di Michele Paris
L’Assemblea Nazionale francese ha approvato giovedì la richiesta del
governo del presidente, François Hollande, e del primo ministro, Manuel
Valls, di prolungare da dodici giorni a tre mesi lo stato di emergenza
sul territorio nazionale dichiarato subito dopo gli attentati di venerdì
scorso a Parigi. Il provvedimento, che rappresenta l’ennesima grave
minaccia per la democrazia d’Oltralpe, modifica una legge esistente del
1955 e, nelle intenzioni dell’Eliseo, dovrebbe essere seguita al più
presto da modifiche alla Costituzione per assegnare al presidente poteri
virtualmente illimitati nell’applicazione dello stato di emergenza.
Secondo
la versione dei media e dei politici, i recenti attacchi terroristici
avrebbero riacceso un dibattito pubblico sugli equilibri tra le
necessità della sicurezza e la conservazione dei diritti democratici,
spostando l’accento sulle prime a discapito di questi ultimi. In realtà,
in Francia e non solo, gli episodi di violenza continuano a servire da
giustificazione per implementare misure sempre più repressive che le
classi dirigenti hanno in serbo da tempo e che servono ad ampliare i
poteri di controllo e sorveglianza non tanto o non solo sui sospettati
di terrorismo ma sull’intera popolazione.
Lo stato di emergenza
che sta per essere prolungato in Francia codifica veri e propri poteri
da stato di polizia. Particolarmente preoccupante è la facoltà assegnata
alle forze di sicurezza di porre in stato di fermo non solo chiunque
rappresenti una minaccia all’ordine pubblico, bensì addirittura chiunque
tenga un comportamento che possa far pensare a una minaccia alla
sicurezza e all’ordine pubblico.
Dalla spiegazione data qualche
giorno fa da un portavoce del governo Socialista, le forze di polizia
potranno prendere di mira individui che si fanno notare dal loro
comportamento, ma anche dalle loro amicizie, affermazioni o progetti. In
sostanza, potranno essere arrestate persone che, con un semplice post
su un social network, possano teoricamente istigare disordini, anche
senza legami a fatti di terrorismo.
Se si considerano i
precedenti storici, inoltre, la criminalizzazione di simili attività può
essere facilmente applicabile a scioperi, manifestazioni politiche o,
ancora peggio, al sostegno o alla semplice esposizione di idee e
posizioni critiche nei confronti dello stato, se non degli attuali
rapporti di classe o del sistema capitalistico.
Che queste
ipotesi siano tutt’altro che inverosimili è confermato ad esempio dalla
clamorosa decisione presa dal governo del Partito Socialista francese
nel luglio dello scorso anno, quando venne proibita a Parigi una
manifestazione pacifica contro il massacro israeliano di civili allora
in corso a Gaza.
Sempre sulla base della percezione di ipotetiche
minacce, potranno essere poi sciolte determinate organizzazioni, mentre
un emendamento alla legge esistente approvato giovedì consentirà al
ministero dell’Interno di oscurare siti internet che incitino o siano
responsabili di apologia del terrorismo. Questo potere era peraltro già
stato assegnato al governo lo scorso febbraio anche al di fuori dello
stato di emergenza.
Poco confortante è invece la cancellazione
dei controlli sui mezzi di informazione, previsti dalla precedente
legge, decisa dal governo soprattutto per l’affidabilità dei media
“mainstream” anche in Francia nell’auto-censurarsi e nello sposare
automaticamente la linea ufficiale delle autorità nei casi che hanno a
che fare con la sicurezza nazionale.
Ancora, risulterà molto più
laborioso contestare i provvedimenti di arresto, mentre durante le
perquisizioni nelle abitazioni private potranno essere sequestrati
computer, telefoni cellulari e altri dispositivi elettronici. La
precedente legge del 1955 consentiva invece il sequestro soltanto di
armi.
