Un’altra vittima dell’eurointegrazione ucraina si è aggiunta al doloroso elenco di morti ammazzati perché, ognuno a modo suo e non solo in Ucraina, contrastavano la “rivoluzione democratica”. Dopo tre settimane di coma, è morto ieri a Mosca il chitarrista del gruppo rock “Ljubé”, Pavel Usanov, ricoverato all’inizio del mese con numerose lesioni alla testa, riportate per esser stato aggredito alle spalle in un bar della capitale russa, mentre stava discutendo del Donbass con gli amici: lo avevano colpito alle spalle, provocandogli la frattura della base cranica e un ematoma intracerebrale.
La portavoce del Ministero degli esteri russo, Marija Zakharova e lo scrittore Zakhar Prilepin, hanno dichiarato che la ragione dell’aggressione a Usanov va ricercata nelle sue posizioni a favore del Donbass, dove Usanov si recava spesso, incontrandosi con le milizie, aiutando la popolazione, i bambini. Lo scorso anno, Usanov aveva dato vita a un progetto educativo, la cui prima tappa era un concorso musicale per bambini nel Donbass. “Date loro diritti umani, valori europei, rispetto” ha scritto Zakharova; “non ci sarà nulla di tutto questo finché non smettono di sparare alle persone, bruciare le case dei sindacati, ucciderle nei bar. Prima la massiccia riabilitazione del nazionalismo, poi tutto il resto”.
L’omicidio di Usanov si aggiunge a quelli del deputato Oleg Kalašnikov e del pubblicista Oles Buzinà, assassinati a Kiev, a distanza di un giorno l’uno dall’altro, il 15 e il 16 aprile di un anno fa; si aggiunge a quello di Valentina Samsonenko, tre volte deputata dell’ex Partito socialista ucraino, “suicidata” con diversi colpi di fucile alla testa nell’agosto 2014; alla mattanza di sindaci scomodi per gli oligarchi; ai militanti comunisti torturati e assassinati nelle prigioni ucraine.
E a proposito dei prigionieri politici in Ucraina, l’agenzia Novorosinform scrive di oltre 1.500 di essi, sottoposti a torture, condizioni inumane e degradanti; parla di arresti indiscriminati e processi illegali in massa. Altri attivisti per i diritti umani parlano di cifre anche più elevate e di luoghi segreti di detenzione. Novorosinform, riporta anche alcune testimonianze sullo sciopero della fame dichiarato da alcuni prigionieri politici a Kiev e sulle pessime condizioni di salute di altri, con problemi alla spina dorsale, ai reni e al fegato, dovuti alle condizioni di detenzione, praticamente senza nessuna assistenza medica. Sarebbero già cinque i prigionieri morti nelle carceri ucraine a causa dello sciopero della fame. D’altro canto, secondo Novorosinform (che, ovviamente, parla dal proprio punto di vista ultranazionalista e accusa DNR e LNR di tradimento, e rinfaccia a Mosca di non intervenire militarmente nel Donbass), le Repubbliche popolari avrebbero “unilateralmente” rimesso in libertà moltissimi prigionieri di guerra ucraini, così che ora Kiev non è disposta a scambiare i pochi militari ucraini ancora detenuti in Donbass, con le centinaia di carcerati “filorussi”.
Il sito Ukraina.ru, per altri versi vicino alle posizioni di Novorosinform, scrive di alcune centinaia di detenuti politici in varie prigioni dell’Ucraina: a Kiev, Odessa, Nikolaev, Mariupol, Kharkov e in alcune città del Donbass controllate dall’Ucraina; tutti accusati di separatismo, tradimento, reclutamento di miliziani, aiuto a DNR e LNR. Secondo la responsabile per i diritti umani della DNR, Darja Morozova, in Ucraina il numero esatto di detenuti politici sarebbe di 1.354, o quantomeno, “questo è il numero delle certificazioni ufficiali ucraine; 459 persone risultano scomparse. Ma anche queste potrebbero essere detenute”, ha detto.
