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27/04/2016

Gli assassini sono tra noi

Il presidente del consiglio Renzi è in questo periodo è solito dire: “È finito il tempo in cui...” e poi prosegue con l’obiettivo del momento, siano i diritti del lavoro, la salvaguardia dell’ambiente, il ruolo della magistratura, quello del parlamento e quanto altro.

Ora potrebbe ben affermare: È finito il tempo in cui si continuava a maturare una aspettativa di vita sempre più alta.

Infatti, secondo il meticoloso rapporto 2015 di Osservasalute, quest’anno per la prima volta dal dopoguerra la popolazione italiana subirà un calo nell’aspettativa di vita. Nel 2014 essa era di 80,3 anni, l’anno dopo è scesa a 80,1 anni. Due mesi in meno a persona, che moltiplicati per i sessanta milioni di italiani fanno 120 milioni. 10 milioni di anni rubati a tutta la popolazione del nostro paese. Il più grande furto di vita dalla fine della guerra. La notizia dovrebbe avere i titoli a cinque colonne su tutti giornali, dominare telegiornali e talk show, essere al centro di ogni confronto politico ed economico. Ma sappiamo già che non sarà così, perché parlare sul serio di questo dato terrificante costringerebbe a discutere sul serio della sue cause.

Il calo dell’aspettativa di vita è il più semplice e brutale segno del fallimento di un sistema. Se questo sistema ci fa morire prima vuol dire che sta andando contro gli interessi naturali di fondo della specie umana. Una specie che ha raggiunto con la scienza, la tecnica, le conoscenze economiche e sociali, gli strumenti per vivere di più, e che improvvisamente si trova di fronte all’inversione di un percorso di secoli. Secondo gli autori della ricerca negli ultimi 15 anni abbiamo consumato tutti i progressi dei 40 anni precedenti. Guarda caso abbiamo l’Euro e le politiche che lo sostengono proprio da 15 anni.

Purtroppo quanto accaduto in Italia non è un caso isolato, ha un precedente più vasto e terribile. Quando è crollata l’Unione Sovietica e in quel paese si è abbattuto il saccheggio liberista, l’aspettativa di vita è crollata, e ancora oggi, nonostante anni di recupero, non ha ripreso i livelli persi. D’altra parte immagino che un’analoga ricerca in Grecia darebbe gli stessi, anzi peggiori, risultati.

Il furto di vita che stiamo subendo ha una sola semplice causa: le politiche liberiste di taglio dei servizi pubblici, a partire da quello sanitario, e di aumento della disoccupazione. Sono le politiche liberiste la causa criminale della riduzione della vita umana. Sono i patti di stabilità, le politiche di rigore, il pareggio di bilancio come obbligo costituzionale, sono quelle banalità sui costi dello stato sociale che ogni giorno entrano nelle nostre teste come verità naturali, sono tutte le normali e corrette regole di una oculata gestione economica secondo i dettati di Maastricht, che uccidono. Uso proprio questa terribile parola perché come si sa l’aspettativa di vita media è una convenzione statistica. Non tutti, infatti, vivranno due mesi in meno. Molti anzi continueranno a usufruire di tutti gli avanzamenti della società moderna e vivranno più a lungo. Ma altri, sempre più poveri, sempre più esposti a disagi a e malattie, impossibilitati a pagarsi cure e soprattutto prevenzione dei mali, vedranno la loro vita reale ridursi di ben più di due mesi. Quei 10 milioni di anni di vita rubati non saranno sottratti a tutti, ma solo alla parte più povera della società. Che si ammalerà di più e morirà prima: già oggi l’ISTAT non riesce a far quadrare i conti per alcune decine di migliaia di morti in più, che non sono spiegabili in alcun modo se non con un improvviso drammatico peggioramento delle condizioni di vita.

Non perderemo tutti due mesi di vita, i poveri perderanno anni, i più ricchi niente. Del resto nel Medio Evo la vita media era 40 anni, ma i nobili vivevano quasi come noi oggi è per i servi della gleba 30 anni erano già tanti. Lì stiamo tornando. Questa è la diseguaglianza sociale quando diventa biologia.

Di fronte a questa strage da capitalismo ci sono solo due vie. La prima è quella che la nostra società sta già percorrendo, cioè abituarsi e adattarsi ad essa. È la banalizzazione del male che ci circonda, che produce assuefazione mentre alimenta improvvisi e sempre più frequenti scatti di ferocia.

La seconda strada è cambiare tutto. Buttare a mare tutte, ma proprio tutte, le politiche economiche di questi ultimi trenta anni, dichiarandole contrarie agli interessi vitali della specie umana. Rovesciare le classi dirigenti che le hanno amministrate e che se ne sono servite per il proprio potere e riaffermare l’eguaglianza sociale come primo bene comune. Spazzar via, con la stessa forza con cui si distrusse il culto della magia medioevale, le credenze, i tabù, le ciarlatanerie del pensiero unico liberista. Non bisogna più credere a nulla di ciò che viene presentato come vero dal potere, e cominciare a seguire solo ciò che oggi il potere condanna come irrealistico.

Non bisogna avere paura di chiamare rivoluzione tutto questo, anche perché “riforme” sono quelle che ci hanno rubato la vita. Gli assassini sono tra noi o li fermiamo o continueranno al loro opera.

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