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15/07/2016

La guerra senza limiti fa tappa a Nizza

Da un profilo Facebook: "Milano. Tram. Signora araba con velo attraversa sulle strisce. Un signore dice che bisognerebbe tirarli tutti sotto come hanno fatto LORO ieri sera. La gente intorno gli dà ragione. Paese reale. Quel LORO fa paura tanto quanto ISIS"

Il concetto di guerra senza limiti, unrestricted warfare, nasce negli anni '90 e sembra applicarsi benissimo ai nostri giorni. Figuriamoci a Nizza, ultimo teatro della modalità attentati (dopo Dacca, Istanbul, Orlando etc...) di questa guerra feroce quanto dai contorni indefiniti.

Prima regola della guerra senza limiti: quello che accade sul campo (la guerra dei soldati) è solo una parte, a volte sempre meno decisiva, di un conflitto che viene giocato su molti piani e con molte armi. Innovative, dall'information warfare alla guerra finanziaria di tipo moderno (con l'hig-frequency trading o con tecniche di tracciabilità delle transazioni che sono entrate nelle regolari esercitazioni del Pentagono). Oppure tradizionali con attentati che seguono due regole principali: primato della logica del terrore, primato della logica dello spettacolo. Nella guerra senza limiti le tradizionali regole della geopolitica vengono rimesse in discussione. Per cui i soggetti privati (nella guerra finanziaria e nell'information warfare) svolgono un ruolo autonomo rispetto agli stati, influenzando, o confondendo, le alleanze tradizionali e politicamente consolidate. Basta vedere come la guerra finanziaria, mossa con grande sacrificio dai sauditi verso gli Usa, aperta dal ribasso del prezzo del petrolio secondo le consolidate regole della geopolitica non sarebbe nemmeno dovuta avvenire. Allo stesso tempo i soggetti pubblici si ibridano con tattiche di guerriglia non convenzionale, ad esempio addestrando hacker e non solo gruppi armati, e quelli informali attaccano ripetutamente gli stati con inedita, autonoma disinvoltura. La stessa di Nizza, per capirsi. Dove, come al solito, si usano potenziali serial killer (tipici soggetti dell'omicidio-suicidio) sovrapponendo la bomba umana ad altre bombe, facendo esplodere tutto assieme. Se nella guerra senza limiti si ridefiniscono le tipologie dei comportamenti istituzionali (lo stato bombarda secondo una logica di guerra ma attento a cosa accade sul mercato azionario di chi possiede infrastrutture petrolifere ad esempio) questo vale a maggior ragione per i soggetti informali. Che fondano stati immaginari che provano a diventare reali (l'Isis), si legano a reti mobili quanto revocabili di alleanze, agiscono nel mercato finanziario, nei media, nell'immaginario.

Quanto avvenuto a Nizza va letto in questo contesto: quello di una guerra asimmetrica (un soggetto informale colpisce con un attentato uno stato sovrano che sta conducendo una guerra sul campo) e senza limiti (dove luogo, tempo, modalità, regole, alleanze del conflitto non hanno regole o non sono revocabili). Una guerra incomprensibile? Tutt'altro: si combatte in Siria, Iraq, Libia, nelle strade dell'Europa. Cerca di ridefinire, in quelle aree e nel complesso in un vasto triangolo che ha come vertici la Libia come lo Yemen e il nord della Siria, confini, traffici, reti di potere politiche, quotazioni di borsa, controllo del cyberspazio che ha effetto su quelle zone. Solo che non è la classica guerra tra stati (come quella dei sei giorni del '67) o la crisi di Suez del '55 (con tentativo fallito dell'ex potenza coloniale inglese nel controllare lo storico canale egiziano). E' una guerra, con poste in gioco di quella dimensione, che si combatte con un ruolo più sfumato degli stati nazionali sul campo, dove è più facile che si combatta per procura, con un ruolo nettamente maggiore della finanza, delle corporation private, dei fondi sovrani, dell'Information Warfare, degli attentati di massa, dei media.

