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30/11/2015

L’ordine non regna a Parigi

Appaiono veramente ipocrite le esternazioni e le scomposte grida sollevate dalla quasi totalità del sistema dei media occidentali a proposito delle vivaci contestazioni di Parigi contro il vertice denominato “Conferenza Mondiale sul Clima Cop 21”.

Un’indegna esecrazione autoritaria e bellicista capitanata da quel Manuel Valls il quale, anche a proposito dei cortei e delle proteste di domenica scorsa, non ha perso l’occasione di indossare l’elmetto e di lanciare proclami di guerra accompagnati dalla stucchevole retorica patriottarda che dal quel venerdì 13, il giorno degli attentati parigini, sta scorrendo a fiumi in Francia come in tutta Europa. Anche con la complicità di alcune importanti forze della cosiddetta sinistra “radicale” continentale, incapaci di distanziarsi dal richiamo alla Union Sacrée proclamata contro i nemici interni ed esterni o addirittura sue fiere protagoniste. A partire da quel Front de Gauche che nel parlamento di Parigi ha compattamente votato a favore del prolungamento di ben tre mesi dello stato d’emergenza, mentre già il governo progetta la sospensione anche della Convenzione Internazionale dei Diritti Umani in nome di una crociata contro il terrorismo che in realtà copre le responsabilità dell’Unione Europea nel conflitto in corso in Medio Oriente e le aspirazioni imperialiste, anche in campo militare, del polo europeo e della Francia in particolare.

Ma nonostante il clima di stato di assedio e di vera e propria sospensione materiale delle norme e delle leggi che afferiscono alle libertà di movimento e di contestazione, la giornata di lotta di ieri di Parigi è un segnale positivo da valorizzare politicamente e da difendere contro ogni tentativo di criminalizzazione, di rimozione sociale e di riduzione ad episodio di sterile jacquerie.

Centinaia e centinaia di attivisti e di militanti di diversi gruppi e organizzazioni non hanno inteso rinunciare alla possibilità di esprimere – al centro della metropoli parigina – la propria contrarietà ad un Vertice internazionale che – al di là della demagogica propaganda con cui si ammanta – rappresenta la legittimazione formale alla costante ed intensificata manomissione capitalistica degli equilibri climatici, ambientali e del generale rapporto capitale/natura.

Tali vertici rappresentano solo dei momenti in cui i governi delle principali potenze del mondo esprimono una sorta di elenco di buone intenzioni in materia di tutela dell’ambiente e della natura, sfoderano cifre, dati e fantasmagoriche proiezioni statistiche le quali vengono puntualmente stravolte e disattese con buona pace di tutte le raccomandazioni e le preoccupazioni sulla fragilità dell’eco/sistema e dei relativi equilibri climatici.

Bene, dunque, hanno fatto quegli attivisti che hanno inteso, coraggiosamente, sfidare l’asfissiante controllo militare del territorio per rappresentare le ragioni di una mobilitazione che – anche alla luce delle attuali tendenze del modo di produzione capitalistico, le quali pur con accentuazioni e ricadute materiali diverse nei vari quadranti geografici internazionali, confermano la loro natura criminale e criminogena di questo processo storico – deve diventare prassi ordinaria e continua dei movimenti di lotta.

Eppure questa contestazione è dovuta impattare e fare i conti con i posti di blocco disseminati in tutta la metropoli, con il capillare controllo del territorio, con gli arresti preventivi il giorno prima della manifestazione di decine di militanti ambientalisti e, poi, con l’abituale corollario della repressione di strada (cariche poliziesche, gas urticanti, granate stordenti e manganellate a volontà). Un apparato blindato che non ha impedito all’intelligenza ed alla creatività dei compagni e degli attivisti di trovare le opportune forme di espressione e di rappresentazione della propria ostilità nei confronti del vertice e dei governi che vi partecipavano.

Come Rete dei Comunisti riteniamo importante ogni momento politico e sociale di critica e di messa in discussione del processo di normalizzazione autoritaria e di blindatura delle relazioni sociali che, da dopo i fatti di Parigi, sta acquisendo nuova linfa in tutto il continente.

Sempre più l’interventismo militare e le aggressioni contro i popoli e i paesi del Sud del mondo fa il paio con il crescente militarismo e con la limitazione delle agibilità politiche, sociali nelle metropoli occidentali.

Rompere, quindi, la pace sociale, opporsi ai divieti polizieschi, alle limitazioni del diritto di sciopero e delle più che legittime proteste sociali e politiche, battersi per la liberazione di tutti i manifestanti arrestati, impedire l’oscuramento degli strumenti della comunicazione indipendente ed antagonistica sono compiti politici di questa particolare congiuntura dello scontro sociale che avvertiamo come prioritari e urgenti.

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