Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

28/04/2016

Blanchard e la crisi della macroeconomia prevalente

di Emiliano Brancaccio e Francesco Saraceno *

[...] E' interessante esaminare un’intervista che Olivier Blanchard ha rilasciato nell’agosto 2015, a poche settimane dalla scadenza del suo mandato di capo-economista del Fondo Monetario Internazionale. In essa, parafrasando la nota esortazione maoista alla competizione tra scuole di pensiero, Blanchard ha dichiarato che «a seguito della crisi cento fiori intellettuali sono sbocciati». In particolare egli si è soffermato soprattutto su “fiori maledetti” di antiche origini, come «l’ipotesi della instabilità finanziaria di Hyman Minsky e i modelli Kaldoriani sulla crescita e le disuguaglianze, proposizioni che un tempo sarebbero state trattate alla stregua di anatemi e che oggi vengono riproposte da economisti ‘seri’» (IMF Survey 2015).

Al di là dell’allusione alla “serietà” degli studiosi mainstream, ovviamente ironica, l’apertura è senza dubbio significativa. Basti notare che nelle sue ricostruzioni manualistiche di storia dell’analisi economica Blanchard non aveva finora mai citato esponenti del pensiero economico critico. Il fatto che oggi li menzioni come potenziali riferimenti per una nuova e fruttuosa dialettica delle idee in campo economico è rilevante, non solo per la ricerca ma anche per la didattica. Solo per citare un esempio inerente a questo volume, si può ricordare che proprio dai contributi degli economisti critici si traggono le basi concettuali per un ribaltamento delle esogene e delle endogene nel modello macroeconomico standard insegnato da Blanchard, e per un conseguente rovesciamento di alcune delle implicazioni di politica economica che derivano da esso.

Pur rallegrandosi della convergenza di tanti studiosi intorno all’apparato di teoria e politica economica mainstream, Blanchard ha più di una volta lamentato il rischio di un eccessivo conformismo tra gli economisti (Blanchard 2008). Il suo recente cenno alla rifioritura degli approcci alternativi potrebbe dunque essere inteso come sintomo di un auspicio: che la crisi economica dia inizio a una fruttuosa disputa lakatosiana tra paradigmi. Naturalmente, se davvero un confronto del genere cominciasse, sarebbe azzardato immaginare un cambio di bandiera da parte di Blanchard. I suoi ripensamenti sulla concezione mainstream della politica macroeconomica non lasciano affatto supporre che il nostro giaccia sull’orlo di una conversione paradigmatica. Al contrario sembra esservi, da parte dello studioso, la persistente preoccupazione di dare continuità alle sue tesi, evitando di produrre eccessivi strappi rispetto alla tradizione ricevuta. Si tratta in fondo del timore di un uomo che incarna ormai i tratti tipici del policymaker di rango internazionale, il quale avverte di rappresentare non più semplicemente sé stesso ma un intero assetto istituzionale e politico.

Ne è un esempio il modo assolutorio in cui ha interpretato il “mea culpa” del FMI sulle previsioni macroeconomiche, che egli stesso aveva promosso: a chi temeva che riconoscendo gli errori l’istituzione avrebbe perso credibilità, Blanchard ha replicato che dopotutto si trattava di stime corrette sulla base delle evidenze fino a quel momento disponibili (IMF Survey 2015). Ma ancor più lampante, da questo punto di vista, è forse l’atteggiamento conservativo con cui Blanchard ha affrontato il problema dell’aggiustamento della Grecia all’interno dell’eurozona. Dal 2009 al 2015, sotto le direttive del FMI e delle altre istituzioni europee, il paese ha attuato una politica deflattiva senza precedenti, che ha portato a una caduta del salario nominale medio di circa il quindici percento e a un crollo della spesa pubblica nominale del trenta percento (dati AMECO 2015). Blanchard ha pervicacemente difeso questo indirizzo in varie occasioni, anche in tempi recenti, lasciando intendere che esso dovrebbe ritenersi valido non solo per il caso greco ma per tutte le periferie dell’Unione (Blanchard 2012, 2015). In tal modo egli sembra nuovamente voler trascurare un fatto rilevantissimo, messo in evidenza da studiosi non solo critici ma anche mainstream: una deflazione prolungata può deteriorare ulteriormente la capacità produttiva e le condizioni finanziarie del paese debitore, e non riduce ma tende piuttosto ad accrescere i dubbi sulla sostenibilità dell’attuale assetto monetario europeo (AA.VV. 2013).

Per ripensare la politica macroeconomica occorre ripensare in primo luogo la teoria economica. Se un dibattito tra paradigmi alternativi verrà riaperto c’è motivo di ritenere che Blanchard ne terrà conto e sarà parte attiva. Ma vi è anche ragione di prevedere che l’apertura delle danze spetterà ad altri, in altri luoghi e forse in altri tempi. [...]

* Testo tratto da E. Brancaccio e F. Saraceno, "Difesa e critica del mainstream: una nota su Olivier Blanchard". In E. Brancaccio, Anti-Blanchard. Un approccio comparato allo studio della macroeconomia, Franco Angeli, 2° ed., 2016, Milano.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento