di Carlo Musilli
Di fronte al terrorismo, l'Europa riesce finalmente a mettere nel
cassetto il vangelo secondo Maastricht. Dopo i fatti di Parigi, il
presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, ha ammesso
che la Francia "deve affrontare dei costi supplementari" per la
sicurezza e queste spese non possono "ricevere lo stesso trattamento
delle altre" rispetto al Patto di Stabilità. Un principio che, secondo
il premier italiano Matteo Renzi, è "positivo, giusto e sacrosanto",
perciò dovrà "valere anche per gli altri Stati: figurarsi se uno sta
attento allo 'zero virgola' sulla sicurezza".
L'apertura alla
flessibilità in funzione anti-terrorismo è arrivata dopo che Bruxelles
aveva già concesso indulgenza contabile sulle spese eccezionali
annunciate da François Hollande. A spiegare la presa di posizione
politica e ideologica alla base di questa scelta è stato Pierre
Moscovici, commissario europeo agli Affari economici nonché ex ministro
francese delle Finanze: "Una cosa è chiara nelle circostanze attuali –
ha detto – in questo momento terribile la sicurezza dei cittadini in
Francia e in Europa è la priorità assoluta e la Commissione Ue lo
capisce pienamente".
Com'era ovvio, nessuno ha protestato quando
il premier francese Manuel Valls ha fatto sapere che i parametri di
budget concordati da Parigi con l'Ue "saranno ampiamente superati" e che
l’Europa "dovrà comprendere" tali necessità della Francia e permetterle
di utilizzare nuovi fondi per Polizia, Gendarmeria e Intelligence. Per
la verità, è ormai da anni che la Francia non rispetta i vincoli di
bilancio europei e di solito quando ha bisogno di una deroga non la
chiede, semmai l'annuncia, e Bruxelles si limita a mettere il timbro in
silenzio.
Stavolta però il trattamento di favore riservato a
Parigi non ha a che vedere con il potere politico-economico di cui la
Francia dispone, ma con la gravità della minaccia terrorista che incombe
su tutta l'Europa. Di conseguenza, qualsiasi concessione a Hollande e a
Valls in termini di finanza pubblica non varrà più solo per loro, ma
dovrà essere estesa a ogni membro dell'Eurozona. In questo modo entra in
vigore una nuova regola finora mai enunciata con tanta chiarezza: il
patto di Sicurezza vince su quello di Stabilità.
E' chiaro a
tutti che si tratta di un principio "giusto e sacrosanto", per dirla con
Renzi. La domanda a cui rispondere, semmai, è un'altra: era davvero
necessario arrivare a questo punto per capire che il rispetto dei
vincoli di bilancio non è il primo obiettivo da perseguire quando in
gioco c'è la vita delle persone? In nessun Pese i conti pubblici
esplodono se a fine anno il deficit è al 3,2 piuttosto che al 2,9% del
Pil. E questo non significa che sia giustificabile o auspicabile una
spesa pubblica fuori controllo, ma che in caso di necessità gli Stati
hanno il dovere d'intervenire, deficit o non deficit.
L'urgenza
imposta dal terrorismo è particolarmente evidente e oggi, giustamente,
siamo tutti convinti che la tutela della sicurezza fisica dei cittadini
sia più importante delle questioni di budget. Quello che si fa più
fatica a comprendere è per quale ragione finora l'Europa non abbia dato
lo stesso valore alla sicurezza sociale.*
Per quanto in lieve
diminuzione, lo scorso settembre i disoccupati nell'Eurozona erano
ancora 17,3 milioni, pari a un tasso del 10,8%, secondo Eurostat. A
ottobre, inoltre, lo stesso istituto di statistica comunitario ha fatto
sapere che nel 2014 le persone a rischio povertà o esclusione sociale
nell’Unione europea erano 122 milioni, circa il 25% del totale, contro
il 23,8% del 2008. In altre parole, solo l'anno scorso un europeo su
quattro versava "in condizione di grave deprivazione di beni materiali".
Peggio della media l'Italia, dove nel 2014 la quota delle persone a
rischio povertà ha raggiunto il 28,1%, in aumento del 2,8% rispetto al
2008.
Purtroppo a Bruxelles questi numeri vengono ancora
considerati dei danni collaterali tutto sommato accettabili. O,
perlomeno, non sono visti come una motivazione sufficiente per
interrompere il culto del vangelo secondo Maastricht.
Fonte
* non si fa nessuna fatica a comprenderlo. Le deroghe di bilancio, se si tratta di "sicurezza" vanno infatti a gonfiare le tasche del comparto militare industriale, guarda caso una delle ultime voci di spessore della produzione UE. In materia sociale, invece, le deroghe di bilancio finirebbero nelle magre tasche del 99%, con sommo dispiacere di ogni padrone con o senza l'elmetto.
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