Michele Giorgio - il Manifesto
L’Istituto 2 della
centrale nucleare di Dimona «visto da fuori, è una costruzione di
cemento, grezza e priva di finestre, di due piani… le mura sono spesse
abbastanza da resistere a un bombardamento e sul tetto c’è una torre per
l’ascensore che non parrebbe necessaria per un edificio tanto piccolo.
Per trent’anni questo innocuo pezzo di cemento ha celato i segreti di
Israele... Le mura del piano terra nascondono ascensori di servizio che
portano uomini e materiali a 6 livelli sotterranei, dove i componenti
per le armi atomiche sono prodotti e assemblati in parti per le testate
missilistiche». Sono alcuni passaggi di un lungo servizio
pubblicato il 5 ottobre 1986 dal Sunday Times fondato sulle rivelazioni
fatte nelle settimane precedenti da Mordechai Vanunu, un ex tecnico
della centrale di Dimona che aveva raccontato al giornale britannico le
produzioni nucleari militari di Israele che non ha mai ratificato il
Trattato di non proliferazione e che non è soggetto ai controlli
dell’Aiea.
Quando apparve l’articolo Vanunu era già in prigione in
Israele, dopo essere stato rapito a Roma dal Mossad e riportato in
patria per essere processato per tradimento e condannato a 18 anni di
carcere. Una vicenda di eccezionale importanza che però fece
poco scalpore, come spesso accade quando sul tavolo ci sono i segreti
militari di Israele. Un po’ tutti perciò chiusero un occhio. L’Italia
tutti e due, nonostante Vanunu fosse stato sequestrato a Roma. La
magistratura aprì le indagini ma il governo dell’epoca non fece nulla
per aiutarla. Troppo stretti erano (e sono) i rapporti tra i servizi
segreti di Italia e Israele. Calò il silenzio su attività
nucleari fuori da ogni controllo internazionale di cui per la prima
volta si apprendevano particolari inquietanti. Eppure il mondo in quei
mesi faceva i conti con le conseguenze della più grave catastrofe
nucleare della storia, avvenuta il 26 aprile di quello stesso anno a
Chernobyl. Tanti hanno dimenticato Mordechai Vanunu. Uscito 12
anni fa dal carcere, l’ex tecnico nucleare reclama il diritto di
lasciare Israele che gli negano le autorità «per motivi di sicurezza».
Nessun giornalista straniero può intervistarlo: verrebbe subito espulso
dal Paese.
Trent’anni dopo Chernobyl – con il mondo che ricorda l’immensità di quella tragedia – e la denuncia di Vanunu al Sunday Times, nuove
rivelazioni offrono un quadro aggiornato e preoccupante della centrale
di Dimona. Uno studio presentato questo mese a un convegno scientifico a
Tel Aviv, e riferito ieri dalla stampa israeliana, ha fatto emergere
una realtà allarmante. Un esame ecografico del nucleo di alluminio del
reattore di Dimona evidenzia ben 1.537 imperfezioni. I timori
per le condizioni del reattore «erano palpabili» durante i lavori del
convegno, hanno aggiunto i media. Ottenuto dalla Francia negli anni ’50
ed entrato in funzione per la prima volta alla fine del 1963, il
reattore di Dimona doveva restare operativo non più di 40 anni perchè il
nucleo, che ospita le barre di combustibile dove avviene la fissione
nucleare, assorbe una grande quantità di calore e radiazioni e si
danneggia nel corso degli anni. E i reattori di quella generazione hanno
il nucleo insostituibile. Un problema serissimo, già messo in luce
quasi 10 anni fa dal prof. Eli Abramov, della commissione indipendente
di monitoraggio del reattore di Dimona, in un colloquio con alti
rappresentanti Usa (rivelato da un telegramma dell’ambasciata americana a
Tel Aviv).
Il quotidiano Haaretz scriveva ieri che i sistemi di
monitoraggio del reattore e del nucleo consentono di tenere sotto
controllo le “imperfezioni” in ogni momento e di scongiurare pericoli. E
in questi anni sarebbe stata accresciuta anche la protezione della
centrale da possibili attacchi missilistici e da terremoti. Tuttavia lo
studio reso pubblico alla conferenza di Tel Aviv indica che ai vertici
della politica e della sicurezza di Israele non sono pochi i timori
rispetto al funzionamento del reattore di Dimona che, peraltro,
non produce elettricità ma, come si evince dalle rivelazioni fatte 30
anni fa da Mordechai Vanunu, solo il plutonio per le testate nucleari
(esperti internazionali sostengono che Israele ne possiede tra 100 e
200). In questi anni ci sono state denunce palestinesi per bambini nati
con malformazioni gravi causate, dicono, dalla presenza di scorie
nucleari seppellite a poche decine di km dalla Cisgiordania. E quelle di
una parte del personale della centrale che hanno denunciato di essere
stati esposti a loro insaputa a radiazioni durante un esperimento
segreto.
Dimona fu costruita dalla Francia tra il 1957 e il 1964. Israele
dichiarò che si trattava di un impianto tessile. Gli americani
costrinsero Tel Aviv a dire la verità e ad accettare ispezioni ma poi
finirono per accogliere la tesi israeliana di un impianto con scopi solo
civili. Invece Israele è riuscito a produrre da solo il
plutonio per le bombe nell’Istituto 2, il bunker di 6 piani sotterranei.
Vanunu ha raccontato tutto ciò, in ogni particolare, ha scattato anche
delle foto. Eppure su questa produzione segreta tace la “comunità
internazionale”. E non sono destinate a suscitare particolare interesse
le notizie inquietanti sullo stato del reattore della centrale
israeliana pubblicate dalla stessa stampa locale nell’anniversario della
catastrofe di Chernobyl.
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