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18/04/2016

Il referendum è perso, ma il risultato fornisce diverse sorprese

Il Referendum è stato perso e  Renzi incassa un successo. Inutile negarlo, ma il giovanotto fiorentino farebbe bene a non essere troppo trionfalista. L’uomo ha un comportamento curioso: prima di una consultazione amministrativa o referendaria si affanna a spiegare che si tratta di un quesito settoriale, limitato, locale, senza portata politica generale, comunque vada. Dopo, quando arrivano i risultati, se gli sono sfavorevoli, conferma che si è trattato di una consultazione senza importanza, se, invece, gli è andata bene, si tratta di un segnale di grande importanza che premia la sua azione di governo e la sua segreteria del partito, premessa di nuovi immancabili trionfi. Ma, in un caso come questo, conviene un’analisi più attenta. In primo luogo vanno considerati una serie di fattori che dicono quanto il referendum fosse una scommessa azzardata:

1. il tema ha avuto pochissima attenzione (soprattutto televisiva) sino a dieci giorni prima del voto ed è stato “coperto” da molte altre questioni sino a Pasqua (riforma istituzionale, probabile intervento in Libia, rapporti con la Bce e la Ue, crisi italo-egiziana eccetera) per cui non è riuscito ad imporsi nella agenda politica come uno dei temi centrali. Di fatto, è stato solo lo scandalo di Potenza a dare un po’ di sprint alla campagna;

2. questo è stato accentuato anche dall’assenza di una vera campagna referendaria (rarissimi i manifesti, altrettanto rare le iniziative di propaganda), nonché dalla stanchezza degli italiani che tendono a votare sempre meno per sfiducia nei meccanismi democratici;

3. non era solo il Pd (salvo l’irrilevante minoranza interna) a dare indicazione per l’astensione, ma anche Forza Italia ed i suoi giornali e Tv, mentre la Lega se ne è disinteressata.

Per cui, in primo luogo non è affatto detto che tutti gli astenuti di ieri poi tornino a votare e che poi votino Pd alle amministrative e Si al referendum di ottobre. Presumibilmente una parte lo farà, ma altri continueranno ad astenersi o voteranno a destra. Meno vistoso, ma comunque non inesistente sarà il flusso da questi verso M5s e sinistra. E lo stesso si può dire dei 2 milioni circa di No. Paradossalmente è proprio il “sottotono” renziano di prima del voto a ridimensionare ora il suo successo.

Quindi, vittoria si, ma contenuta e per nulla irreversibile. Anzi, a guardare dentro il risultato non mancano segnali mica tanto belli per Renzi.

In particolare, colpisce il risultato di Puglia (più del 40% dei votanti, ad un passo dal quoziente) e Lucania (unica regione che ha superato il 50%), cioè le regioni in cui, per una questione geografica, il tema era particolarmente sentito e la campagna referendaria c’è stata. Quel che significa che dove della questione se ne è parlato, il risultato è molto diverso dalla media. Quindi, nel referendum istituzionale (che avrà ben alto impatto) le cose non andranno tanto lisce per Renzi, anche perché è presumibile che, in quel caso, la destra sarà contro Renzi.

E significa anche un’altra cosa: che il Presidente della Regione Puglia, Emiliano, protagonista di questo scontro, ha acquisito una prima notorietà nazionale ed ha un partito che lo segue nella sua regione. Conoscendo personalmente Emiliano sin dai tempi (ahimè remoti) dell’Università, so che è una brutta gatta da pelare: non è uno degli stoccafissi surgelati della “sinistra” bersaniana. Do per scontato sia un suo impegno nel referendum istituzionale per il No alla riforma, sia una sua battaglia congressuale contro Renzi alla quale è possibile che si aggiungano altri di “centro” (ad esempio Chiamparino, Zanda, De Luca, forse Finocchiaro).

Il secondo dato interessante riguarda due delle città più importanti fra quelle prossime al voto: Torino, dove la partecipazione è stata del 36,5%, cioè 4 punti oltre la media e Bologna (36,8%), città che non avevano alcuna particolare ragione (come in quelle sulla costa adriatica), per votare più di altre.

E c’è anche un gruppo di province, di cui alcune “rosse”, dove la partecipazione è oltre la media (Modena, Reggio Emilia, Oristano, Padova, Chieti).

Ma il dato più significativo sono i 13.334.764 voti raccolti dal “si” che indicano l’area di resistenza antirenziana più decisa in massima parte attribuibili al M5s ed alla sinistra. Un nucleo duro che giocherà il suo ruolo tanto alle amministrative quanto al referendum. C’è chi dice che Renzi guarda a quella massa fra i 10 ed i 15 milioni di voti che gli è irriducibilmente ostile con preoccupazione. Fa bene.

Adesso prepariamoci alle amministrative dove è possibile ribaltare la tendenza e ricordiamoci degli imbrogli che Renzi ha fatto per vincere questo referendum (dalla disinformazione alla decisione di separare referendum e voto amministrativo per far mancare il quoziente), ricordiamoci dei comitati d’affari che lo scandalo potentino ha rivelato. Ricordiamocene, soprattutto il 19 giugno quando voteremo per i ballottaggi ed in nessun caso occorrerà dare un voto in più ai candidati del Pd.

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