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26/04/2016

Come il terremoto in Austria può investire un'Italia assonnata e docile

Lo diciamo spesso e fa sempre bene ricordarlo: questo paese vive in un loop politico vecchio di un quarto di secolo. Si tratta di un dato di fatto che, dopo la pietrificazione degli anni '80 e in piena disfunzione globale, lo rende incapace di affrontare i pericoli. Anche in questo periodo infatti scorrono gli stessi titoli di tg dei primi anni '90: polemiche sulle inchieste della magistratura, sulle riforme costituzionali, sulle pensioni. Sappiamo come andò a finire allora: tra l'estate e l'autunno del 1992 la realtà (cioè la nascente governance europea, il sistema monetario continentale che conteneva un dna dello squilibrio poi trasmesso all'euro, i soliti mercati finanziari che vivono di speculazioni al ribasso) presentò pesantemente il conto. Soprattutto lo presentò agli italiani: da quella stagione, statistiche alla mano, il livello dei salari, e del potere di acquisto dei redditi da lavoro, non è mai risalito. Ha fatto alti e bassi senza mai toccare il punto di caduta del 1992. Stesso destino per il Pil, in caduta tendenziale da allora. Qualcosa di simile, compresa l'incapacità delle sinistre (per non parlare dei sindacati...) di aggredire positivamente i nodi sistemici, è accaduto poi dopo Lehman Brothers, causando un -5% del Pil italiano nel 2009, e dopo la crisi del debito sovrano 2011-2012 che ha portato tre recessioni consecutive, il crollo delle economie che ruotavano attorno alle autonomie locali, degli investimenti e l'attuale stagnazione (che solo il presidente del consiglio, con discorsi pubblici a metà tra Orwell e il mercatino di San Casciano val di Pesa, prova a vendere come rinascita).

La questione oggi da considerare è che il terremoto austriaco, specie se quella di domenica è solo la prima scossa, può produrre, in Italia, una stagione di disastri simile a quelle del passato. Non solo per la questione migranti, strozzando la circolazione dei profughi su un'arteria di passaggio fondamentale verso il nord, ma per almeno tre questioni sistemiche: stato della governance europea, dell'euro e del sistema bancario. Una cosina da nulla insomma, con effetti che possono essere, a catena, in tutta Europa. Del resto Vienna c'è abituata: al tempo della prima globalizzazione, nella seconda metà dell'ottocento, il crollo della sua borsa del maggio 1873 scatenò una depressione salariale che, in Europa e negli Usa, durò oltre un ventennio. Oggi, con un'Austria sensibilmente più piccola, rispetto al periodo in cui Vienna era il cuore dell'impero austro-ungarico, può accadere qualcosa di comparabile. In nessun luogo, come in Europa, il passato può tornare sotto la veste della novità e della sorpresa. Basta conoscere le vesti diverse con le quali questo passato, si manifesta.

Ma andiamo per gradi. Nel primo turno delle elezioni presidenziali di domenica scorsa, tra la sorpresa di molti sondaggisti, ha vinto il candidato della FPÖ Norbert Hofer. 36% al primo turno con circa 16 punti di distacco sul candidato dei verdi. Se il primo terremoto è questo, mai un candidato del partito che fu di Haider aveva raggiunto un simile livello, il secondo è rappresentato dal crollo dei partiti austriaci tradizionali (popolari e socialdemocratici). Se l'Austria infatti, dal 1945, è stata di fatto governata, tranne la parentesi dell'alleanza di centro destra tra popolari e FPÖ di Haider, da una concertazione tra centrodestra e centrosinistra questo mondo è finito in un turno elettorale. A maggio ci sarà il secondo turno ed è bene ricordarsi questa scadenza. Perchè la FPÖ, il cui candidato presidente in caso di vittoria potrebbe sciogliere presto il parlamento, non è solo alleata della Lega Nord e del Front National della Le Pen. E' euroscettica, capace di incrinare, da destra non da sinistra come sarebbe accaduto se Syriza avesse piegato la Merkel, la governance europea. Inoltre siede su una bomba del debito, e su un ordigno bancario, niente affatto da sottovalutare. Infine, cosa sottovalutata, è in grado di influenzare Berlino con i propri comportamenti. Vediamo i cinque punti che possono alimentare un terremoto in Europa se Hofer vince il secondo turno elettorale.

- Politiche migratorie. Hofer ha definito l'immigrazione come una "invasione islamica" tout court. In caso di vittoria come presidente farà forte pressione sul parlamento, peraltro già incline a favorire queste pratiche, per la blindatura delle frontiere austriache. Schengen, di cui l'Austria fa parte, salterebbe velocemente. Con conseguenze pesanti non solo sulla libertà di circolazione ma anche sull'economia europea (per non parlare di cosa può accadere in quegli ordigni che sono i mercati finanziari in caso di collasso di Schengen). La Merkel, proprio recentemente, ha parlato del diritto dell'Austria a chiudere le frontiere. Vienna, come si vede, influenza anche oggi Berlino. Nel mezzo, ondate di profughi o bloccate in terre di nessuno oppure espulse verso zone di rischio.

