di Michele Paris
A quasi un anno dalla diffusione della sintesi del rapporto del
Senato americano sugli interrogatori di presunti terroristi con metodi
di tortura da parte della CIA, lo scontro interno al governo di
Washington per impedirne la pubblicazione integrale ed evitare
conseguenze legali o politiche ai responsabili continua a rimanere molto
acceso nonostante lo scarso interesse della stampa ufficiale.
Ai
primi di dicembre del 2014, era giunta a termine una lunga contesa che
aveva ritardato di quasi due anni la pubblicazione di quella che
rappresenta solo una piccola parte di uno studio di 6.700 pagine. Nelle
525 pagine declassificate vi erano comunque descritti numerosi crimini
commessi dalla principale agenzia di intelligence USA, tra cui il
ricorso alle più sadiche forme di tortura e alla menzogna per occultare
queste ultime e far credere all’efficacia degli interrogatori “avanzati”
per ottenere preziose informazioni dai detenuti.
Le gravissime
accuse contenute nel rapporto stilato dalla commissione per i Servizi
Segreti del Senato di Washington – ai tempi della compilazione a
maggioranza democratica – non ha prevedibilmente innescato alcun
processo, né tantomeno alcuna incriminazione, a carico di coloro che
hanno commesso i fatti descritti e di quanti hanno autorizzato le
torture o hanno contribuito al tentativo di insabbiamento.
Anzi,
certi dell’impunità, potenziali criminali di guerra come l’attuale
direttore della CIA, nonché ex primo consigliere per l’Antiterrorismo di
Obama, John Brennan, sono più volte intervenuti pubblicamente non solo
per difendersi ma anche per attaccare il rapporto stesso e i suoi
compilatori, esaltando al contempo “i tremendi sacrifici e i servizi
resi da vari membri dell’agenzia per la sicurezza del paese”.
La
stessa Casa Bianca ha fatto di tutto per mettere in pratica il proposito
del presidente Obama di “guardare avanti” senza indagare troppo sul
passato sporco della “guerra al terrore”, contribuendo di fatto a far
sparire completamente dal dibattito pubblico la questione delle torture
della CIA.
L’eventuale incriminazione dei responsabili e dei
mandanti politici dei crimini commessi contro i sospettati di terrorismo
fisserebbe d’altra parte un precedente spiacevole per gli esponenti di
spicco dell’amministrazione Obama, tra cui lo stesso presidente, i quali
hanno abolito formalmente l’autorizzazione a torturare per sostituirla
con gli assassini mirati, ugualmente o ancor più in violazione del
diritto internazionale e della Costituzione americana.
La
pubblicazione del rapporto completo sulle torture rappresenterebbe in
questo senso una grave preoccupazione per quanti erano coinvolti nel
programma di interrogatori della CIA, visto che nelle 6.700 pagine
potrebbero essere citati con precisione nomi, luoghi e responsabilità di
quanto accaduto dopo l’11 settembre 2001.
Per comprendere
l’approccio dell’amministrazione Obama alla questione delle torture e il
grado di trasparenza che la contraddistingue, risulta estremamente
interessante ricostruire almeno in maniera sommaria la sorte del
rapporto dopo la pubblicazione del riassunto nel dicembre dello scorso
anno.
Secondo un recente articolo del New York Times,
poco dopo la pubblicazione, la commissione del Senato che aveva redatto
il rapporto, presieduta dalla senatrice democratica della California,
Dianne Feinstein, aveva debitamente inoltrato copia della versione
integrale al Pentagono, alla CIA, al Dipartimento di Stato e al
Dipartimento di Giustizia, assieme alla raccomandazione – solo
apparentemente ironica – di leggerlo integralmente affinché i crimini
descritti potessero servire da lezione per il futuro.
I supporti
informatici che contengono il rapporto giacciono però tuttora intatti
nelle casseforti dei ministeri e delle agenzie a cui sono stati inviati.
Il Dipartimento di Stato, spiega il Times, al momento della
ricezione ha ad esempio messo sotto chiave la propria copia con un
timbro che recita: “Materiale del Congresso – Non Aprire, Non Leggere”.
Queste
iniziative fanno parte di un’autentica farsa messa in piedi
dall’amministrazione Obama per impedire la diffusione pubblica del
rapporto stesso. Il testo integrale è infatti oggetto di dispute legali,
con associazioni come la American Civil Liberties Union (ACLU) che ne
hanno chiesto la pubblicazione secondo quanto previsto dalla legge sulla
Libertà di Informazione (FOIA).
Quest’ultima legge si applica
però soltanto ai documenti del governo, mentre quelli del Congresso
possono rimanere segreti. Il Dipartimento di Giustizia e gli altri
organi dell’esecutivo che hanno ricevuto copia del rapporto sulle
torture hanno perciò deciso di non volerlo aprire né leggere, in quanto
ritengono che così facendo il materiale in questione resterebbe di
esclusiva pertinenza del Congresso e quindi non sottoposto all’obbligo
di pubblicazione.
Nel mese di maggio, un tribunale federale di
primo grado aveva deliberato in favore dell’amministrazione Obama ma un
verdetto d’appello è atteso nel prossimo futuro. Nel frattempo, la
senatrice Feinstein è stata al centro di un nuovo scontro tra i poteri
dello stato negli USA, dopo che nel 2014 aveva tenuto un eccezionale
discorso al Congresso per accusare la CIA di avere violato la
Costituzione mettendo sotto sorveglianza i terminali dei membri della
Commissione sui Servizi Segreti impegnati nella realizzazione del
rapporto sulla stessa agenzia di Langley.
La Feinstein ha cioè
indirizzato una lettera al ministro della Giustizia, Loretta Lynch,
accusando il suo dipartimento di volere bloccare la diffusione del
rapporto e, quindi, impedire che “gli errori del passato siano
ripetuti”. Oltre al fatto che di errori non si tratta, bensì di
politiche criminali deliberate, la senatrice democratica, nonostante i
toni molto duri nei confronti del governo, ha peraltro mostrato più
volte estrema docilità verso l’apparato della sicurezza nazionale USA.
Ciò
è confermato, tra l’altro, dal fatto che, fino allo scorso anno, in
qualità di presidente della Commissione sui Servizi Segreti, avrebbe
potuto promuovere la pubblicazione unilaterale della versione integrale
del rapporto senza attendere il via libera della CIA, ovvero
dell’agenzia oggetto dell’indagine e responsabile dei crimini in essa
descritti.
A
tutt’oggi, le probabilità che il contenuto del rapporto possa essere
portato a conoscenza del pubblico sono sempre più scarse, anche perché il
cambio di maggioranza al Senato nel mese di gennaio ha modificato gli
equilibri tra favorevoli e contrari alla pubblicazione.
Il
successore di Dianne Feinstein alla guida della Commissione, il
repubblicano del North Carolina, Richard Burr, si sta infatti impegnando
per occultare del tutto il rapporto. Il senatore ha definito
quest’ultimo una “nota a margine della storia” e ha già chiesto agli
organi del governo che ne hanno ricevuto copia di restituirla alla
Commissione, agevolando probabilmente il definitivo insabbiamento di uno
dei documenti più rilevanti per l’assegnazione delle responsabilità nei
crimini commessi dagli Stati Uniti nell’ambito della cosiddetta “guerra
al terrore”.
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