Leggo di uno strano caso: una ragazza che, intervenendo a lezione aveva affermato (o chiesto, non capisco bene dalle diverse versioni dei giornali) che Lucio Battisti era fascista,
si è vista appioppare un 4 dal suo docente che, per di più le ha messo
una nota perché sarebbe intervenuta a sproposito ed in modo maleducato.
Ovviamente non so come sia andata, non so quanta ragione abbia il prof di sostenere che la studentessa sia stata ineducata e questo dovrebbe essere compito del Preside appurarlo, sia per confermare la nota disciplinare sia per annullarla e, nel caso, irrogare una nota di demerito al prof.
Certo è che se uno studente pone una questione
(lasciamo da parte il modo) io so che bisogna rispondergli nel merito,
portare argomenti, cercare di capire sulla base di cosa lo studente fa
quelle affermazioni e farlo ragionare sul metodo con cui si può
stabilire una verità storica e questo serve ad educare anche gli altri.
Insomma tutto, meno che metterla sul
piano disciplinare e, tantomeno, dando un votaccio che non si capisce
cosa c’entri: era materia di interrogazione? Aveva sbagliato a
rispondere a una domanda? Non sappiamo, ma l’impressione (dico solo
l’impressione) è quella di un attacco di nervi del prof di fronte ad una
affermazione sgradita.
Se uno studente mi avesse fatto un
quesito del genere, avrei risposto prima di tutto sulla base di due miei
ricordi. Il primo è una nota confidenziale del ministero dell’Interno
che affermava essere Battisti uno dei finanziatori del Gruppi di Azione
Nazionale promossi da Mario Tedeschi e Gianna Preda, direttori del
settimanale “il Borghese”, il che (qualora la nota dicesse la verità)
confermerebbe una simpatia fascista di Battisti.
Il secondo ricordo è un mio incontro in
aereo con Bruno Lauzi, con il quale iniziai a conversare ed al quale
riferii di quella nota chiedendo il suo parere. Lauzi mi disse di non
crederci assolutamente, in primo luogo perché “Battisti era avaro e non
avrebbe fatto sottoscrizioni”, in secondo luogo perché non aveva
particolari passioni politiche e che gli risultava votasse per i
repubblicani.
Vero è che i giovani di estrema destra
fecero propria una canzone di Battisti (“Il mio canto libero”) dandogli
una lettura in chiave fascista, plausibile ma mai avallata dal suo
autore. Quale è la verità?
Avrei concluso la mia risposta allo studente con queste parole: “Ma
se anche stabilissimo con certezza che Battisti era fascista o no, cosa
ci cambierebbe? Forse le sue canzoni diverrebbero più o meno belle in
base al risultato di questa inchiesta? Battisti è stato, con De Andrè
Paoli, Bindi, Endrigo, Tenco, uno dei maggiori poeti di una generazione e
questo è quel che conta”.
Devo dire che la reazione del professore
ha un forte odore sinistrese (di quella sinistra che a me non piace,
settaria, bigotta e intollerante), quel che mi fa dire ai miei compagni
di generazione, i sessantottini: “Cari amici e compagni, stiamo diventando un club di zitelle isteriche. Diamoci una regolata”.
(fabio scordella): A chi all'epoca gli fa domande sul suo orientamento politico, come il giornalista Renato Marengo, che nel 1974 raggiunge il cantautore nella sala d'incisione Il Mulino di Anzano del Parco, in Brianza, Battisti risponde: "Guarda che io non mi interesso assolutamente di politica. E' proprio fuori dal mio mondo. Da quando ero ragazzino sono sempre stato talmente ed esclusivamente preso dalla musica, dalle registrazioni, dalla composizione, da prove, arrangiamenti, lettura dei testi, discussioni con Giulio (Mogol, ndr), che anche volendo non troverei il tempo per comprendere che cosa vogliano la sinistra e la destra. Io so che Giulio è socialista, questa è l’unica cosa di politica che conosco. Di una cosa sono certo: non credo proprio che per scrivere buona musica o belle canzoni si debba essere iscritti a questo o a quel partito. [...] Sono giunto quasi a odiarmi per quello che ero diventato, o meglio per quello in cui i mass media mi avevano identificato: il cantante ricco, bello e famoso, amato dal pubblico forse più per il suo bel faccino e i suoi riccetti, per certe furbizie roche della voce, che non per il reale talento musicale, l'unica cosa per la quale ora mi interessa farmi apprezzare. [...] Quello che non voglio fare è parlare con gente che per professione si impiccia dei fatti privati delle persone, come se avesse una malattia che la costringe a riferire tutto, tutto quello che ascolta o vede o gli si racconta, magari in confidenza".
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