stimoli fiscali in Paesi come la Germania e
forse una passo più lento dell'austerità alla periferia della zona
euro». Così Nouriel Roubini ha sintetizzato quello che dovrebbe essere
la ricetta europea per uscire dalla crisi e che ha trovato numerosi
sostenitori tra i partecipanti al workshop sulle rive del lago di Como.
«Non è la direzione sbagliata, ma la velocità dell'austerità», ha
sottolineato l'economista al Workshop Ambrosetti. Il differenziale di
crescita tra Europa e Usa - ha ricordato - sta nel fatto anche che la
Bce non sta facendo quantitative easing e i tassi sono ancora allo
0,75%, mentre i tassi negli Usa sono vicini allo zero e la Fed ha
introdotto tre quantitative easing».
«I dati parlano chiaro:
c'è bisogno di meno rigore – afferma Marco Fortis, docente
all'Università Cattolica - Il gap crescente tra Italia e Germania su cui
tanto si è insistito da varie parti come esempio di tendenziale crisi
strutturale dell'euro, in realtà, non riguarda tanto i recuperi o meno
di produttività, ma il calo della domanda interna italiana connesso a un
deleveraging pubblico che dura dal 1993 aggravato dalla più recente
austerità. Sull'export, in realtà, rimaniamo molto competitivi».
Fortis cita le ultime statistiche ufficiali della Ue: escludendo
l'import di energia, l'Italia avrebbe un saldo positivo extra-Ue di 63,5
miliardi nel 2012 (anziché di 1,7 miliardi), il secondo nella Ue dopo
quello della Germania: questo non solo in assenza di stimoli fiscali
all'economia, ma mantenendo il maggiore avanza primario di tutti i Paesi
salvo la Norvegia (che lo ha perché ha il petrolio)».
«Diventa
quindi evidente – aggiunge – che non si possa continuare a deprimere la
domanda interna italiana, anche nell'interesse della Germania: basti
pensare che la recente austerity ha fatto sì che i costruttori
tedeschi di autoveicoli abbiano perso 4 miliardi in minore export di
vetture verso il mercato italiano».
L'urgenza di promuovere
politiche di crescita in tutta l'area Ocse è stata sottolineata, in un
video messaggio diretto al Wokshop Ambrosetti, dal segretario generale
dell'Organizzazione internazionale, Angel Gurria: riconosciuto che i
livelli di disoccupazione sono ancora inaccettabilmente alti in tutta
l'area Ocse, Gurria ha richiamato la necessità di trovare «nuove fonti
di crescita, attraverso l'innovazione, l'eco-economia (green growth) e
più liberi flussi commerciali: questa è la sfida cruciale».
«Solo nell'area Ocse - ha aggiunto Gurria - abbiamo bisogno di creare
circa 14 milioni di posti di lavoro solo per ripristinare i livelli di
occupazione precedenti alla crisi finanziaria globale del 2008».
da IlSole24Ore
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento