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20/04/2016

Roma. Picchetto antisfratti di massa a Castelverde. La polizia non si vede

Andare a Castelverde significa farsi un’idea dell’espansione e del limite della città. Questa mattina presto ci si è dati appuntamento per un picchetto di massa con l’obiettivo dichiarato di bloccare 27 sfratti prodotti dalla truffa dei Piani di Zona. Dopo chilometri di strade in mezzo alla campagna punteggiata da insediamenti abitativi si arriva ad una rotonda con una strada stretta ristretta da due jersey. Oltre ci sono le case del Piano di Zona, alcune palazzine prive di ogni opera di urbanizzazione ma vendute o affittate a prezzi di mercato invece che ai prezzi convenzionati dovuti al fatto che i costruttori hanno ricevuto concessioni e finanziamenti pubblici. Oltre le palazzine si staglia la vetta di Monte Gennaro (quasi mille metri), uno scenario che sembra quasi la Val di Susa con boschi e sentieri piuttosto che uno scenario metropolitano.

Alle 7.30 di mattina ci saranno circa duecento persone. Il tam tam lanciato dall’Asia/Usb, dalla Carovana delle Periferie, dal coordinamento dei Piani di Zona (migliaia di famiglie), ha prodotto un appuntamento di lotta e resistenza condiviso. Attivisti e inquilini sono arrivati dai vari quartieri a dare un mano. Si riconoscono molti veterani di tanti picchetti antisfratto. C’è anche Bruna, sfrattata recentemente ma che ormai non si perde una manifestazione. C’è preoccupazione. Ieri il Corriere della Sera dava questo sfratti già come praticamente eseguiti. Si aspettano i blindati della polizia. Le staffette vanno e vengono ma si segnala solo la presenza discreta di un paio di agenti in borghese. Il picchetto di questa mattina è diventato però quasi un evento. In giro ci sono diverse telecamere e fotografi.


La truffa dei Piani di Zona ormai è esplosa – come denunciato anche dal nostro giornale già dai primi giorni dell’inchiesta Mafia Capitale come la “ciccia” su cui indagare – ed è diventato un tema rognoso dell’agenda politica cittadina. Le responsabilità del Comune e della Regione sono enormi e conclamate. Hanno dato i soldi ai costruttori privati (società e cooperative) e non hanno controllato come venivano utilizzati. Il risultato è che i Piani di Zona, nati con la famosa legge 167 per creare edilizia a prezzi agevolati, si sono trasformati in una speculazione vera e propria e poi in una truffa ai danni delle migliaia di famiglie coinvolte. Gli sfratti a Castelverde sono stati richiesti dalla Unipol Banca che ha pignorato gli appartamenti costruiti dalla società Cee srl debitrice della banca. A farne le spese però sono famiglie che hanno già comprato le case e che adesso si vedono chiedere altri soldi, tanti, troppi.

La 167 e i Piani di Zona, dovevano servire a quei ceti sociali troppo “ricchi” per poter usufruire delle case popolari ma troppo “poveri” per accedere al mercato dell’abitazione. Dunque un ceto medio composto da lavoratori dipendenti, piccoli artigiani, etc che per tutto un periodo è stato l’ossatura anche elettorale dei partiti tradizionali. Ma la speculazione, la logica del mercato, la complicità istituzionale ed infine la crisi, hanno fatto precipitare il cielo sulla testa di ampie quote di questo ceto medio. Un po’ come quanto avvenuto nelle case degli enti previdenziali (Inpdap, Enasarco, Enpaia etc), nati anch’essi per calmierare il tossico mercato immobiliare ma poi privatizzate con impennate degli affitti fino al raddoppio e vendita a prezzi di mercato. Cifre diventate irraggiungibili per lavoratori e pensionati. Sullo sfondo un'emergenza abitativa fatta da nuclei familiari di immigrati, da famiglie sfrattate, da nuclei coabitanti, con Roma che continua ad avere la non certo invidiabile nomination come “capitale degli sfratti”. Un problema storico, mai affrontato con serietà e soprattutto mai risolto.

A Castelverde la polizia non si vede, il tam tam prosegue, le telecamere girano in cerca magari di situazione “penose” da anteporre come immagine a qualsiasi denuncia più sostanziale e di contenuto su questa situazione. Arrivano anche i refoli della campagna elettorale. Ad un certo punto si palesa il candidato sindaco della sinistra Fassina. Prima ancora la deputata del M5S Lombardi (che però non è candidata ed ha eletto a suo ufficio parlamentare una casa sotto sfratto riuscendo a bloccarlo). Si mette in moto quel rituale penoso del “ codazzo” di cronisti e reporter in cerca di una dichiarazione di 19 secondi da buttare in un TG o in un pezzo di cronaca. Comincia l’assemblea popolare sotto le case. Angelo Fascetti dell’Asia/Usb, una vita dentro la lotta per la casa a Roma, ricostruisce la vicenda dei Piani di Zona e va giù duro con le responsabilità e i silenzi di Comune e Regione, intervengono gli abitanti dei vari Piani di Zona che costellano la periferia romana, interviene Guido Lutrario per la Carovana delle Periferie e via via tanti altri. Un pò di contestazione c’è stata quando ha preso la parola Fassina.

Alla fine dell’assemblea si dichiara lo “scampato pericolo” per oggi, ma già ci si dà appuntamento per il 28 aprile per bloccare gli sfratti nelle case del Piano di Zona di Tor Vergata in via Marcello Gallian 20. Circola la voce di una moratoria de facto di sfratti e sgomberi fino alle elezioni e alla nomina della nuova giunta. Resta però il problema di una situazione vergognosa, avallata dalle istituzioni e da alcuni magistrati, e che va risolta pienamente con una riscrittura completa dei passaggi effettuati fino ad oggi. Rimane poi il problema di fondo: una strategia per la soluzione dell’emergenza abitativa e per tagliare le unghie ala speculazione immobiliare.

La Carovana delle Periferie nei suoi sette punti ha avanzato la proposta di un Piano Metropolitano per le abitazioni che tiene insieme i due aspetti. Parlarne prima delle elezioni ha un senso, metterlo con forza in piazza subito dopo – e con un interlocutore politico definito – diventa l’orizzonte vero sul quale regolarsi.

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