di Chiara Cruciati – il manifesto
«Fonti dell’intelligence irachena hanno ricevuto informazioni in merito
ad attacchi terroristici in preparazione in diversi paesi, compresa la
Francia, gli Stati Uniti e l’Iran. E a tutti loro è stato comunicato». A
dirlo, a margine dell’incontro di Vienna sabato sera, è stato il
ministro degli Esteri iracheno al-Jafari. Non ha dato altri dettagli,
soltanto di aver avvertito Parigi.
L’Iraq conosce bene
l’Isis. Lo Stato Islamico qui non ha mai smesso di colpire. Lo ha fatto
venerdì uccidendo 26 persone nella capitale, lo ha fatto di nuovo sabato
sempre a Baghdad. Due giorni fa nel mirino degli islamisti sono tornati
i quartieri sciiti: una bomba è esplosa nel quartiere di Sadr
City, almeno 5 vittime; 21 quelle provocate da un kamikaze che si è
fatto saltare in aria nel sobborgo di Hay al-Amal, a sud ovest della
capitale, durante il funerale di un miliziano sciita morto in scontri
con l’Isis.
Uno stillicidio quotidiano
proseguito sabato sera: sette morti in una serie di attacchi perpetrati
con autobombe nel quartiere di al-Nahza, in quello commerciale di
al-Kariat e nella cittadina di Mahmoudiyah, 30 km a sud di Baghdad, e in
successive sparatorie contro un veicolo militare nel quartiere di
Jabour e nella città meridionale di Latifiyah. E di nuovo ieri: nel
centrale quartiere di Allawi, nella capitale, due persone sono rimaste
uccise da un’esplosione avvenuta di fronte ad alcuni negozi.
Una strage continua: secondo
le Nazioni Unite solo ad ottobre in Iraq sono state uccise in atti di
terrorismo 714 persone (di cui 559 civili), altre 1.269 sono rimaste
ferite. Baghdad resta il target: ben 298 vittime, oltre il 50%, si sono
registrate nella capitale. A dimostrazione che lo Stato Islamico non
resta confinato nel territorio che ha conquistato ma riesce a coordinare
cellule anche a est e a sud del paese. La linea del fronte tra
Isis e governo iracheno e tra Isis e Kurdistan è stata lentamente
spostata verso ovest, dopo le fondamentali vittorie di Tikrit e Sinjar.
Gli islamisti cedono terreno, poco, ma vincono nella frammentazione del
paese, sempre più diviso al suo interno tra comunità etniche e
religiose, vittima sacrificale delle violenze perpetrate da milizie
sunnite e milizie sciite, dagli scontri per il territorio tra governo
centrale e peshmerga kurdi.
Ieri a Kirkuk alcuni residenti riportavano al manifesto
di scontri in corso da alcuni giorni nei villaggi a sud della città,
che il Governo Regionale del Kurdistan ha strappato un anno fa al
controllo di Baghdad. Da sempre città contesa, comunità kurda in cui
Saddam trasferì arabi sunniti per cambiarne la demografia e avvalersi
delle ricchissime risorse petrolifere, è ancora oggi teatro di scontri
tra peshmerga e milizie sciite. Che per ora si svolgono a sud della
città: si registrano scontri a fuoco quotidiani, da alcuni giorni, nei
villaggi intorno a Tuz Khurmato tra soldati di Erbil e milizie sciite.
A pagare le spese di un conflitto totale sono i civili. L’ennesimo orrore è stato scoperto ieri dalle forze armate kurde: due
fosse comuni poco fuori Sinjar, la città appena liberata dalla
morsa dello Stato Islamico. La prima contiene 78 corpi di anziane
donne, la seconda tra 50 e 60 cadaveri, donne, uomini, bambini. Secondo
il sindaco della città, si tratterebbe di donne del vicino villaggio di
Kocho, che un anno fa furono separate dalle più giovani, vendute come
schiave.
Pochi i dettagli che giungono
dalla zona a causa – dicono i residenti – dei lavori di identificazione
di ordigni inesplosi, sinistro lascito degli islamisti che per oltre un
anno hanno affamato, massacrato e schiavizzato la popolazione yazidi.
«Queste persone sono state uccise
con colpi di pistola e poi seppellite qui durante l’invasione dello
Stato Islamico, lo scorso anno», ha raccontato all’Ap Qasim Samir,
direttore dell’intelligence a Sinjar aggiungendo che – purtroppo – non
si tratta di una novità: già in passato altre fosse comuni erano state
scoperte nella zona dopo il passaggio degli islamisti.
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