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29/04/2016

Egitto - Giornalisti in piazza contro al-Sisi

Decine di giornalisti hanno marciato ieri per le strade del Cairo denunciando il regime di al-Sisi per le “violazioni della libertà di stampa” avvenute durante le proteste di lunedì. In un reclamo ufficiale redatto dal Consiglio del sindacato dei giornalisti e consegnato alle autorità egiziane, gli operatori dell’informazione hanno accusato il ministro degli interni, Majdi Abdel Ghaffar, e il capo delle forze di sicurezza nella capitale, Khaled Abdel Aal, per quanto accaduto quattro giorni fa.

Il sindacato ha stigmatizzato il comportamento delle forze dell’ordine per gli arresti di alcuni giornalisti avvenuti “illegalmente prima e durante i cortei di lunedì”. Secondo il Comitato di protezione della stampa, infatti, almeno 33 operatori dell’informazione sono stati fermati in diverse retate compiute dalla polizia prima ancora che avessero luogo le manifestazioni.

Il reclamo di sei pagine consegnato ieri alle autorità egiziane accusa anche la polizia di aver bloccato i giornalisti all’interno della sede del sindacato mentre erano in corso le proteste e di aver impedito a quelli che erano rimasti fuori di entrare nell’edificio. Ma le colpe delle forze di sicurezza non finirebbero qui. I poliziotti, si legge ancora nel testo, avrebbero permesso ai sostenitori del regime di al-Sisi di attaccare le sedi del sindacato fornendo loro protezione. Prima di marciare verso l’Alta corte di giustizia, un gruppo di fotoreporter ha ieri voluto simbolicamente alzare le telecamere in segno di protesta contro la repressione governativa che ha subito.

La cronaca della giornata di lunedì è stata un lungo elenco di manifestazioni (talvolta di poche decine di persone) disperse con lanci di candelotti lacrimogeni, di arresti, di raid in diverse località egiziane. La protesta più consistente è avvenuta in piazza Mesaha, nel governatorato di Giza, dove si sono radunate centinaia di persone che hanno scandito slogan contro il regime reo di aver ceduto all’Arabia Saudita le due isole “egiziane” del Sinai (Tiran e Sanafir). I manifestanti hanno chiesto poi la scarcerazione di tutti gli egiziani arrestati lo scorso fine settimana. Imprecisato il numero delle persone fermate nei vari cortei che hanno attraversato il Paese. Secondo l’attivista Zayed Salem, nella sola giornata di lunedì gli arrestati sono stati 161, in maggioranza a Dokki (il Cairo). Altre fonti sostengono che il totale sarebbe più alto.

Mentre il regime prosegue la sua inflessibile campagna securitaria contro i dissidenti, una nuova polemica diplomatica investe il Paese. In visita ufficiale ad Abu Dhabi, il ministro degli esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha detto mercoledì che il mondo arabo, l’Africa e la Palestina avrebbero bisogno di un Egitto “forte” non di quello “fragile sotto l’amministrazione di as-Sisi”. Le dichiarazioni hanno mandato su tutte le furie i vertici del regime egiziano che ha risposto subito per le rime. In una nota, il ministero degli esteri egiziano ha detto che le dichiarazioni turche “riflettono lo stato psicologico” di Ankara da quando è salito al potere l’ex generale as-Sisi. Ha rincarato poi la dose il portavoce del ministro degli esteri egiziano, Ahmed Abu Zeid. Secondo Abu Zeid, i turchi dovrebbero smetterla di ripetere questi “slogan vuoti” e dovrebbero, invece, badare di più alle posizioni politiche che hanno assunto negli ultimi anni che li hanno portati ad isolarsi con il resto del mondo.

Le relazioni tra Egitto e Turchia sono tese da quando il presidente egiziano islamista democraticamente eletto, Mohammed Morsi, è stato destituito con un colpo di stato militare il 30 giugno 2013. In più di una circostanza Erdogan ha chiesto al Cairo il rilascio del suo stretto alleato. I suoi appelli sono sempre caduti nel vuoto.

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