I naufraghi sono stati raccolti passata la frontiera di Assamaka. Scoperti in mare aperto. Migranti che cercavano di attraversare illegalmente il confine con l’Algeria. Nella zattera alla deriva hanno trovato decine di migranti. Oltre un centinaio le donne coi bambini arrestati nell’oceano chiamato Sahara. Le forze di sicurezza li hanno abbordati, arrestati e ricondotti al porto più vicino. Naufraghi improvvisati senza mappa e direzione apparente. Zattera di sabbia che una duna senza nome ha tradito con la complicità del vento, torrido, di stagione. Le riserve d’acqua erano esaurite e i pozzi sono ormai lontani dagli itinerari dei turisti. L’isola più vicina si allontanava e neppure le scialuppe potevano accostarla. Una bandiera bianca sventolava distratta dall’altra sponda. I bambini a bordo hanno cominciato a cantare senza voce.
I disertori hanno pubblicato una dichiarazione il 27 aprile scorso. Si tratta di una parte dell’equipaggio che allerta sulla deriva della nave. Una ventina di associazioni del bastimento sono definite resistenti per contestare il capitano e il suo equipaggio. Denunciano una mascherata elettorale che solo soddisfa i pirati e i contrabbandieri della flotta armata dell’economia. Una nave di sabbia che, secondo i disertori, naviga dritta verso le colonne d’Ercole della dittatura. Rivendicano il diritto di manifestare liberamente e senza condizioni. Chiedono la liberazione dei prigionieri e la vista ai ciechi. Domandano le dimissioni della Corte Costituzionale e la dissoluzione della Commissione Elettorale Indipendente. Hanno indetto una giornata di sciopero per la nave che pochi hanno seguito. I disertori si preparano a manifestare sul ponte il sabato.
Gli ammutinati sono silenziosi. Formano la maggioranza della nave di sabbia. Stanno sottocoperta e stivati dove capita raccontano avventure ormai passate. Solo quando l’ora del rancio tarda a venire si lamentano in silenzio. Imbarcati senza contratto come manovalanza a buon mercato si sono ammutinati un giorno che non ricordano. Vedono passare le oasi e seguono con gli occhi il volo dei gabbiani. Coltivano dove possono e sperano che domani arrivi in tempo. Credono che Dio solo possa capire quello che si aspettano dalla vita. Gli ammutinati sono tenuti a bada da militari dall’uniforme stirata da poco. Giovani ufficiali, caporali e sergenti al soldo della sicurezza dei pochi che alloggiano a parte e organizzano serate danzanti. Si guardano da lontano come abitassero navi differenti. Tutti, invece, navigano nella stessa nave di sabbia.
I mercanti abitano i posti migliori della nave di sabbia. Commerciano e vendono di tutto. Oro, argento, pietre preziose e perle. Lino e porpora, seta, avorio e legni pregiati. Schiavi, armi e cocaina. Comprano e vendono voti elettorali, contratti, licenze, terreni, giacimenti, libri santi e acqua benedetta. Sono alloggiati nel castello a piani della nave di sabbia e imbarcano mercenari per fare le loro guerre di mercato. Mercanti del tempo che nel Sahel si deposita come polvere sugli avvenimenti e si trasforma in impunità. Acquistano diritti umani e li svendono ai politici durante i mandati presidenziali. Si camuffano in benefattori e arruolano il circo umanitario per spettacoli in prima serata. A loro non importa la destinazione del viaggio. La nave di sabbia è scortata da bucanieri e briganti. Il timone, da domenica all’alba, l’hanno preso le donne, che viaggiavano clandestine a bordo.
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