di Michele Giorgio – Il Manifesto
L’Egitto che
chiede libertà, diritti, dignità, che si oppone alla svendita del Paese,
simboleggiata dalla cessione alla petromonarchia saudita delle isolette
di Tiran e Sanafir, l’Egitto che il presidente-dittatore Abdel Fattah
al Sisi descrive come la «forza del male», ha sfidato ieri le migliaia
di poliziotti e militari schierati dal regime per schiacciare le
proteste al Cairo. Quell’Egitto ha vinto, proprio nel giorno,
il 25 aprile, del 34esimo anniversario del completamento del ritiro di
Israele dalla penisola del Sinai. Poco importa il numero dei
partecipanti alle manifestazioni. Conta la rinnovata volontà di tanti
egiziani, incuranti delle centinaia di arresti preventivi eseguiti dalla
polizia nei giorni scorsi, di rilanciare lo spirito della rivoluzione
del 25 gennaio del 2011 contro un altro dittatore, Hosni Mubarak. La
rivoluzione di piazza Tahrir che il regime, raccontava tre giorni fa
Sudarsan Raghavan sulle pagine del Washington Post, ora vuole cancellare
dai libri di scuola, come se non fosse mai avvenuta, così come la
carneficina di tre anni fa al Cairo di militanti e simpatizzanti dei
Fratelli Musulmani.
La cronaca della giornata di ieri è un lungo elenco di
manifestazioni, talvolta di poche decine di persone, disperse con la
forza, di lanci di candolotti lacrimogeni, di arresti, di raid, in
diversi parti della capitale egiziana, anche se gli incidenti principali
si sono concentrati nel distretto di Giza e a Dokki dove viveva Giulio
Regeni. Arrestata nei pressi di piazza Tahrir, e poi rilasciata, la
cronista Basma Mostafa che, per conto del sito d’informazione Dot Masr,
aveva intervistato i familiari di alcuni degli egiziani, presunti membri
di una banda criminale, uccisi dalla polizia e poi accusati dalle
autorità egiziane di essere i responsabili del rapimento e
dell’assassinio del giovane ricercatore italiano. Una versione ridicola. Oltre a Basma Mostafa sono stati arrestati altri giornalisti, come
Mohamed El Sawi, Hisham Mohammad (al Watan), e i francesi Efa Sheef,
Sam Forey, Etienne Bouy e Jenna Le Bras rilasciati nel tardo pomeriggio
assieme a un danese e un ungherese. La corrispondente della Bbc, Orla
Guerin, ha denunciato sul suo account di Twitter che lei e il suo team sono stati fermati dalla polizia nei pressi di piazza Tahrir.
Un numero imprecisato di attivisti sono stati arrestati dopo
un’incursione a Dokki nella sede del partito El Karama (nasserista)
guidato da Hamdin Sabbahi, candidato della sinistra
alle passate presidenziali. La polizia inoltre ha di fatto chiuso per
tutto il giorno gli uffici di alcuni ordini professionali e ha
presidiato con decine di agenti la sede del sindacato dei giornalisti,
storico punto di riferimento per tante manifestazioni, eseguendo fermi
ed arresti in tutta la zona. In serata la polizia non ha consentito a un
componente del consiglio del sindacato, Khaled al Balshy, di incontrare
i giornalisti egiziani detenuti. Da segnalare, sempre al Cairo,
l’arresto due giorni fa del socialista Haytham Mohamadein e quello
compiuto ieri poco prima dell’alba di Ahmed Abdallah, direttore del
consiglio di amministrazione della «Commissione Egiziana per i Diritti e
le Libertà», che ha documentato la scomparsa di centinaia di
egiziani, detenuti con ogni probabilità nelle carceri del regime.
Domenica era stato arrestato anche uno studente dell’American University
del Cairo, Ibrahim Tamer, noto per la sua opposizione al regime di al
Sisi.
La protesta più consistente è avvenuta in piazza Mesaha, nel
governatorato di Giza, dove si sono radunate centinaia di persone che
hanno scandito slogan contro il regime e la cessione di Tiran e Sanafir
all’Arabia Saudita e chiesto la scarcerazione di tutti gli egiziani
arrestati nel fine settimana. La polizia è intervenuta con
violenza quando i manifestanti si sono spostati in via Dokki, lanciando
lacrimogeni e sparando proiettili di piccolo calibro. In quei momenti
gli elicotteri delle forze di sicurezza sorvolavano il Cairo in segno di
ammonimento. Le manifestazioni si sono allargate a Mansoura, Zagazig e altre località. L’attivista Zeyad Salem ha riferito che ieri sono state arrestate almeno 161 persone, in maggioranza a Dokki. Secondo altre fonti il totale sarebbe più alto.
Intanto le autorità egiziane confermano di voler portare in
giudizio la Reuters che accusano di aver pubblicato «notizie false che
disturbano l’ordine pubblico e la reputazione dell’Egitto». L’agenzia
britannica il 21 aprile aveva indicato il commissariato di Izbakiya come
quello dove sarebbe stato portato Giulio Regeni dopo essere stato
arrestato il 25 gennaio. La Reuters ha difeso il lavoro della
sua redazione e negato che il capo della sua sede al Cairo, Michael
Georgy, abbia lasciato l’Egitto per evitare l’arresto. Nei giorni scorsi
una tv vicina al regime, al Hadath al Youm, ha «mandato al diavolo»
Giulio Regeni e affermato che il clamore suscitato dall’assassinio del
giovane italiano non sarebbe altro che un complotto internazionale
contro l’Egitto.
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