23/11/2015
Gli attentati di Parigi: a proposito di due articoli molto citati nel dibattito pubblico di questi giorni
Gli attentati terroristici di Parigi hanno dato luogo al solito dibattito d’occasione in cui alla fine vecchie analisi e vecchie soluzioni vengono contrabbandate per nuove. In questi giorni stanno circolando due articoli, uno di Limes e uno di Famiglia Cristiana che stanno raccogliendo consenso anche a sinistra. L’analisi e la critica di questi due approcci crediamo sia propedeutica ad una analisi di più largo e lungo respiro.
Il primo articolo, quello di Limes, “Parigi, il branco di lupi, lo Stato islamico e quello che possiamo fare” è di Mario Giro, esponente della Comunità di San’Egidio e sottosegretario dell’attuale governo Renzi (oltre che del precedente governo Letta). Ridotto all’osso il suo ragionamento è questo:
Il protagonista del conflitto non è l’Occidente ma il mondo islamico e la nostra priorità è rimanere in Medio Oriente e spegnere la guerra di Siria. Sia la premessa analitica (il conflitto è islamico) sia la conclusione operativa (dobbiamo rimanere là) sono, nonostante il tono moderato e apparentemente pacifista, due punti che attestano il carattere mistificatorio della proposta contenuta nell’articolo. Vediamo più nel dettaglio.
Giro, a parte l’iniziale richiesta di dissociazione anche da parte islamica dello jihadismo (richiesta ridondante e puramente cerimoniale), dice che questa guerra che sta avvenendo in Siria non è la nostra, ma è una guerra interna all’Islam che si sta facendo dagli anni Ottanta. Una sfida intrecciata agli interessi egemonici di diverse potenze regionali musulmane (Paesi del Golfo, Iran, Egitto, Turchia) nel quadro geopolitico della globalizzazione. In questa guerra, noi europei e occidentali non siamo i protagonisti primari ma è il nostro narcisismo che ci porta a pensarci sempre al centro di tutto.
Ora, un semplice lettore di giornali di questi ultimi trent’anni può verificare quanto sia falsata questa rappresentazione: Gli Usa nella loro lotta all’Urss che occupava l’Afghanistan hanno finanziato, armato e appoggiato la guerriglia islamica favorendo l’ascesa di Osama bin Laden e della rete di Al Qaeda. Le potenze occidentali nel loro complesso hanno invaso l’Iraq due volte, devastandolo, causando centinaia di migliaia di morti, distruzione di siti archeologici importantissimi per la storia dell’umanità, scempi di natura ambientale ridisegnandone la geografia politica e il quadro istituzionale e favorendo prima l’innesto della rete di Al Qaeda in Iraq e poi la formazione dell’Isis. Le potenze occidentali hanno sponsorizzato e finanziato i movimenti della sedicente Primavera Araba che hanno sovvertito i regimi della Tunisia e dell’Egitto in nome della democrazia ma che vedono l’ascesa di partiti islamici e già il primo golpe (in Egitto). Le potenze occidentali hanno fatto guerra al regime di Muammar Gheddafi bombardando la Libia nel corso della guerra civile libica (sponsorizzata, armata e finanziata dalle potenze occidentali) e causando il rovesciamento del regime e la morte cruenta e vergognosa del dittatore. Le potenze occidentali hanno sponsorizzato, armato e finanziato la versione siriana della sedicente primavera esacerbando il giù cruento conflitto politico interno ed operando tramite Francia e Turchia già dei bombardamenti portando così la Siria allo stato attuale di disgregazione e dando indirettamente forza all’Isis.
Dire quindi che il considerarci parte determinante dell’attuale conflitto sia frutto del nostro narcisismo è quindi una posizione che ha del comico. Qualche sera fa Edward Luttwak, consulente del governo Usa facente parte sia del Ministero della Difesa che del Ministero del Tesoro, ha candidamente detto che i vantaggi nell'utilizzare il jihad contro l'URSS furono incomparabilmente maggiori rispetto ai problemi che viviamo, chiarendo per l’ennesima volta quanto grande sia l’impegno delle potenze occidentali in Oriente e quanto rilevante ne sia l’influenza. Poi è ovvio che all’interno di questa devastazione economica e geopolitica, strati della borghesia di quei paesi ed élite religiose si giochino la loro partita. Interessanti a tal proposito risultano i riferimenti ad un polo imperialistico islamico in ascesa (facente capo alle petromonarchie del Golfo) da parte di Sergio Cararo. E’ inutile dire però che queste dinamiche siano alimentate e condizionate in maniera decisiva dal continuo intervento imperialistico occidentale (il rafforzamento dell’Arabia Saudita, la nascita di un governo iracheno di matrice sciita e la formazione dell’Isis non sarebbero avvenuti senza l’invasione dell’Iraq). Chiusa questa doverosa e ingrata premessa, analizziamo il resto dell’articolo.