Lilija Rodionova, della Commissione per i prigionieri di guerra della DNR, mentre sostiene che la maggior parte dei detenuti in Ucraina non sono prigionieri militari, bensì persone accusate di simpatizzare con le milizie, lamenta anche lo scarso interessamento della Croce Rossa, che si limita a registrarne il numero e non porta loro alcuna assistenza. Purtroppo, scrive Ukraina.ru, la maggior parte dei detenuti attende solo lo scambio coi prigionieri ucraini detenuti nel Donbass e, quando questo viene sabotato da Kiev, accusano la stessa Morozova di disinteressarsi della loro sorte. Secondo Rodionova, alla morgue di Dnepropetrovsk, ci sarebbero da 80 a 200 morti del Donbass, ma nemmeno con l’intervento dell’ONU i parenti hanno il permesso di riprendersi le salme.
Anche secondo Ruspravda.info, il numero di detenuti politici in Ucraina cresce di giorno in giorno. Rimangono in prigione – coloro che riuscirono a sfuggire al massacro – gli arrestati del 2 maggio 2014 mentre difendevano la Casa dei sindacati data alle fiamme dai nazisti. In generale, tra gli arrestati ci sono non solo simpatizzanti di DNR e LNR, anche se, poi, l’accusa viene formulata quasi sempre per “finanziamento del separatismo e istigazione all’odio tra le nazionalità”(!), come è il caso dell’ex vice capogruppo del Partito delle Regioni alla Rada, Aleksandr Efremov, o del giornalista Ruslan Kotsaba, accusato di tradimento della patria, per aver promosso a Ivano-Frank l’azione “Rifiuto la mobilitazione”. Al blogger e ufficiale a riposo Sergej Pevrukhin è stata la mossa l’accusa, ripetuta sempre più spesso, di “partecipazione a organizzazioni terroristiche”; così i giornalisti Elena Blokh o Andrej Zakharčuk. Alla direzione dell’Istituto “Repubblica”, scrive Ruspravda.ru, sostengono che non ci sarebbe un numero ufficiale di detenuti politici, anche perché le accuse vengono mischiate con pretesti quali “porto d’armi abusivo” o “rissa”; ma comunque si parla di diverse centinaia di rinchiusi, soprattutto nelle regioni di Kharkov, Odessa, Dnepropetrovsk e Ivano-Frank. L’attivista per i diritti umani di Kharkov, Dmitrij Gubin, parla di oltre 600 detenuti politici nella sola Kharkov. Sempre più, si fa ricorso agli articoli del codice penale 109 (cambiamento violento dell’ordine statale), 110 (attentato all’integrità territoriale), 111 (tradimento), 161 (istigazione all’odio nazionale), 436 (propaganda della guerra!!!) e altri, che comportano pene da 5 a 15 anni. Al di là degli arresti, ai giornalisti che diffondono “propaganda antiucraina” vengono generosamente somministrate bastonature in strada o inflitte condanne amministrative. Anton Geraščenko, consigliere del Ministro degli interni, ha detto in TV che i partecipanti ai meeting – ma non ai raduni delle bande neonaziste – verranno fermati e si prenderanno loro le impronte e ha apertamente parlato della necessità di ricorrere alla tortura. Alla Rada, è stato depositato un disegno di legge per la confisca dei cellulari ai soldati inviati nel Donbass, per impedirgli di fornire informazioni dal fronte in contraddizione con le notizie diffuse dal Ministero dell’informazione. Inutile poi parlare degli agguati portati dalle bande neonaziste contro chiunque sia sospettato di simpatie “antiucraine” o “rifiuto della mobilitazione”.
Nel frattempo, quale sacrosanto riconoscimento alla democrazia eurogolpista di Kiev, la Commissione Europea ha proposto al Parlamento Europeo e al Consiglio della UE di abolire il visto di ingresso nei paesi dell’Unione Europea per i cittadini ucraini… “vaneggianti delirio e oblio di mente e malvagità e lacrime di rabbia e sete di strage”, direbbe Ovidio.
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