Già, il cortocircuto tra media e attentati di massa: quanto avvenuto a Nizza va letto in questo contesto. A vedere le scene in tv, quelle che fanno la potenza della pressione politica, Nizza sembrava il set di un B-movie dedicato agli attentati di un sadico, o a quelli di un camion che prende vita autonoma, girato da qualche regista americano in trasferta in Francia. Una versione di Christine la macchina infernale di Carpenter mescolata con un po' di inquadrature da sud della Francia magari prese dalla serie Transporter di Jean-Luc Besson con Jason Statham. Sia chiara una cosa: la citazione cinematografica in questi attentati, la riduzione televisiva di una strage reale, non è una concessione alla forma. E' elemento, per la presa che ha nell'immaginario delle popolazioni coinvolte e nello stesso cervello mediale globale, che parte della potenza di pressione politica sprigionata da un'attentato. Perché la dimensione mediale, in un attentato della guerra asimmetrica, non è riducibile alla propaganda. E' un cinema che si fa realtà come notevole forma di terrore verso le popolazioni, forma di pressione verso i governi, rumor speculativo che entra in borsa.

Perché questa guerra è definibile senza limiti? Sarebbe più facile dire che lo si capisce nello stupore dei francesi. I quali, mentalmente e con i ministri chiave della sicurezza già in ferie dopo l'europeo, si aspettavano il classico periodo di sospensione dalla vita lavorativa, e quindi anche dai conflitti, dopo un anno nel quale era accaduto di tutto. Invece chi ha colpito, guardando a quanto accade in Medio Oriente e in Europa, ha fatto capire di essere imprevedibile nei tempi e nei modi dell'attentato ma anche di essere, come sempre efficace nella potenza mediale e di fuoco. Terrorizzando sul fatto che non ci sono limiti all'erogazione degli attentati nella dinamica del conflitto: non ci sono ferie, sospensioni della vita sociale, ritualità sociali al riparo. In questo basterebbe vedere la lunga serie di attentati subiti dagli sciiti durante le loro feste religiose, a partire dalla guerra civile in Iraq sotto occupazione americana, per capire che il desiderio, di chi colpisce, è quello di innestare una dimensione "senza tregua" degli attentati. Ma questa guerra è tanto più senza limiti non solo perchè la si fa con ogni mezzo, compresi quelli che non si credono bellici (come la finanza), né solo perchè tende a non rilassarsi con i periodi di sospensione della vita sociale (in questo la guerra asimmetrica coincide con i conflitti più tradizionali). Ma questa guerra è senza limiti nel momento in cui, nel bel mezzo dell'attentato di Nizza, si è naturalizzato il fatto che la guerra in Afghanistan compie 15 anni e va, secondo le intenzioni degli alleati, verso i 20, che la crisi irachena, se presa nel suo complesso, produce frutti velenosi, di ogni genere, dal 1990. Quando queste lunghe guerre non sono messe in discussione, dopo un attentato come Nizza, si naturalizza la guerra come la cattiva stagione. Prima di tutto per questo la guerra è senza limiti: la perdita collettiva delle proporzioni storiche di questi conflitti, che sembrano apparire dal nulla tanto mentre più si perpetuano come permanenti, non impedisce infatti che questi non abbiano effetto. Proprio come guerra senza limiti.

Nizza, in questo senso, è solo una tappa. Di quelle che toccano direttamente la Francia e tutti i paesi che avevano cittadini partecipanti ai festeggiamenti del 14 luglio. Nelle regole dello stato di guerra senza limiti, una volta metabolizzato il lutto e prodotta una reazione da parte di chi ha subito l'attentato (efficace o inefficace non importa), c'è solo da attendere la prossima tappa. Di nuovo Francia o Belgio, o magari Italia, Germania, Filippine, Yemen, chissà. Da quello che ci risulta questo tipo di attentato, come poi realizzatosi a Nizza, non era inatteso. Ma le modalità e i tempi hanno spiazzato tutti. Perché la guerra permanente sembra colpire con le regole della roulette russa per poi far capire, sempre dopo, il perché si è colpito lì e in quel modo.

Redazione, 15 luglio 2016

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