Giro si lancia poi in un’analisi di quella che sarebbe l’ideologia dell’Isis i cui attentati sarebbero volti a costringere le potenze occidentali al ritiro dall’area. La differenza con Al Qaeda è descritta superficialmente come una conseguenza del fatto che al-Qaida si muoveva in una situazione in cui gli Stati erano ancora relativamente forti; l’Isis approfitterebbe della loro fragilità nel mondo liquido, in cui saltano le frontiere (il ricorso alle metafore piuttosto sterili di Zygmunt Bauman forse serve a sfumare proprio il fatto che le frontiere stabilite dall’accordo Sykes-Picot dopo la Prima Guerra Mondiale non erano mai state tanto solide e che Israele e le potenze occidentali le hanno nel corso degli anni ulteriormente shakerate a suon di proiettili). Ovviamente viene completamente sottaciuta l’ipotesi per cui l’Isis sia addirittura finanziata da potenze occidentali (ipotesi che invece viene considerata vera dall’articolo di “Famiglia Cristiana” che analizzeremo dopo) e che l’escalation terroristica sia una reazione al fatto che l’Occidente abbia assistito senza intervenire ai bombardamenti russi che hanno coinvolto in modo molto più incisivo sia l’Isis che al Nusra (che invece stranamente fa parte del sedicente esercito siriano di liberazione).
Giro poi, più condivisibilmente, dice che bisogna evitare un clima di tensione verso le comunità islamiche presenti nei nostri paesi e che bisogna coinvolgere la Russia e l’Iran nelle trattative per risolvere il problema della guerra civile siriana.
Però poi, mentre dice che bisogna occuparsi di tutti i focolai di guerra nel Mediterraneo e nel mondo arabo, al tempo stesso dice che si tratta di problemi che bisogna mantenere distinti e afferma che è l’Isis che vuole farne un quadro di conflitto complessivo. Il problema è che, come egli stesso ammette, tutti questi problemi sono legati ed è uno svantaggio strategico il fatto che l’Isis li veda unitariamente e noi invece ci rendiamo volutamente ciechi da un occhio. Questa visione apparentemente meno ambiziosa è legata invece alla volontà di stare in questi paesi in quanto potenze che tutte insieme si dividono uno scenario geopolitico facendo rimanere le popolazioni autoctone in uno stato di minorità. Giro infatti dice “restare in Medio Oriente comporta un impegno politico a vasto raggio e continuo”.
Giro poi affronta il problema dei foreign fighters dove ha ben poco da dire perché, come lui ammette, a fare quegli attentati potrebbe essere chiunque. Qui ovviamente si aprirebbe un discorso piuttosto lungo sulla condizione degli immigrati in Europa, sulle loro aspettative e le loro frustrazioni (aspettative e frustrazioni che sono sia pur in diversa misura le stesse di chi oggi sopporta l’esclusione sociale nell’ex-Welfare State europeo ma questo paradossalmente diventa un fattore di conflitto interno alla galassia degli esclusi), ma ci porterebbe lontano.
Giro termina la sua proposta dicendo che ci vuole la tregua e la trattativa tra le parti nella guerra civile siriana. Tuttavia, in questa trattativa, egli dimentica che una delle componenti (e non la meno importante) della coalizione anti-Assad è la formazione terrorista di Al Nusra che è la versione siriana di Al Qaeda. Ora, pensare che Al Nusra sia soggetto più affidabile dell’Isis è ipotesi quanto meno imprudente, ma di questo l’autore dell’articolo sembra non accorgersene. Come pure non si accorge del fatto che chiedendo l’appoggio dei cosiddetti Paesi Islamici moderati chiede l’appoggio anche delle petrolmonarchie arabe che sono tra i finanziatori dell’Isis.
