Nell’ordine: il presidente dell’INPS Boeri lancia l’allarme sui giovani nati dopo il 1980, andranno in pensione a 75 anni, annuncia.
Sono gli effetti della legge Fornero e delle “riforme” precedenti, tutte preparate nell’identico modo: “bisogna aiutare i giovani perché altrimenti non avranno una pensione”. Il risultato di quelle “riforme” – dal pacchetto Treu del 1997 fino al Jobs Act – è sotto gli occhi di tutti, dopo venti anni. Come ricorda Giorgio Cremaschi:
La denuncia è vera ma gli scopi sono diversi da quelli che si fanno vedere. Se si volesse fare qualcosa contro questo dramma si dovrebbe abbassare l’età pensionabile cancellando la Fornero e anche le controriforme precedenti. E soprattutto bisognerebbe creare posti di lavoro veri, con politiche pubbliche, non rendere più facili i licenziamenti e regalare miliardi alle imprese per assumere chi comunque avrebbero assunto. Insomma si dovrebbe fare il contrario delle politiche economiche dettate dalla Troika ed eseguite dai governi, ultimo Renzi. Negli ultimi 25 anni si sono sempre usati i giovani per colpire i diritti sociali e del lavoro. Alla fine i giovani stavano peggio di prima e così si poteva ricominciare. Come succede ora. Si parla delle ingiustizie a danno delle nuove generazioni, ma si prepara il taglio delle pensioni per far quadrare i conti, visto che l’economia va male. Tutto finto, tutto contro lavoratori e pensionati, tutto contro i giovani. Non ci cascate.La conferma che qualcosa si va smuovendo dentro il governo, su questo fronte, arriva nel giro di poche ore, con il ministro Pier Carlo Padoan che – riferiscono i media mainstream – “apre alla flessibilità in uscita”. Ovvero alla possibilità per il singolo lavoratore di andare volontariamente in pensione prima dei 66 anni e sette mesi di età, in modo da favorire nuove assunzioni di giovani (a un salario assai più basso). Il lavoratore dovrebbe però lasciare sul terreno una quota rilevante dell’assegno pensionistico che gli spetterebbe per i contributi già versati. Le voci, che un tempo parlavano di un meno 2% per ogni anno di anticipo, ora già viaggiano sul 3 o 4%. In pratica, un lavoratore che si ritira a 64 anni e mezzo rischia di perderci il 12%. Per sempre...
Ma neanche questo è sufficiente, spiegano gli analisti di regime. Questo autentico massacro dei trattamenti pensionistici (l’alternativa, per molti, sarebbe obbligata: continuare a lavorare fino all’età limite, vanificando così il raggiungimento dell’obiettivo dichiarato: liberare posti di lavoro per i giovani) comporta infatti una maggiore spesa pensionistica nel breve periodo (dovrebbero essere pagate più pensioni del programmato), anche se sul medio-lungo periodo la spesa verrebbe ridotta (pagando pensioni più basse).
Tommaso Nannicini, capo della struttura economica di Palazzo Chigi, spiega che “Se il costo è interamente a carico della finanza pubblica, al di là delle diverse proposte, siamo intorno ai 5 o 7 miliardi, a seconda dello sforzo, in termini di penalizzazioni, sul pensionato”. Non se ne parla nemmeno, dunque, perché in termini di deficit/Pil significherebbe un buco da 0,3-0,5 punti percentuali, con relativo altolà dell’Unione Europea.
Ipotesi accantonata, allora? Neanche per sogno: là dove i conti non possono tornare per vie normali “Servono uno sforzo di creatività e soluzioni di mercato”. Nannicini non si è spinto molto più in là, esplicitamente. Ma subito hanno preso corpo i rumors che individuano la “soluzione creativa di mercato” in un intervento delle banche.
Di che tipo? Repubblica, organo ufficiale del renzismo sfegatato, la spiega così:
L’assegno, fino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia, verrebbe erogato da una banca come fosse un prestito. L’Inps agirebbe solo da garante del prestito. Una volta raggiunta l’età pensionabile, l’assegno verrebbe pagato dall’Inps e il lavoratore comincerebbe a restituire a rate il prestito delle banche. Per questa soluzione, che non avrebbe impatto sui conti pubblici, servirebbe preventivamente un accordo tra il governo (o l’Inps) e l’Abi, l’associazione delle banche.In pratica: non solo ti viene tagliato l’assegno di una quota importante per ogni anno di anticipo, ma per sovrapprezzo dovrai restituire anche una quota percentuale del percepito in anticipo più ovviamente un interesse alla banca che “si occuperà della tua pensione anticipata”. Un’idea classica da sceriffo di Nottingham: togliere ai poveri per dare altri aiuti alle banche. Il bello è che ce la vorrebbero vendere addirittura come un modo di “attutire” l’impatto del taglio!
È finita qui? Ma quando mai... Anche i fondi pensione privati vogliono la loro fetta di carne, e quindi il governo sta studiando il modo di renderle “più appetibili”, magari riducendo l’aliquota fiscale alzata (di molto) solo due anni fa da questo stesso governo. Per il confindustriale IlSole24Ore, la soluzione starebbe in mix di misure coordinate,
Una vera e propria riforma che punterebbe a rendere quasi obbligatoria una parte della “copertura previdenziale” attraverso forme integrative e che in questa chiave potrebbe vedere anche nuove misure sulla destinazione del Tfr (anche obbligatoria).Tradotto: visto che siete stati così intelligenti e accorti da rifiutarvi di aderire in massa, volontariamente, ai fondi pensione privati, adesso vi obbligheremo a farlo. Con la forza.
Volete una definizione “filosofica” dello spirito che anima questo governo? Beh, diciamo che il concetto di “sbloccare l’Italia” si traduce sempre, nei fatti, nel far scorrazzare liberamente gli avvoltoi. Sia che si tratti di compagnie petrolifere, come la Total in Basilicata, sia che si tratti di banche e finanza speculativa.
P.S. Qualcuno, alla fine, ci potrebbe chiedere: scusate, ma da tutto questo massacro, “i giovani”, che ci guadagnano? Niente! Mica avevate creduto a Boeri o Renzi...
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