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21/11/2015

Parigi – In The Flicker

“S’indigna solo chi è male informato”
– P.P. Pasolini –

Premessa – che sarebbe da fare col caps lock, per evitare che ognuno capisca solo quel che vuol capire – : questo mio non vuole in nessun modo sminuire, minimizzare, giustificare quanto accaduto a Parigi.

Dunque.

Abbiamo scoperto l’acqua calda, già: il mondo è un brutto posto e succedono cose atroci.
Sono qui, osservo i social, osservo i servizi del telegiornale, i giornali, i titoli di Belpietro, gli status delle persone e non capisco, non capisco, non capisco questa paura scandalizzata, questo terrore, questo richiedere protezione in modo quasi spasmodico.
Che cosa è cambiato, rispetto all’altro ieri? Abbiamo forse scoperto che, anche noi, possiamo morire di morte violenta, noi che guidiamo le nostre berline, ci lamentiamo del mutuo, dell’affitto, del canone rai, del governo ladro?

Venerdì scorso sono entrato in casa, più o meno all’una, e ho trovato mio padre davanti al televisore.
“E’ successo un casino a Parigi” mi fa lui.
Io mi sono girato, ho letto i titoli in bianco su sfondo rosso in sovrimpressione e ho detto “Ah”.
Non fraintendetemi, ci sono rimasto di sasso, ma non più di sasso rispetto ad altre volte.

Consapevolezza. E’ una parola che mi è sempre piaciuta.
Consapevolezza che vuol dire percezione della realtà, del reale.

Vi racconto una storia.

Siamo a El Salvador, nel villaggio di El Mozote ed è il 1981.
Alle sei del pomeriggio arrivano veicoli militari dell’esercito regolare, ne scendono uomini armati che si sparpagliano per il paese.
Questi uomini sono gli uomini del Battaglione Atlacatl, membri dell’esercito regolare che combattono contro il FMLN (Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional).
Prima vengono radunati gli uomini, chi si ribella viene freddato con un singolo colpo alla testa; vengono chiusi nella chiesa, la chiesa viene fatta saltare in aria con la dinamite.
Poi, donne e bambini, radunate nella piazza: le più belle vengono scelte, portate dietro gli alberi, seviziate e stuprate, infine sgozzate.
Gli altri, tutti gli altri, fucilati.
Mille e duecento persone, infine, si conteranno tra i morti. Almeno cento quaranta erano bambini di meno di dodici anni.
Sul muro di una casa, il Battaglione Atlacatl lascerà una scritta: “Di qui è passato il Battaglione Atlacatl, gli angioletti dell’inferno. Figli di puttana”.
Gli uomini di questo battaglione erano dotati di fucili M-16, arma d’ordinanza statunitense, ed erano stati addestrati da Negroponte, generale statunitense – colui che coordinò le operazioni Desert Storm in Iraq –. Difendevano la democrazia dalla minaccia socialista.
Nessuno ha pagato per quella strage.

Altra storia.

Irma Bandiera, anni ventinove, nativa di Bologna, staffetta partigiana.
Viene catturata dalle brigate nere. Viene interrogata. Viene torturata. Le viene chiesto dove si trovano i suoi compagni. Lei non parla. Lei non dice niente. E allora la accecano, con la brace di sigaretta. La picchiano. La massacrano di botte. La abbandonano morente e agonizzante in mezzo alla strada, sotto la casa dei suoi genitori. Senza che lei abbia detto nulla sulla posizione dei suoi compagni.

Piccolo aneddoto.

Cile, anni 70. Celle buie. Prigionieri politici. Ho letto di un paio di torture che piacevano tanto ai soldati di Pinochet, salito al potere illegittimamente, grazie a Kissinger e, manco a dirlo, gli U.S.A: la prima, riservata agli uomini, si chiamava la friggitrice; venivi attaccato a una rete metallica ad alto voltaggio e, per almeno mezz’ora, subivi fortissime scariche elettriche. Senza motivo. Per divertimento. Una variante consisteva in dei cavi attaccati direttamente ai genitali; la modalità d’esecuzione non cambiava.
Un’altra, riservata alle donne, – e questa ho schifo a scriverla – prevedeva la presenza di un ratto e di una vagina. Mettete insieme voi i puntini.

Non metto niente sul piano di niente, spiego solo perché io non sono né scandalizzato, né stupito, né impaurito.
Faccio parte dell’occidente democratico che ha spalleggiato i peggiori criminali esistiti sulla faccia della terra, in nome della democrazia, e mi fa schifo farne parte.
E sto male allo stesso modo per chi muore in Chiapas, in Siria, in Turchia ogni cazzo di giorno e chi crepa senza motivo, per sfiga, perché era lì al momento sbagliato, un venerdì di Novembre a Parigi.
Ma non mi scandalizzo, non mi stupisco, non cado dal pero.
E’ qui vicino, è vero, ma per quanto mi riguarda venti metri o tremila chilometri non mi cambiano niente.
Semmai mi incazzo. Semmai mi si bagnano gli occhi di lacrime.

Ma non riesco a riconoscermi in una bandiera francese sul profilo di facebook, o in chi invoca protezione, in chi si dice terrorizzato.

I miei fratelli e sorelle rimangono tali, oggi come ieri, senza che nulla cambi, senza che io abbia paura di qualcuno in particolare, o mi ci debba confrontare per tranquillizzarmi del fatto che non sono tutti terroristi.
Non l’ho mai fatto, non lo farò questa volta.

Rimango in silenzio. Incazzato. E vorrei dar fuoco a tutto, per spegnere le stronzate senza senso che si leggono, si sentono, si vedono in questi giorni.
Non vedo l’ora in cui vi sarete dimenticati, come vi dimenticate di tutto, di questa cosa.

Dedico una canzone, a tutti i morti di tutte le stragi senza senso.
A tutte le vittime dell’orrore.
A chi è vittima e non se ne rende conto.
Ai primi e agli ultimi di questo mondo.
A voi.
A me.
A lei, che è lei.

Vostro,

Inchiostro Vittorio Sergio


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