Dove possa portare questa falsa rappresentazione della realtà è presto detto: le potenze imperialiste occidentali (di cui l’articolo è una delle tante voci) vogliono approfittare di questo attentato per portare ad una estromissione di Assad dal governo della Siria e prospettare una soluzione egiziana (la più ambiziosa) oppure libica (la più modesta) ovvero un governo fantoccio del capitale occidentale oppure una riconfigurazione del caos comunque più funzionale agli interessi di quest’ultimo. Quale sia l’esito, l’elemento comune è detto dal sottosegretario con queste esplicite parole: “Se ce ne andassimo dal Medio Oriente, gli attentati in Europa smetterebbero subito, probabilmente. D’altro canto le vittime in quella regione sarebbero ancora maggiori. Lasceremmo il lago jihadista diventare un mare. E questa non è un’opzione”. Per l’imperialismo non è un opzione, effettivamente. Il capitale deve fare il suo sporco lavoro. Su questo non ce la sentiamo di dare torto all’autore dell’articolo. Un’ultima cosa per tagliare la testa al toro: per Giro il problema curdo non sembra esistere (dice solo che i curdi avrebbero capito che l’Isis è il nemico; il fatto che lo sia anche Erdogan e chi appoggia quest’ultimo non rientra nell’ipocrisia europea). Domandiamoci perché.
Più leggero nell’analisi e più cristianamente moralistico l’articolo di “Famiglia Cristiana”a firma di Fulvio Scaglione, “Almeno smettiamola con le chiacchiere” molto elogiato anche da compagni come l’unico articolo che ha detto le cose che dovremmo dire noi a Sinistra. Per carità l’intento è apprezzabile, così come pure la critica all’ipocrisia occidentale e la consapevolezza che l’Isis è foraggiato anche da nostri parrocchiani.
Però la spiegazione dell’ascesa dell’Isis è semplicistica e anche il rimedio (“se vogliamo eliminare l'Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna fare e a chi bisogna rivolgersi”) che a questa spiegazione è evidentemente collegato. L’Isis sembra essere invece una conseguenza della Seconda Guerra del Golfo: secondo un’inchiesta di der Spiegel (riportata in Italia da Il Post e riassunta su Wikipedia) infatti “nel maggio del 2003, in Iraq, Paul Bremer, governatore civile dell'Iraq occupato dalle forze americane, dopo l'abbattimento del regime sunnita di Saddam Hussein, emanò un decreto che prevedeva lo scioglimento dell’esercito iracheno. Improvvisamente 400.000 soldati dello sconfitto esercito iracheno furono esclusi da incarichi militari e fu negato loro il trattamento pensionistico. Da questo evento, numerosi ex-militari cominciarono a imbracciare le armi e a combattere contro gli statunitensi e contro il nuovo governo sciita iracheno da essi voluto, cominciando a organizzarsi in gruppi di combattimento e a coordinarsi per riconquistare il potere in Iraq”. Questo nucleo fu inizialmente la cellula di Al Qaeda in Iraq e poi unitosi con altre fazioni islamiche diede origine al cosiddetto Stato Islamico (l’Isis). Dunque si tratta di un’ascesa in cui Assad ha poco da spartire e che non rende questa organizzazione così facilmente eliminabile in quanto i finanziamenti occidentali sono una delle voci di bilancio, ma non l’unica. Inoltre i fattori sociali legati alla nascita e alla diffusione di questa organizzazione sono più difficili da affrontare. Scaglione pure si sofferma sul particolare scabroso dei finanziamenti all’Isis ma non accenna alla questione fondamentale: l’Isis viene finanziata per contribuire a realizzare la politiche imperialistiche occidentali. Sono queste politiche il vero problema. Parafrasando una vecchia battuta “Il Medio Oriente è triste, ma siamo sempre là”.
Italo Nobile
Note: i link degli articoli citati
http://www.limesonline.com/parigi-il-branco-di-lupi-lo-stato-islamico-e-quello-che-possiamo-fare/87990
http://megachip.globalist.it/Detail_News_Display?ID=124654&typeb=0&francia-almeno-smettiamola-con-le-chiacchiere
http://www.ilpost.it/2015/04/22/capo-isis-haji-bakr/
Fonte
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