di Bruce Riedel – al-Monitor (Traduzione a cura di Giorgia Grifoni)
Sulla scia degli attacchi
dello Stato islamico nella penisola del Sinai, a Beirut e a Parigi, c’è
un urgente bisogno di mobilitare risorse per affrontare la minaccia
rappresentata dall’Isis, in particolare nel mondo arabo. Invece,
l’Arabia Saudita e i suoi alleati del Golfo stanno dedicando tutte le
loro risorse e i loro sforzi a una complicata e costosa campagna
militare in Yemen.
Quando la campagna aerea contro l’Isis è iniziata, più di un
anno fa, la Royal Saudi Air Force è stata una delle prime partecipanti.
Eppure, non vola in missione contro obiettivi Isis da settembre, secondo
il New York Times. Il Bahrain ha effettuato una missione area
contro lo Stato islamico nel mese di febbraio. Gli Emirati Arabi Uniti
si sono fermati a marzo, mentre la Giordania ha smesso nel mese di
agosto.
Non c’è stato alcun annuncio ufficiale o pubblico della ritirata.
Tutti i governi arabi ribadiscono la loro ferma opposizione all’Isis.
Questa settimana, i grattacieli di Riyadh si sono tinti dei colori della
bandiera francese per esprimere solidarietà con Parigi. Re Salman bin
Abdul Aziz Al Saud ha detto al presidente Usa Barack Obama ad Ankara che
l’Arabia Saudita avrà un ruolo importante in Siria. Ma, nella pratica, i
funzionari militari americani riferiscono che la guerra nello Yemen ha
lentamente portato via la forza aerea araba dalla lotta contro i
terroristi in Siria e in Iraq. Lo Yemen è la priorità, anche se di tanto
in tanto vengono effettuate operazioni simboliche per colpire obiettivi
Isis.
L’assenza di forze aeree arabe ha creato un vuoto politico – non
militare – anche se la Russia, la Francia e l’America sono pienamente in
grado di condurre una guerra aerea contro l’Isis. Alla
coalizione manca però la risposta musulmana all’auto-proclamato “califfo
Ibrahim.” Si tratta di uno spreco di risorse simbolicamente importanti.
La guerra è anche costosa. Nessuna stima ufficiale dei costi delle
operazioni militari è stata ancora rilasciata, ma in questo momento
devono essere utilizzati decine di miliardi in armamenti, manutenzione e
altre spese.
Ad esempio, questa settimana il Pentagono ha annunciato la
vendita di 1,29 miliardi di dollari in munizioni terra-aria e
attrezzature associate per rifornire l’aviazione saudita delle bombe
utilizzate nella campagna in Yemen. La vendita fornisce qualcosa come 20
mila nuove munizioni in sostituzione di quelle già usate.
Anche il Regno Unito, un’altra fonte importante per i magazizni dell'aviazione di Riyadh, sta reintegrando le scorte usate dai sauditi. Amnesty
International e Human Rights Watch hanno sollevato domande circa l’uso
di queste armi e su possibili crimini di guerra.
L’Arabia Saudita è stata ripetutamente presa di mira
dall’Isis, che ha effettuato attentati suicidi sia in Arabia Saudita che
in Kuwait. E promette di rovesciare la Casa dei Saud e di issare le
bandiere nere sopra la Mecca. Centinaia di cittadini sauditi
stanno combattendo con il gruppo terroristico in Iraq e Siria, mentre la
Giordania è stato un obiettivo dell’Isis, con uno dei suoi piloti
chiuso in una gabbia e bruciato vivo dai miliziani del Califfato. Questi
stati hanno quindi un interesse in questa guerra.
Ma l’attenzione e le risorse di Riyadh sono focalizzate sullo Yemen,
su una guerra in situazione di stallo. Dopo alcuni successi durante
l’estate, la coalizione a guida saudita aveva promesso di
riconquistare Sanaa, capitale dello Yemen, entro questo autunno. La
cosa sembra improbabile oggi La guerra si è trasformata anche
in una catastrofe umanitaria per 25 milioni di yemeniti, con il
protrarsi di un blocco che impedisce la fornitura di cibo e medicine
alla popolazione.
La cosa peggiore è che i principali beneficiari della guerra finora
sono al-Qaeda e l’Iran. Al-Qaeda ha preso il controllo di gran parte del
sud-est dello Yemen dall’inizio della guerra. Le sue bandiere nere sventolano su Aden, la capitale provvisoria del governo filo-saudita. Al-Qaeda
nella Penisola Arabica (AQAP) è cresciuta sempre di più dall'attentato di Parigi lo scorso gennaio: non è più debole. Questo è un segno
preoccupante per coloro che ora promettono di sconfiggere l’Isis.
L’Iran sostiene gli houthi, ridendo dei sauditi e
degli emiratini mentre questi spendono risorse in quello che Teheran
spera sarà un pantano senza fine. L’Iran guadagna in Iraq e Siria dal
dirottamento delle forze sunnite nello Yemen.
Washington e Parigi hanno entrambi fatto troppe concessioni
alla missione di Riyadh nello Yemen, in quanto entrambi hanno ospitato
il ministro della Difesa saudita, il principe Mohammed bin Salman – il
trentenne architetto della guerra in Yemen – e hanno fatto troppo poco
per porre fine a questo disastro. Possono fare pressioni,
insieme a Londra, in quanto controllano l’oleodotto di rifornimento
militare dell’Arabia Saudita e dei suoi alleati, ma i loro tentativi
poco convinti di avviare un processo politico si fanno ora molto più
urgenti. Entrambe le parti hanno accettato la mediazione delle
Nazioni Unite e la risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu per un
cessate il fuoco, ma il conflitto si trascina senza sosta.
Dopo il massacro di Charlie Hebdo nel mese di gennaio, si
era levato un coro di promesse ai terroristi in Yemen che hanno lanciato
l’attacco a Parigi: avrebbero ricevuto una risposta globale. Invece
sono più forti che mai e lo Yemen è diventato un altro campo di
battaglia nella guerra settaria fra sunniti e sciiti che sta devastando
il mondo islamico.
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