Giorgio Cremaschi ha presentato il documento di minoranza per il prossimo congresso - "Il sindacato è un'altra cosa" - al direttivo della Cgil. Qui di seguito l'intervento:
Non voglio qui illustrarvi come da copione il documento alternativo. Credo sia molto chiaro, ha un bel titolo che riassume bene il nostro giudizio sullo stato della CGIL e devo dire che la giornata di oggi l'ha confermato e rafforzato.
Mi interessa invece sottolineare due questioni.
La prima riguarda le modalità del congresso. Ho visto che tra gli emendamenti accettati c'è ne è uno che propone la trasparenza nei congressi e la pari dignità tra le diverse mozioni. È singolare che in questo congresso si chieda che quello prossimo sia pienamente democratico. Perché non cominciare ora?
In particolare cerchiamo di fare un congresso verità, senza quei verbali chiaramente falsi nei quali vige la regola del 100%. Tutti presenti, tutti votanti, tutti per una mozione. E dico subito che quei verbali restano falsi anche se, come qualche battuta di corridoio sussurrava, questa volta si assegna un piccola percentuale alla minoranza.
Non nascondiamo la crisi di partecipazione che è evidente, facciamo un congresso che sia una fotografia reale della organizzazione. Se su mille iscritti partecipano in cento è bene che si sappia, del resto è una realtà che emerge in tanti altri momenti. Non diamo obiettivi di partecipazione che gli apparati interpretano come risultati obbligati da far venire fuori. È un danno e vi dico subito che noi lo impediremo.
La seconda considerazione riguarda il dato politico del congresso. Il documento che voi avete chiamato unitario e che vede contraria solo la nostra qui piccola minoranza, è lo specchio della crisi della CGIL.
La giornata di trattative sugli emendamenti, perché fossero accettati, ma al tempo stesso restassero a segnare una distinzione, ha mostrato a cosa servono. Servono, come fanno i gatti, a segnare il territorio, ogni gruppo dirigente fa vedere che c'è.
In questo documento di unitaria c'è solo la decisione di andare avanti così.
Perché gruppi dirigenti che nel passato si son divisi pubblicamente improvvisamente condividono le stesse idee di fondo? Non è spiegato. Susanna Camusso ha detto che la sua proposta di partire dalla constatazione della sconfitta non è stata accettata. In effetti la consapevolezza della sconfitta giustificherebbe un documento comune di diversi. Ma di sconfitta non si parla; anzi la premessa politica del documento di maggioranza, che non ha emendamenti, dopo le solite frasi di circostanza sui limiti etc, approva tutto.
Quindi, il conflitto tra gruppi dirigenti che avevano rappresentato anche nei sentimenti delle e dei militanti della CGIL e anche nell'opinione pubblica modelli sindacali diversi, le denunce pubbliche sulla crisi drammatica dell'organizzazione, i diversi giudizi, le diverse campagne, via, PUF, tutto sparito senza una spiegazione, c'è il documento unitario. E non è un nuovo segno di crisi questo?
Nel Partito Democratico, a cui la CGIL è malauguratamente troppo vicina e per noi anche questo danno deve affrontare il congresso, è stata denunciata la stessa crisi. Per anni i gruppi dirigenti hanno rifiutato di discutere sui temi di fondo, su cui si mostravano tutti d'accordo, salvo poi scontrarsi duramente sulle questioni di potere.
È quello che si verifica ora in CGIL. Cancellato il confronto sulle grandi differenze restano lo scontro di potere tra sottocorrenti, cordate, gruppi di potere, la personalizzazione senza contenuti.
Per questo son francamente contento di aver potuto presentare una alternativa a tutto questo. Perché il sindacato è un'altra cosa.
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