Chiara Cruciati - il Manifesto
Quando Eric Lang,
cittadino francese, morì dentro una stazione di polizia egiziana, l’ex
generale Abdel Fattah al-Sisi aveva strappato il potere al presidente
legittimo Morsi da poco più di due mesi. Anche lui, come Giulio, perse
la vita per pestaggi e torture ma il presidente francese non ci perse il
sonno. Tre anni dopo Francois Hollande è volato al Cairo per
firmare 30 accordi commerciali e uno di vendita di equipaggiamenti
militari da un miliardo di euro, in barba al parlamento europeo e alla risoluzione che chiede la sospensione dell’esportazione di armi al regime egiziano.
Mentre Hollande raggiungeva il Libano, l’altro ieri, prima tappa del
suo viaggio mediorientale, 25 egiziani venivano condotti in procura al
Cairo per aver partecipato alla protesta anti-governativa di venerdì.
L’accusa – riporta l’agenzia egiziana Aswat Masriya – è «incitamento
alla rivolta». Due giorni fa il bilancio degli arrestati è stato
definito: 100 manifestanti, tra loro 30 giornalisti.
Improbabile che Hollande ieri, quando ha incontrato al-Sisi, abbia parlato di loro. E’
stata piuttosto la vicina crisi libica ad occupare il loro incontro per
poi lasciare spazio alla firma degli accordi commerciali e di 10
memorandum di intesa in diversi settori economici. I 60
rappresentanti di altrettante compagnie francesi gli sono stati accanto,
a fregarsi le mani. Forse avranno parlato di diritti umani: nei giorni
scorsi la delegazione francese che ha anticipato il presidente ha
incontrato sei organizzazioni egiziane: le associazioni hanno chiesto di
perorare la causa della società civile, schiacciata da uno Stato di
polizia.
Di certo non sono mancate le pressioni esterne su Hollande, prima
schiaffeggiato dal New York Times per il «silenzio vergognoso» sul caso
Regeni e ora alle prese con una storia di tre anni fa. Sulla spinta dell’esempio della famiglia Regeni, del suo coraggio e della sua determinazione,
sono tornati a parlare i famigliari di Eric Lang. Insegnante, 49 anni,
da 20 anni residente in Egitto, è morto il 13 settembre 2013 in una
stazione di polizia per le botte ricevute in 7 giorni di detenzione. All’epoca le autorità egiziane addossarono la colpa ai compagni di cella ma nessuna indagine è mai stata condotta.
L’altro ieri la sorella di Lang, Karine, in un’intervista a
Repubblica, ha aggiunto il suo sdegno per l’apatia di Parigi: «Almeno
l’Italia sta cercando di fare luce, noi siamo stati abbandonati dal
governo e dal Ministero degli Esteri». Karine spiega di aver sporto
denuncia per omicidio colposo e sequestro di persona, racconta del
tentativo del pubblico ministero di andare al Cairo, ma con il suo
trasferimento l’inchiesta si è fermata. Nessuna rogatoria
internazionale: «Pensavamo che la morte di un cittadino francese avrebbe
attivato le normali procedure giudiziarie. Invece niente».
Secondo l’agenzia indipendente egiziana Mada Masr, la morte di Lang sarà
uno dei punti all’ordine del giorno dell’incontro al-Sisi-Hollande.
Riporta poi la voce di un diplomatico francese anonimo:
Parigi preferisce far sentire la propria voce sulla scottante questione
dei diritti umani in un contesto di «buone relazioni tra i due paesi e
non di conflitto». Non pressioni internazionali e isolamento di
un regime dittatoriale, dunque, ma vendita di armi e accordi
commerciali per portarlo “sulla buona strada”: la solita ipocrita via
occidentale.
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