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Non è stata Al Qaeda, come aveva riferito l’esercito yemenita stamattina, bensì l’Isis a mettere a segno il duplice attentato in cui stamattina a Shibam, nel Sud del Paese, sono stati uccisi almeno 50 soldati. A dare conferma della rivendicazione SITE, gruppo statunitense che monitora le attività terroristiche.
I jihadisti hanno usato un kamikaze e bombe per assaltare due postazioni dell’esercito a Shibam, nella provincia di Hadramawt, una roccaforte di Al Qaeda che controlla la capitale Mukalla. Shibam è nell’elenco del patrimonio mondiale dell’Unesco.
L’Isis colpisce dunque in territorio qaedista e si conferma come principale nemico di Al Qaeda nella Penisola arabica, ritenuta la filiale più forte e pericolosa dell’organizzazione guidata da al Zawahiri. Il gruppo di Abu Bakr al Baghdadi negli ultimi anni ha scalzato in notorietà quello di al Zawahiri, erodendone la base di reclutamento. Ha già firmato una serie di attacchi suicidi in moschee del Paese.
Intanto, lo Yemen è impantanato in una guerra civile, che è anche un confronto tra le due potenze regionali Arabia Saudita e Iran. E nel caos yemenita, che ha provocato una terribile emergenza umanitaria, si rafforzano i gruppi terroristici.
La presenza dei qaedisti nelle aree meridionali si è rafforzata dopo che le forze fedeli al presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi hanno ricacciato i ribelli Houthi dalla città di Aden. Sfruttando la componente settaria del conflitto, al Qaeda sta costruendo una rete di alleanze con i clan locali delle aree del sud-est, prevalentemente sunniti, presentandosi come il difensore dei sunniti contro i ribelli sciiti. Ha preso il controllo della città portuale di Mukalla, nodo strategico di rilievo per i rifornimenti e il traffico di armi e persone, e mantiene la sua presenza anche ad Aden.
Molti analisti ritengono che il gruppo terroristico guidato da al Zawahiri possa essere l’unico vincitore di questa guerra dimenticata, ma c’è anche l’Isis che vuole far sentire la sua presenza nel Paese e lo ha fatto con attentati terroristici contro moschee.
L’avanzata degli Houthi era iniziata a settembre dell’anno in corso con la presa della capitale yemenita Sana’a ed è proseguita fino ad Aden. Con l’arrivo dei ribelli sciiti al Sud, la popolazione meridionale è diventata meno ostile alla presenza dei qaedisti. D’altronde, le rivendicazioni indipendentiste non sono mai state sopite al Sud ed è diffusa l’avversione verso il potere centrale.
D’altronde, i droni che gli Stati Uniti continuano a impiegare in Yemen non sembrano aver scalfito il potere dell’organizzazione terroristica, né gli Houthi rappresentano una reale minaccia, visto che sono impegnati a mantenere le proprie posizioni contro la coalizione di Paesi arabi sunniti che è intervenuta in Yemen lo scorso marzo sotto la guida dell’Arabia Saudita. Riad si è schierata con Hadi per contrastare l’influenza dell’Iran, cui sono legati gli Houthi, nella Penisola arabica. Un intervento sostenuto dagli Stati Uniti che però rischia di diventare un pantano per i sauditi. Inoltre, i bombardamenti indiscriminati della coalizione, che di rado arrivano sulla stampa internazionale, hanno messo il Paese in ginocchio. Molte Ong parlano di crimini di guerra e in effetti le bombe sono cadute su infrastrutture, ospedali e abitazioni, facendo centinaia di vittime tra la popolazione civile.
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