- Euro e politiche di bilancio. La FPÖ, basta dare un'occhiata al suo sito mostra idee chiare: si batte per un vero e proprio smantellamento della governance europea per come la conosciamo. Per una rinazionalizzazione delle competenze su bilancio, economia e sostegno alle imprese. Per il ritorno alle monete nazionali o, in alternativa, per una moneta unica fortemente ancorata alle esigenze nazionali. Dopo aver espulso dall'eurozona un bel po' di paesi, s'intende. Una simile posizione, se portata avanti in modo da mettere in difficoltà il funzionamento dei vertici e delle politiche europee (specie nei vertici in cui è richiesta l'unanimità) può risultare esplosiva. Specie se l'impasse della governance europea fa, come è già accaduto, cortocircuito con i mercati finanziari. Altra potenziale dinamite per i mercati finanziari. Nel 2015, solo sulla pubblicistica specializzata però, si parlava di Austria come potenziale Grecia del prossimo futuro, capace di sinistrare l'Euro pur essendo piccola. Rischiamo di arrivare velocemente al momento in cui le ipotesi si verificano, o meno, con i fatti.

- Economia, banche, debito. La crisi Lehman di ormai otto anni fa si è fatta sentire anche in Austria. Oltretutto negli ultimi tre anni, nonostante le previsioni, l'economia è rimasta pressoché al palo. Con consumi stagnanti, l'export penalizzato dalla vicenda Ucraina (altra storia che lega Austria e Germania) poi risalito con la svalutazione dell'euro e l'occupazione ferma. E l'immancabile riforma delle pensioni che ha aumentato l'età pensionabile comprimendo consumi, economia e ricambio generazionale. E' evidente che questa situazione di disagio, che anche l'Italia conosce da vicino, ha inciso sulla crescita della FPÖ. Ma c'è di più. L'Austria è seduta su una bomba del debito che può incidere in Europa. Bomba che lega banche, debito e istituzioni regionali. Il buco della Hypo Alpe Adria, banca austriaca con partecipazione tedesca, fin dal 2015 era stimato, da Bloomberg, come qualcosa che poteva coinvolgere seriamente il sistema finanziario austriaco e tedesco. Oggi l'Austria sta facendo, come recentemente ben spiegato dalla Neue Zuercher Zeitung, da apripista per le nuove regole sul bail-in bancario europeo (quelle che in forma morbida, e già hanno fatto disastri, sono state applicate per Banca Etruria) proprio su Hypo Alpe Adria. C'è però un problema: la regione della Carinzia, di importanza strategica per l'Austria, secondo diverse stime deve pagare, per il fallimento di Hypo, dagli 11 ai 6,4 miliardi di euro. E tutto il bilancio della regione Carinzia è di soli 2 miliardi di euro. Se la FPÖ vincerà le presidenziali, e si consoliderà poi al potere, il modo con il quale tratterà due problemi esplosivi, la questione Carinzia e il primo vero bail-in bancario dopo le nuove norme valide dal primo gennaio, farà da precedente in Europa. Tanto più che sistema bancario, e finanziario, tedesco e austriaco sono legati. Cosa da osservare parecchio visto la crisi del sistema bancario europeo, e quello italiano, irrisolta dal 2008. Nonostante le ristrutturazioni del settore e le migliaia di miliardi di euro immesse da Draghi nel sistema bancario continentale.

- Austria e Germania. Di conseguenza emergono i delicati, per l'Europa, legami sistemici tra Germania, il paese chiave dell'Europa, e Austria. Politici ed economici. Cominciamo dai primi. Vista la posizione della Merkel sui migranti, favorevole a eventuale chiusura frontiere del Brennero, si capisce che non mancano i condizionamenti a Berlino sui temi che trovano sensibile l'Austria. In Germania infatti la CSU bavarese è vicina ai temi "austriaci" sull'immigrazione nonché legata all'Austria su questioni bancarie. C'è poi il legame tra vittoria FPÖ in Austria e crescita della Afd, liberista e nazionalista assieme, in Germania. Per la CDU della Merkel tutto questo non è trascurabile: rischia una spaccatura col partito bavarese se non lo segue e un travaso verso Afd di un elettorato che vede con favore politiche all'austriaca (magari tradotte in modi tedeschi). Un bel problema per la Merkel che, con la recente visita di Obama ad Hannover, ha invece mostrato interesse per un qualcosa che può mettere in crisi il proprio elettorato, quello della Csu e far fuggire voti verso Afd: il prosieguo dei round del TTIP, il trattato superliberista del commercio tra Usa ed Europa. Ma, lasciando la Merkel ai suoi problemi politici, l'Austria, il cui sistema bancario è collegato con quello tedesco (e con le sue montagne di titoli tossici), può servire come strumento per orientare le politiche bancarie. Oggi il sistema finanziario tedesco è spaccato, con conseguenze serie sull'Europa: da una parte le banche soffrono il tasso di interesse zero, dall'altra il Dax ha ripreso a camminare (tanto che per la borsa tedesca si prevedono anche dei record per il 2016). L'Austria, con i suoi problemi bancari, può servire come arma di ricatto alle banche tedesche per ricomporre, a danno dei paesi del sud, questa spaccatura. E se la crisi bancaria austriaca si sommasse con l'impasse della governance europea, grazie al comportamento ostruttivo di Vienna, non mancherebbe certo la noia in Europa.

