Nel corso del fine settimana il vicepresidente yemenita e capo del governo fantoccio in esilio, Khaled Bahah, è rientrato ad Aden, la grande città portuale del sud del paese riconquistata recentemente dalle forze lealiste dopo quattro mesi di bombardamenti dal cielo e dal mare da parte delle forze militari della coalizione di paesi sunniti guidati dall’Arabia Saudita. Bahah è atterrato a bordo di un aereo militare saudita proveniente da Riad, dove il presidente Abd Rabbo Mansur Hadi e il suo governo erano fuggiti a fine marzo di fronte all’avanzata delle forze ribelli, gli sciiti Houthi e i militari fedeli all’ex presidente Abdullah Saleh.
Nel paese però la guerra non è affatto finita, e continuano su varie località i bombardamenti sauditi che fanno strage di civili. Finora il bilancio dei morti è arrivato a 4000, e quello dei feriti a 20 mila almeno, anche se mancano dati precisi.
I ribelli Houthi tentano di spostare il conflitto in territorio saudita: quattro uomini delle forze di sicurezza di Riad sono morti e altri 8 sono rimasti feriti in conseguenza di due 2 attacchi lungo il confine con lo Yemen. Inoltre combattimenti tra ribelli sciiti Houthi e le milizie secessioniste del sud – denominatesi ‘Resistenza Meridionale’ in quanto mirano a dividere il paese in due – alleate al governo fantoccio hanno devastato la città di Taiz; il bilancio è di alcune decine di morti e un centinaio di feriti su entrambi i fronti.
Nel paese impazzano però anche l’Isis e Al Qaeda. Nei giorni scorsi “Al Qaeda nello Yemen” ha attaccato con due autobomba una base militare uccidendo nove soldati e ferendone altri 30 nella valle orientale di Sir, nella provincia di Hadramawt, la più vasta del Paese. Le esplosioni hanno danneggiato numerosi edifici della base governativa.
Precedentemente quattro persone erano morte nella capitale Sana’a per l’ennesimo attentato ad un moschea sciita rivendicato dallo Stato islamico.
La situazione umanitaria nel paese è gravissima, l’Arabia Saudita continua ad imporre il blocco aereo e navale e gli aiuti inviati dall’Onu e da alcune agenzie umanitarie iraniane continuano ad essere bloccati, tranne che in pochi isolati casi. La popolazione yemenita è letteralmente allo stremo, con gli ospedali spesso bombardati dove manca la corrente elettrica e scarseggiano i medicinali. Milioni di yemeniti non riescono a procurarsi cibo sufficiente in un paese ormai allo sbando dal punto di vista economico, e cresce il numero di persone malnutrite, soprattutto bambini e bambine. Già prima del lancio dell’operazione militare “Tempesta decisiva” da parte delle petromonarchie lo Yemen ‘vantava’ uno dei più alti tassi al mondo di malnutrizione infantile. Dopo l’inizio dei bombardamenti e del blocco navale saudita la situazione è letteralmente precipitata. Secondo l’Unicef almeno 16mila bambini sono gravemente malnutriti e rischiano la vita, mentre 1.3 milioni di persone sono al limite della malnutrizione.
Intanto da Teheran, obiettivo principale dell’intervento militare saudita contro lo Yemen, arriva una nota di ottimismo dopo la firma dell’accordo con gli Stati Uniti e l’Unione Europea sul nucleare iraniano. Secondo il presidente iraniano Hassan Rohani l'intesa offre infatti prospettive migliori per una risoluzione delle crisi sia in Siria sia nello Yemen.
Rohani ha affermato che l'accordo raggiunto il 14 luglio scorso con le potenze mondiali – ma osteggiato da Israele e dalle petromonarchie del Golfo – ha dimostrato che diplomazia e impegno sono gli unici strumenti per risolvere gravi problemi politici e mettere fine alle crisi. "La soluzione finale in Yemen è politica, in Siria la soluzione finale è politica – ha detto – l'accordo creerà una nuova atmosfera. Il clima sarà più facile". Ma per milioni di siriani e yemeniti oggetto delle mire de stabilizzatrici delle potenze mondiali e regionali la fine del tunnel appare molto, molto lontana.
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