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19/04/2016

Genova colpita dal petrolio. E non ha neanche le piattaforme...

Chissà se hanno tirato un sospiro di sollievo, gli abusivi di Palazzo Chigi, guardando la cascata di petrolio che ha sconvolto la Valpolcevera, a Genova. La tubatura è esplosa di lunedì, fosse accaduto venerdì o sabato, probabilmente, qualche altro milione di persone – soprattutto in Liguria e dintorni – si sarebbe presentata alle urne. Alzando, se non il quorum, la temperatura del malumore popolare verso il governo.

L’incidente verificatosi a Fegino, tra il ponente genovese e la Valpolcevera, ha impegnato almeno cinque squadre di vigili del fuoco (tra i quali ormai non si contano più i precari, come se questo fosse un mestiere come tanti...). Il tentativo è quello di arrestare il fiume nero prima che raggiunga il mare, tramite barriere filtro e altri strumenti di emergenza. Qualcosa in mare ci è arrivato lo stesso, ma purtroppo Renzi non era sulla spiaggia...

Le condutture dell’azienda Iplom, una raffineria di Busalla, in Valle Scrivia, sul versante piemontese dell’appennino, sarebbero saltate in almeno cinque punti diversi. Segno di un’infrastruttura fatiscente (nonostante sia un’azienda privatissima, chissà com’è...) e con forti carenze nella manutenzione e monitoraggio. Le stesse valvole di sicurezza non avrebbero funzionato, oppure non sarebbero state chiuse in tempo permettendo al petrolio di raggiungere il rio Pianego. Eppure, quando si parla di eventualità di incidenti e rischi ambientali ci spiegano sempre che “ormai le tecnologie hanno reso il trasporto di greggio super-sicuro”.

Dalla fiumana nera si è alzato ovviamente una nuvola di gas, con conseguenti rischi per la popolazione. Che è stata invitata a tenere le finestre chiuse e a mettere asciugamani per impedire ai gas di entrare.

Non sappiamo in quanti abbiano votato al referendum di domenica. Ma è il caso di citare il massimo poeta cittadino: “anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”.

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