- Possibile effetto domino in Europa. L'ultimo punto, come da lessico del Dottor Stranamore, è da bomba fine di mondo. La descrizione di questo scenario possibile è breve quanto chiara. Una eventuale vittoria della FPÖ alle presidenziali può nutrire il giubilo di tutto l'euroscettismo, e il protezionismo, europeo. C'è un di più: il 23 giugno c'è il referendum sulla Brexit, sulla permanenza o meno della Gran Bretagna nella Ue. Per adesso la permanenza in Ue è in leggero vantaggio. Una forte eco di una eventuale vittoria di Hofer potrebbe influenzare il referendum britannico. Anche perché, se l'Austria si rifiuta, da destra, di far funzionare l'eurozona per come la conosciamo c'è sempre la Grecia, con tutti i gravissimi problemi irrisolti dallo scorso anno, che potrebbe fare sinergia da sinistra. Non pagando più il debito e causando, di fatto, una forte incrinatura nella governance europea. Questo scenario può fare contagio in Gran Bretagna e favorire, sull'onda degli eventi, la Brexit. In quel caso in borsa, per capirsi, sarebbe Armageddon.

Perché la borsa è un mondo dove il problema (e la speculazione), infatti, non avviene tanto se i sistemi cambiano. Ma se esplodono. A differenza della politica dove ci si adatta all'esplosione dei sistemi e il cambiamento è soprattutto una forma retorica da mantenere viva.

Tutto questo accadrà certamente? La politica è fatta di possibilità. Alcune accadono altre no. In conseguenza di una vittoria di Hofer alcune di queste ipotesi possono accadere. Primo appuntamento, per una verifica dei problemi, al secondo turno delle presidenziali. Certo una vittoria dei verdi austriaci al secondo turno attutirebbe, e di molto lo scenario. Ma, già da oggi, guardandola dall'Austria, si capisce in quali difficoltà si dibatte l'Europa. Il disastro del liberismo, e della politica della Bce di sostegno alle banche, è sotto gli occhi di tutti. Solo che a destra ne hanno tratto le conseguenze proponendo messaggi che, negli elettori dei vari paesi, trovano consenso. Nelle sinistre mancano ormai sia una critica che un contrasto reale alla globalizzazione economica e finanziaria. Coglionescamente tutto questo viene chiamato "nostalgia sovranista", quando la globalizzazione economica e finanziaria – dove l'egemonia è di chi detiene capitali, dispositivi di governance e banche centrali – è sfacciatamente di destra, fatta per dominio dei pochi sui molti. E nel frattempo la destra populista prospera scommettendo su una rinazionalizzazione delle competenze economiche a vantaggio dei pochi, sfruttando la rabbia dei molti. Scommettendo quindi su quello che è apparentemente un piccolo paese di frontiera mentre, invece, rivela tutta la sua pericolosità sistemica. Chi, su questi temi, parla di assenza della divisione destra-sinistra, parla giusto per fare da decorazione bizzarra a quanto accade. La globalizzazione economico-finanziaria, spesso confusa con quella delle comunicazione o con l'integrazione dei trasporti, è di destra. Si combatte solo da sinistra. Nel mezzo ci sono solo parole, legittime per carità, ma prive di riscontri reali.

Certo sono tutti temi che dicono poco a chi si infervora, con la centralità politica dell'analisi delle differenze di posizioni, nelle affinità e differenze tra associazione nazionale dei magistrati e consiglio superiore della magistratura. Figuriamoci per gli appassionati, per altro sempre meno, delle gesta del presidente del consiglio. Oppure a coloro che quando hanno ripetuto la retorica del "più Europa", sono convinti anche di aver detto qualcosa. Ma sono temi che suggeriscono che la politica in questo paese, certo non solo quella di ciò che è rimasto delle sinistre, è veramente fuori centro. Incapace di far entrare la globalizzazione come problema interno e capace solo di interrogarsi noiosamente sulla propria autoreferenzialità per poi, se arriva, farsi travolgere dalla marea. Certo, secondo molti, e non a torto in un'ottica di lungo periodo, stiamo di fatto vivendo gli effetti della crisi del sistema monetario internazionale mostratasi durante la seconda metà degli anni '70. Già all'epoca per molte sinistre la realtà volò via come un aereo a decollo verticale. Per quelle di oggi, fino a questo momento, non c'è stata neanche la possibilità di assistere a questo genere di decollo.

Redazione, 25 aprile 2016

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