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28/04/2016

Alture del Golan: scontro tra Onu e Israele

Martedì il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha riaffermato che non riconoscerà nessuna annessione unilaterale delle Alture del Golan da parte dello stato israeliano. La risposta ufficiale dell’ONU è arrivata a seguito delle dichiarazioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, rilasciate a metà aprile, relative all’intenzione unilaterale da parte dello stato sionista di “annettere” parte del territorio siriano perché “sotto sovranità israeliana da più di 50 anni” e dopo aver tenuto la riunione dell’esecutivo, per la prima volta, proprio nel Golan.

Invitati dal Venezuela ad affrontare l’argomento, i 15 membri del Consiglio di Sicurezza attraverso il presidente del Consiglio, l’ambasciatore cinese Liu Jieyi, hanno dichiarato che “la posizione dell’ONU rispetto allo status giuridico delle Alture del Golan resta invariata: sono un territorio occupato illegalmente da Israele” e che il Consiglio di Sicurezza “esprime forte preoccupazione in merito alle dichiarazioni del premier Netanyahu ed alla volontà di Tel Aviv di considerare quel territorio di sua appartenenza”. L’ambasciatore cinese ha anche detto che “in base alla Risoluzione 497, del 1981, la decisione da parte israeliana di imporre le sue leggi e la sua amministrazione nei territori del Golan siriano occupato è totalmente illegittima, senza nessun fondamento o riconoscimento internazionale”.

Israele occupa le Alture del Golan dalla guerra del 1967 ed in seguito, senza nessun riconoscimento da parte della comunità internazionale, si è annesso parte del territorio siriano definitivamente nel 1981. Da allora la popolazione di quei territori, prevalentemente drusi, deve sottostare alle leggi ed all’amministrazione di Tel Aviv, mentre rivendica da sempre la sua appartenenza allo stato siriano. In questi anni, durante la guerra in Siria, l’esercito israeliano ha utilizzato quel territorio come punto di partenza per attacchi mirati alle truppe di Hezbollah in territorio siriano, con la scusa di interventi militari preventivi per contrastare il riarmo delle milizie sciite. Come riportato da diverse fonti giornalistiche quel territorio è diventato anche un punto di passaggio per il transito di guerriglieri jihadisti (prevalentemente Al Nusra) che andavano a combattere nella regione di Dera’a o che ripiegavano per essere curati negli ospedali sotto giurisdizione israeliana: ovviamente sempre con la “tacita” supervisione di Tel Aviv.

La risposta israeliana alle dichiarazioni del Consiglio non si è fatta attendere. Il suo ambasciatore all’ONU, Danny Danon, ha dichiarato che “la dichiarazione del Consiglio di Sicurezza non tiene conto della realtà dei fatti in Siria” aggiungendo polemicamente che “Israele dovrà negoziare sul futuro del Golan con chi? Daesh, Al Qaida, Hezbollah o con il governo sanguinario di Bashar Al Assad?”

In una risposta ufficiale il blocco parlamentare di Hezbollah “Fedeltà alla Resistenza” ha dichiarato che le dichiarazioni sioniste di annessione del Golan e delle Fattorie di Sheba’a (territorio libanese) sono “l’ennesimo tentativo di destabilizzazione della regione dell’alleanza israelo-saudita e della loro convergenza di interessi contro l’asse siriano, iraniano e libanese”. La resistenza “ha già liberato in passato il territorio libanese e combatte per la liberazione di quello palestinese e siriano (Golan compreso,ndr) dove la guerra è sia contro i movimenti jihadisti (Daesh, Al Nusra) sia contro l’entità sionista che ha favorito e sostenuto la nascita dei guerriglieri “takfiristi” in tutta la regione”.

Appare abbastanza singolare e strano il fatto che il territorio israeliano non sia mai stato minacciato dai gruppi jihadisti che invece imperversano in tutta la regione circostante (Libano, Siria, Iraq, Egitto, Libia), nonostante ci sia Gerusalemme, terza città santa per i musulmani, sotto occupazione e vittima di una continua ed inarrestabile colonizzazione. Secondo la stampa israeliana, infatti, il governo Netanyahu considera la parte delle Alture del Golan strategiche da un punto di vista militare contro eventuali azioni militari dove l’unico nemico individuato è Hezbollah e non Daesh o Al Nusra.

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