Lo
stesso presidente Hollande, nel suo intervento eccezionale di lunedì di
fronte ai due rami del Parlamento a Versailles, aveva anticipato altre
misure che il governo intende adottare. Tra queste, oltre
all’assegnazione alle forze di sicurezza del potere di utilizzare “tutti
i mezzi offerti dalle nuove tecnologie”, vi è la possibilità di
revocare la cittadinanza francese a coloro che la hanno doppia, nonché
di espellerli dal paese, in caso di condanna per terrorismo.
Sempre
le forze di polizia, inoltre, potranno invocare il diritto
all’auto-difesa in molti più casi rispetto al passato e gli agenti
avranno la possibilità di tenere con sé le loro armi anche al di fuori
degli orari di servizio.
Il prolungamento dello stato di
emergenza nelle modalità stabilite dalla nuova legge che modifica quella
del 1955 sarà approvato in via definitiva dopo il voto del Senato,
previsto per venerdì. Ciò appare una formalità, vista anche la
maggioranza schiacciante ottenuta giovedì dal governo all’Assemblea
Nazionale (551 favorevoli, 6 contrari).
Come già anticipato,
Hollande auspica anche una modifica alla Costituzione entro i prossimi
tre mesi. I cambiamenti previsti permetteranno al presidente di
dichiarare lo stato di emergenza senza l’approvazione del Parlamento.
Gli emendamenti voluti dal presidente, come ha spiegato un docente di
diritto costituzionale alla radio francese RFI, servono sostanzialmente a
dare un “fondamento costituzionale” allo stato di emergenza, cioè,
paradossalmente, alla sospensione delle libertà civili e dei diritti
democratici.
Incredibilmente, Hollande aveva sostenuto lunedì che
le modifiche costituzionali e le nuove disposizioni in materia di
anti-terrorismo permettono alle “autorità pubbliche di agire contro il
terrorismo secondo la legge”. Al contrario, le manovre del governo di
Parigi intendono dare a misure profondamente anti-democratiche una
copertura pseudo-legale, sfruttando il clima venutosi a creare in
seguito agli attentati della scorsa settimana.
I piani del
governo sono ancora più gravi se si considera che solo pochi mesi fa,
ufficialmente in risposta all’attacco di gennaio alla redazione del
settimanale satirico Charlie Hebdo e alla continua allerta terrorismo
nel paese, era già stata approvata un’altra legge che assegnava poteri
di sorveglianza vastissimi alle forze di sicurezza.
Tutte queste
iniziative, va ricordato, sono proposte e adottate per far fronte a una
minaccia che è interamente il risultato della criminale politica estera
mediorientale del governo di Parigi, portata avanti con gli alleati di
Washington, Londra e nel mondo arabo.
Soprattutto,
però, l’assunzione di misure repressive da parte del governo è
indissolubilmente legata all’impopolarità senza precedenti di un
presidente in carica e dello stesso Partito Socialista. Impopolarità
determinata dall’attuazione di politiche di rigore e di smantellamento
dei diritti del lavoro, dopo una campagna elettorale di segno
diametralmente opposto, che hanno prodotto nel paese immense tensioni
sociali pronte a esplodere.
Questa evoluzione è peraltro comune
praticamente a tutti i paesi occidentali, coinvolti infatti in larga
misura in almeno uno dei conflitti in Medio Oriente o in Africa
settentrionale che hanno alimentato il fondamentalismo jihadista e
prodotto, di riflesso, effetti collaterali sotto forma di attentati
terroristici entro i rispettivi confini, a loro volta seguiti
dall’approvazione di leggi da stato di polizia.
Estremamente
significativa è infine la promessa fatta in questi giorni da Hollande,
avallata dall’Unione Europea, di violare il patto di stabilità
finanziaria per stanziare fondi extra a favore delle forze di sicurezza,
in ultima analisi da compensare con ulteriori devastanti tagli alla
spesa pubblica.
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